Visualizzazioni totali

lunedì 24 novembre 2025

L'UOMO HA BISOGNO DELLA VERITÀ CHE SALVA / 63.NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 105 - 106.


1. La teologia a servizio dell’integralità della verità salvifica

1.1. Il Cristo, la verità escatologicamente efficace 

105. Nella misura in cui Nicea propone una verità nelle questioni riguardanti la salvezza e la distingue dall’errore, la sua prima sfida dal punto di vista della teologia fondamentale è quella del posto che deve avere la verità nella soteriologia. Questa convinzione proviene anzitutto dalla stessa forma della Rivelazione, che, lasciandosi trascrivere in parole messe per iscritto, manifesta che la dimensione della verità le è costitutiva. La fede cristiana suppone che la verità di Cristo sia resa accessibile ai suoi discepoli. In effetti, il Salvatore è lui stesso la verità: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Nel cristianesimo, la verità è una persona. La verità non è più un semplice affare di logica o di ragionamenti, non è possibile possederla, non è separabile dagli altri attributi identificati con la persona di Cristo, come il bene, la giustizia o l’amore. Resta vero che l’adesione a Cristo interpella sempre l’intelligenza dei discepoli: «Credo ut intelligam».[160]In effetti, non è immaginabile né coerente pensare che il Dio creatore dell’uomo intelligente e libero – una delle dimensioni della creazione a immagine e somiglianza dello stesso Creatore (Gn 1,26-27) –, possa in quanto Dio salvatore disinteressarsi dell’accesso conoscitivo alla sua verità e alla verità che salva. Per di più, questa verità salvifica possiede una dimensione comunitaria. Nicea è un atto comunitario di espressione della verità, con lo scopo di comunicarla a tutta la Chiesa. Di fatto, non è neppure immaginabile né coerente pensare che il Creatore della famiglia umana, e in particolare della sua capacità di comunicazione intelligibile attraverso il linguaggio (cf. Gn 11,1-9 – la torre di Babele, e At 2,1-11 – la Pentecoste), possa disinteressarsi dell’accesso comunitario alla sua verità e alla verità salvifica. Per questo la disgregazione dell’unità della fede compromette la forza e l’efficacia della salvezza in Gesù Cristo.

106. Questo posto costitutivo della verità nella salvezza ricade sulla natura stessa della Chiesa “portatrice della verità” (alēthefora). Essa porta un Altro da sé, il Cristo-Verità, e non sarebbe se stessa senza di Lui. La Chiesa è per necessità d’origine un luogo di ricerca, di scoperta, di protezione e di dispiegamento della verità compiuta nel Verbo a beneficio personale ed ecclesiale dei suoi discepoli e di tutti gli esseri umani. Essa è anche un luogo di comunione con la forza vivificante di questa verità, che in essa circola, irrigando ugualmente la ricerca della verità propria del mondo, il suo pensiero e la sua cultura.[161]La tradizione (trasmissione) vivificante della stessa verità salvifica è dunque uno dei significati più potenti che possa rivestire il concetto dogmatico della Tradizione ecclesiale.[162]


[160] Cf. Agostino: “Crede ut intelligas”, Sermo 43, 7 e 9, trad. it. di P. Bellini – F. Cruciani – V. Tarulli, Sant’Agostino, Discorsi, Città Nuova, Roma 2015, pp. 757-761; Anselmo di Aosta: “Credo ut intelligam”, Proslogion, 1,100, trad. it. di G. Sandri, Cedam, Padova 1959, p. 95.

[161] «Al Concilio stesso non s’è voluto dare, e giustamente, uno scopo pastorale, tutto rivolto all’inserimento del messaggio cristiano nella circolazione di pensiero, di parole, di cultura, di costume, di tendenze dell’umanità, quale oggi vive e si agita sulla faccia della terra?», Paolo VI, Lett. Enc. Ecclesiam suam, 6 agosto 1964, 70.

[162] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Dogm. Dei Verbum, 18 novembre 1965, 7-8.


Nessun commento:

Posta un commento