Visualizzazioni totali

sabato 22 agosto 2020

LA FORZA DEL PECCATO E' LA LEGGE 2/2 Legge, peccato, confessione, comunione

Io, sventurato!
(... segue dal post LEGGE, PECCATO, CONFESSIONE, COMUNIONE del 21 ago 2020)
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi scrive che è la legge di Dio che dà forza al peccato. Sembra assurdo. Ma invece no! Ed è essenziale comprenderlo. Per questo bisogna conoscere il contesto. San Paolo ricorda ai Corinzi  – usa un’espressione molto più forte, “vi rendo noto”, che accentua il valore di quello che sta per dire – la buona notizia che cambia la vita di quanti se ne fidano, l’unica notizia che salva: i nostri peccati erano la causa della nostra morte, e rendevano questa vita una pre-morte, ma Cristo è morto per cancellarli, e risorgendo, lui uomo come noi, dona ad ogni uomo il potere di risorgere, di trionfare dalla morte. La sua vittoria sulla morte è la nostra vittoria! Ed ecco quindi la conclusione di Paolo che inizia sotto forma di canto:
La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”. (1 Cor 15, 54-58).
Veniamo allora al punto: perché la legge di Dio è la forza del peccato?
Dopo il peccato di Adamo ed Eva tutta l’umanità è stata avvolta dalle tenebre, non comprendendo più ciò che era giusto o meno. Sopratutto, sapendo di avere solo questa vita fragile e mortale, ognuno si difende come può, dalla morte fisica, ma anche dalle ingiustizie, dalle sopraffazioni, dalle umiliazioni, dalla povertà e dalla miseria. E questo si manifesta spesso nel voler accumulare potere, ricchezza, ecc.,  anche perché nel cuore dell’uomo fatto ad immagine di Dio c'è il desiderio di infinito. Certo, ci sono dei valori, e il valore più grande è quello della vita. Il segno che Dio non si è stancato dell’umanità è che nascono i bambini, ha detto il grande poeta indiano Tagore. Un bambino che nasce è una promessa di vita in tutti i sensi, anche perché percepisco profondamente che io non morirò del tutto se qualcosa di me (figli, nipoti…) continuerà a vivere. Ma fondamentalmente è l’egoismo e la violenza, la malvagità che regolano i rapporti (Genesi 6,5). Ma l’uomo non lo comprende, è come gli animali che periscono (Salmo 48,13). Pecca, ma non ne ha colpa, o ne ha una colpa minima. È diventato cieco. Quello che è solo morte adesso gli sembra vita. Sta nella morte. Fino alla legge, la morte regna sovrana sull’umanità, ma l’uomo non è tanto colpevole perché non sa. È la situazione di molti ancora oggi.
Con l’Alleanza con Dio e la sua Promessa il cuore dell’uomo cambia già. Abramo ne è il simbolo e il segno. La sua generosità e mansuetudine sono una caratteristica che trasmetterà alla sua discendenza. È pieno della Promessa che gli è stata fatta e nella quale ha creduto, prima ancora che essa si realizzi. Su questa Alleanza germoglia una riflessione sapienziale che è solo in parte sforzo dell’uomo ma è sopratutto dono, rivelazione.
Quando arriva la legge, l’uomo comincia quindi a comprendere meglio ciò che è giusto e ciò che non lo è. Questo sicuramente produce frutti positivi enormi: non ci sono più sacrifici umani, la misericordia progredisce nei rapporti umani e familiari, il potere difende molto di più i deboli e i poveri. Ma la legge produce anche un’angoscia profonda: l’uomo scopre di non riuscire ad essere giusto fino in fondo, non riesce a compiere la legge che porta una promessa di vita. Pur migliorando, l’uomo rimane nella morte! Il peccato diventa un elemento sempre più chiaramente consapevole nella sua vita. Ma c'è ancora altro. Molti hanno condiviso questa esperienza con me: dopo una confessione sincera, c'è un grande sollievo, ma c'è anche come uno smarrimento, un trovarsi in terreno sconosciuto e provare una grande fragilità, il sentirsi tentato di nuovo dal peccato, anche minimo. Infatti dopo la confessione, il primo peccato veniale provoca grande dolore ma è anche come un ritorno alla normalità. Questa angoscia è ciò che esprime forte san Paolo nella lettera ai romani chiamando se stesso "sventurato", "venduto al peccato".
Qual è lo scopo di Dio? far soffrire chi si impegna nel bene? No, ma spingerci a fidarci unicamente dell’amore di Dio, della sua misericordia, non contando sulle nostre forze. In Cristo abbiamo la vittoria e possiamo vivere sicuri della vita eterna. E chi si abbandona a Dio, sperimenta che Egli cammina con te, non ti lascia solo, interviene in tante situazioni concrete.


Nessun commento:

Posta un commento