“Date loro voi stessi da mangiare!” Il comando di Gesù è netto e forse ci spaventa un po’ (non poco). Come fare?
Ma vediamo cosa succede davvero.
Gesù sa della morte di Giovanni Battista e si ritira in un luogo solitario. Deve incassare quel colpo. Siamo sicuri che in lui c'è la componente affettiva. Per Gesù come per tutti noi, una persona vivente, anche se lontana, anche se ci preoccupiamo perché sta in carcere come il Battista, è una persona presente, del nostro mondo. Quando muore, si crea un vuoto, un distacco. Gesù umanamente è più solo. La morte di Giovanni Battista, suo cugino e suo precursore, gli toglie una presenza rassicurante e forte. Forse abbasso troppo Gesù nei suoi sentimenti, ma sappiamo che è uomo in tutto uguale a noi e quindi, anche se certamente più elevati, più purificati, i suoi sentimenti umani sono simili ai nostri. In Gesù però non c'è solo il lutto. Ciò che dovrebbe essere anche nostro e spesso non lo è, è che Gesù cerca nell’intimità col Padre consolazione, forza e discernimento. Si chiede cosa significa la morte del Battista nella sua vita e missione.
Ma la vita, la Provvidenza del Padre, decide diversamente: c'è la folla e Gesù non si chiude in sé stesso, nel suo dolore, non si getta nemmeno nell’attività per non pensare. Veniva a cercare un luogo di silenzio e di solitudine ma vede la gente, il cammino che hanno fatto per ottenere da lui luce e guarigione e Gesù si apre a loro, dimentica se stesso per servire persone concrete. Loro sì, forse sono chiusi nel loro dolore, nelle loro preoccupazioni, nelle loro pretese, lui no. E la giornata se ne va in un senso del tutto imprevisto. Perché non è solo un momento. È tutto il programma che è completamente sconvolto.
La sera gli apostoli che guardano anche loro la situazione dal loro punto di vista consigliano a Gesù: “congeda la folla…”. Ecco, i discepoli sono impegnati, servono Dio e il prossimo, ma cosa sarebbe successo se non ci fosse stato Gesù? Con amore, con simpatia, avrebbero detto: “scusate, ci dispiace, ma dobbiamo chiedervi di lasciare perché qui non c'è nulla. Datevi da fare…”. E tutto finiva lì. Invece Gesù lancia una sfida molto più impegnativa: “voi stessi, date loro da mangiare. Portatemi tutto quello che avete”. Non è poco quello che fanno gli apostoli: danno veramente tutto, tempo, disponibilità, averi. Ma senza Gesù non succedeva nulla.
Dal pensiero, dall’audacia della sua fede nel Padre, dalla sua preghiera, dal suo accompagnare gli apostoli in ogni gesto, tutto cambia per la presenza e l’azione di Gesù, anche se i discepoli non sono semplici spettatori, o richiedenti la grazia come la folla. Anzi, tutto il miracolo, oltre che attraverso le loro mani, passa prima di tutto attraverso la loro fiducia in Gesù. Se non si fossero fidati non succedeva niente. È questo intreccio tra Dio e l’uomo, questa docilità alla Parola del Signore che porta all’azione, che fa che la Chiesa non è una semplice Ong, un semplice gruppo di filantropi come rischia tante volte di essere. Appena eletto, Papa Francesco ammonì nella sua prima messa con i Cardinali: una Chiesa senza la Croce è una semplice Ong. La Croce! Cristo crocifisso e risorto, presente, accolto, ascoltato e predicato. La Croce è l’Amore vero nel mondo. Senza la Croce creduta e accolta, la Chiesa non ha virtù divina. Non solo la croce degli uomini che esiste ed esiste fin troppo. Infatti la crocifissione stessa non l’ha inventata la Chiesa, era un supplizio ben presente nell’Impero romano – una brillante idea passata dai babilonesi a tutto l’Oriente semitico ai greci fino ai cartaginesi, “il supplizio più crudele e il più tetro” come lo definì Cicerone. Ma quello che differenzia i cristiani e la Chiesa è la Croce di Gesù. Gesù entrò liberamente nella sua passione.
È dalla contemplazione della Croce di Gesù che misuriamo e nutriamo il nostro amore. “Stat crux, dum volvitur orbis!”, la croce rimane mentre il mondo gira! L’Eucaristia è un passaggio con Gesù attraverso la morte e la risurrezione, un rinnovare le promesse del nostro battesimo. Ci nutre dell’Amore che ama fino alla morte di croce, perché anche noi possiamo dare da mangiare agli affamati fisici e spirituali.
Vangelo
Mt 14, 13-21
Tutti
mangiarono e furono saziati.
Dal
vangelo secondo Matteo
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù
partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso
dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e
guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il
luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei
villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che
vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non
abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli
qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque
pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione,
spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici
ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini,
senza contare le donne e i bambini.
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