2.3. La fedeltà creativa della Chiesa e il problema dell’eresia
90. La percezione di Nicea come momento dell’evento di Sapienza suscitato dall’evento Gesù Cristo permette di rileggere con maggior finezza la storia delle eresie alle quali risponde il Concilio. L’eresia, che si discosta intenzionalmente dalla testimonianza apostolica e ne mutila l’integrità, è percepita dai Padri come la novità che abbandona il cammino della regula fidei e della traditio e, perciò, si allontana dalla realtà storica di Cristo. Il rimprovero fatto ad Ario è precisamente quello di introdurre una novità.[151]Eppure, rispetto al novum inaugurato dall’evento Gesù Cristo può essere illuminante considerare l’eresia anche come una resistenza fondamentale, passiva e attiva, alla novità soprannaturale che apre il pensiero e le culture umane al di là di loro stesse – una novità di grazia di cui è testimonianza il nuovo linguaggio della fede espressa dall’homooúsios. È pressoché inevitabile che l’essere umano, con tutte le sue facoltà, con tutto il suo essere, opponga resistenza a questa novità inaudita che lo converte e lo trasfigura. Si tratta di una resistenza e dunque di un peccato dell’«uomo vecchio» (Rm 6,6; si veda anche Ef 2,15), della difficoltà a concepire interamente e ad accettare l’immensità di Dio e del suo amore, così come l’immensa dignità dell’essere umano. Il cammino lento e a tentoni, ma prudente, che intrapresero i primi tentativi di comprendere il senso del mistero del Crocifisso e della sua gloriosa risurrezione, il passaggio dal kerigma apostolico ai primi passi di ciò che oggi chiamiamo teologia, è accompagnato da tensioni costanti e da una pluralità di opinioni che si discostano dalla pienezza della testimonianza apostolica e che sono designate col termine eterodossia, come pure eresia.
[151] Cf. Alessandro di Alessandria, Lettera ad Alessandro di Bisanzio 5, trad. it. in A. Gallico, Teodoreto di Cirro, Storia ecclesiastica I, 4,1-60, pp. 59-75.

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