Io, sventurato! |
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi scrive che è la legge di
Dio che dà forza al peccato. Sembra assurdo. Ma invece no! Ed è essenziale
comprenderlo. Per questo bisogna conoscere il contesto. San Paolo ricorda ai
Corinzi – usa un’espressione molto più forte,
“vi rendo noto”, che accentua il valore di quello che sta per dire – la buona notizia
che cambia la vita di quanti se ne fidano, l’unica notizia che salva: i nostri peccati
erano la causa della nostra morte, e rendevano questa vita una pre-morte, ma Cristo
è morto per cancellarli, e risorgendo, lui uomo come noi, dona ad ogni uomo il
potere di risorgere, di trionfare dalla morte. La sua vittoria sulla morte è la
nostra vittoria! Ed ecco quindi la conclusione di Paolo che inizia sotto forma
di canto:
“La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la
tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della
morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio
che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò,
fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre
nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”.
(1 Cor 15, 54-58).
Veniamo allora al punto: perché la legge di Dio è la forza del peccato?
Con l’Alleanza con Dio e la sua Promessa il cuore dell’uomo cambia
già. Abramo ne è il simbolo e il segno. La sua generosità e mansuetudine sono
una caratteristica che trasmetterà alla sua discendenza. È pieno della Promessa
che gli è stata fatta e nella quale ha creduto, prima ancora che essa si
realizzi. Su questa Alleanza germoglia una riflessione sapienziale che è solo
in parte sforzo dell’uomo ma è sopratutto dono, rivelazione.
Quando arriva la legge, l’uomo comincia quindi a comprendere
meglio ciò che è giusto e ciò che non lo è. Questo sicuramente produce frutti
positivi enormi: non ci sono più sacrifici umani, la misericordia progredisce
nei rapporti umani e familiari, il potere difende molto di più i deboli e i
poveri. Ma la legge produce anche un’angoscia profonda: l’uomo scopre di non riuscire
ad essere giusto fino in fondo, non riesce a compiere la legge che porta una promessa
di vita. Pur migliorando, l’uomo rimane nella morte! Il peccato diventa un
elemento sempre più chiaramente consapevole nella sua vita. Ma c'è ancora altro.
Molti hanno condiviso questa esperienza con me: dopo una confessione sincera, c'è
un grande sollievo, ma c'è anche come uno smarrimento, un trovarsi in terreno
sconosciuto e provare una grande fragilità, il sentirsi tentato di nuovo dal
peccato, anche minimo. Infatti dopo la confessione, il primo peccato veniale
provoca grande dolore ma è anche come un ritorno alla normalità. Questa angoscia
è ciò che esprime forte san Paolo nella lettera ai romani chiamando se stesso "sventurato", "venduto al peccato".
Qual è lo scopo di Dio? far soffrire chi si impegna nel bene? No,
ma spingerci a fidarci unicamente dell’amore di Dio, della sua misericordia, non
contando sulle nostre forze. In Cristo abbiamo la vittoria e possiamo vivere sicuri
della vita eterna. E chi si abbandona a Dio, sperimenta che Egli cammina con te,
non ti lascia solo, interviene in tante situazioni concrete.
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