107. Il posto capitale della verità spiega il profondo rifiuto dell’idolatria nelle Scritture. Il Santo di Israele è un Dio che parla, contrariamente agli idoli. «Hanno bocca e non parlano», dicono i salmi (115,5 e 135,16), ripresi in 1Cor 12,2: «Quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti». Inoltre, la verità, la potenza, la giustizia, la santità di Dio sono sempre state concepite, biblicamente, in rapporto con la pretesa di portare la salvezza vera e universale, mentre le pratiche idolatriche non pretendono altro che offrire un dono parziale e locale. D’altra parte, poiché è questa Persona che viene da Dio e che è Dio essa stessa e Signore (cf. Gv 13,14), la verità della salvezza deve essere ricevuta, mentre l’idolatria costruisce il divino a partire dall’umano.
Il fatto che Dio non possa essere fabbricato come la statua di un idolo (si veda l’ironia di Sap 13,11-19) rinvia alla nozione di autorivelazione divina, opposta in maniera frontale all’idea di autorealizzazione così frequente nelle offerte religiose, anche antiche, come testimonia lo gnosticismo designato da Ireneo come una vera e propria eresia e come la «gnosi dal nome menzognero». La gnosi “mente”, in quanto contraddice la nozione stessa di verità salvifica, dal momento che essa non è verità accolta da Dio e ricevuta liberamente nell’amore. Al contrario, mediante la sua incarnazione, il Verbo di Dio sollecita l’atto di fede ecclesiale e personale come un ricevere, mediante l’intelligenza e tutto l’essere, i misteri che salvano nello Spirito Santo: «Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei» (Gv 4,22). Infine, Gesù è il Verbo di Dio inviato nel mondo per una missione di parola, per una parola di verità integrale, che sollecita la risposta di fede dell’essere umano. Per questo si tratta di una verità realmente salvifica, escatologicamente efficace: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). La scelta di Nicea di esprimere in parole una verità integrale di salvezza per tutti, da ricevere nella fede, è fedeltà non soltanto alla verità cristologica (fides quae) ma anche alla relazione personale alla verità che è lo stesso Cristo (fides qua).

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