91. Piuttosto che ripercorrere in modo esaustivo le eresie dei primi secoli, mettiamo in luce questa resistenza al novum della Rivelazione facendo qualche esempio. Spesso considerata come la prima eresia, la dottrina razionalista degli gnostici fa perdere il realismo del mistero dell’incarnazione mediante il docetismo e, riducendo la storia santa a una serie di racconti mitologici, giunge a negare l’integralità della salvezza umana, relegandola sul piano di una spiritualità eterea. Ireneo, nella sua battaglia contro la gnosi, sottolinea che si tratta di una resistenza a concepire Dio come capace e desideroso di entrare di persona nella storia, di unirsi fino in fondo all’umanità, fino a farsi realmente uomo e conoscere la morte. Si tratta di una resistenza a credere nella bellezza del singolare, della materia e della storia, una bellezza rivelata proprio nell’evento Gesù Cristo e a cui rendono testimonianza l’Antico e il Nuovo Testamento. I Padri non esitano in seguito a ricorrere a concetti e sistemi di pensiero ricavati dalla filosofia greca per affinare il pensiero cristiano. Facendo ciò, sono costretti a far esplodere sistemi di pensiero incapaci da soli di permettere di concepire che il Logos si possa fare carne, che il Logos o il Nous (νοῦς), che esprimono la divinità, siano uguali alla fonte da cui provengono, o che sia possibile una molteplicità che non contraddica l’unità divina e che sia proprio nel grembo di questa unità. I sostenitori delle eresie cristologiche e trinitarie sono coloro che non sono stati capaci di lasciare che fossero dilatati dall’immensità inaudita del nous (νοῦς) Christou i sistemi di pensiero di partenza, quale che fosse la loro ricchezza e il loro apporto reale nel pensare la dottrina cristiana.
È ancora la medesima difficoltà che ritroviamo nei dibattiti delle correnti cristologiche in Oriente lungo il III secolo, che preparano in certo senso la via all’eresia ariana. Occorre evitare di fare una caricatura delle posizioni dei protagonisti di queste correnti, poiché sono anzitutto dei pensatori individuali, ma tutti si confrontano con le medesime difficoltà a mantenere la ricchezza trinitaria del Dio Uno e la radicalità della piena assunzione di un’umanità singolare da parte del Figlio uguale al Padre: alcuni devono affrontare una teologia trinitaria di tendenza subordinazionista e con una cristologia che rischia di essere docetista, mentre altri devono resistere a forme di modalismo trinitario e di adozionismo. Sono quindi sempre le medesime resistenze provenienti dai vecchi schemi di pensiero che si esprimono, qualche decennio prima di Nicea, nell’insegnamento di Ario: per lui è inconcepibile che il Figlio, altro dal Padre, quel Figlio che nasce e muore, possa essere coeterno e uguale a Dio, senza compromettere l’unità e la trascendenza divine e dunque la redenzione degli uomini.
92. Queste resistenze sono certo comprensibili, in quanto sono umane. Testimoniano in negativo l’incredibile luce proiettata sulla percezione di Dio e della vocazione divina dell’essere umano dall’evento Gesù Cristo e della non meno incredibile trasfigurazione del pensiero e della cultura umana dispiegata nell’evento di Cristo e nell’evento di Sapienza che ne deriva. Nulla di ciò che è umano viene abolito, ma l’accesso all’immensità della verità di Dio esige l’autorivelazione da parte di Dio e la grazia che converte ed eleva le facoltà e la realizzazione dell’essere umano. In un certo senso, la resistenza delle eresie ci permette di vedere Nicea in tutta la sua forza di novità incommensurabile.

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