Capitolo 4
Custodire una fede accessibile a tutto il popolo di Dio
Preludio: il Concilio di Nicea e le condizioni di credibilità del mistero cristiano
103. L’idea principale e legittima che si ricava dal Concilio di Nicea è che si tratta di un concilio dogmatico che ha difeso e precisato la fides quae cristologica e trinitaria. Ora, si tratta di esplicitare in questo ultimo capitolo come l’evento del concilio ha costituito anche una sorta di dispositivo istituzionale della Chiesa una e cattolica per risolvere un conflitto dogmatico in condizioni che potessero rendere ricevibile la sua decisione. L’esame di teologia fondamentale deve dunque completare l’inchiesta dogmatica e storica. È la fides quae, la verità salvifica, che genera l’adesione alla salvezza, cioè la fides qua; ma a Nicea la stessa fides qua è stata posta a servizio dell’accoglienza e della comprensione della fides quae. Ora, la considerazione del processo della fides qua, ossia delle condizioni della definizione e della ricezione della fides quae, manifesta la natura e il ruolo della Chiesa. Evidentemente, è chiaro che l’invenzione di questo dispositivo istituzionale sarebbe stata progressiva, che non sarebbe uscita armata come Atena dalla testa di Zeus, in breve, che il concetto dogmatico di “Concilio Ecumenico” non poteva essere esattamente contemporaneo all’evento del 325. Come abbiamo già spiegato nel capitolo II, il luogo per eccellenza in cui si incontrano la fides qua e la fides quae è il battesimo. È qui che l’individuo è incorporato alla fede della Chiesa, che egli riceve la Chiesa come madre. In questo contesto di battesimo e di catechesi di iniziazione, la Chiesa antica ha elaborato la regola della fede come la sintesi più sostanziale della fede. Tenendo conto della sua pertinenza, questa è stata utilizzata per discernere la verità della fede rispetto all’eresia (Ireneo, Tertulliano, Origene, ad esempio). La regola della fede è quindi il precursore della posizione dogmatica del Simbolo, inteso come riassunto degli elementi normativi della fede. Questa coscienza di una norma (regula; kănōn) è presente nella procedura dei sinodi preniceni che facevano discernimento a proposito della fede.
104. Fondandosi sulle molteplici esperienze dei sinodi regionali o locali dei secoli II e III, si può sostenere la tesi dogmatica che è una determinata verità ecclesiologica ritenuta operativa a priori che è stata sollecitata per risolvere il problema di una verità trinitaria, cristologica e soteriologica minacciata di essere alterata, falsificata o perduta. I processi della fides qua manifestano la natura della Chiesa. Il Verbo di Dio, fattosi carne (cf. Gv 1,14), fa realmente conoscere il Padre e questa conoscenza, per la potenza dello Spirito Santo, è affidata alla Chiesa, incaricata di custodirla e di trasmetterla. Ora, questa missione implica che la Chiesa possa interpretare le Scritture con autorità. Ciò mostra anche che credere la Chiesa – come professa il Simbolo – e credere alla sua autorità nel definire la dottrina cristologica e trinitaria si fonda sull’atto di fede in Gesù Cristo e nella Trinità, in una forma di “mutua anteriorità”, secondo la felice espressione tomista.[159]Infine, anche lo scopo ultimo di tutta questa procedura ecclesiale deve attirare la nostra attenzione. Avanziamo l’ipotesi che la procedura conciliare è stata messa al servizio dei piccoli, a servizio dunque della fede dei bambini, che è il paradigma della fede del vero discepolo agli occhi del Signore Gesù e quindi dell’annuncio del Vangelo a tutti. Ciò illumina il senso del Magistero della Chiesa, che tende a una carità di protezione nei riguardi del “più piccolo” tra i fratelli di Cristo (cf. Mt 25,40).

Nessun commento:
Posta un commento