59. 98. Infine, dopo la seconda metà del II secolo e all’inizio del III, soprattutto in Asia Minore, il sinodo prende un posto sempre più importante per decidere di questioni rilevanti di disciplina, di culto e di insegnamento. All’inizio, i sinodi erano locali, ma l’invio di lettere sinodali che comunicavano le loro decisioni (acta) alle altre Chiese, lo scambio di delegazioni e le richieste di mutuo riconoscimento, testimoniano la «ferma convinzione che le decisioni prese fossero espressione della comunione con tutte le Chiese», in quanto «ogni Chiesa locale è l’espressione della Chiesa una e cattolica».[154] Notiamo che il sinodo possiede una dimensione giuridica o canonica molto netta, in quanto istituzione che legifera. I documenti e le collezioni di canoni sinodali sono raccolti negli archivi episcopali, in particolare a Roma: lo sviluppo del diritto canonico e quello dei sinodi vanno di pari passo e si accompagnano l’un l’altro. Non è possibile attribuire unicamente alla legittimazione della Chiesa da parte di Costantino la svolta verso una Chiesa istituzionalizzata di tipo statuale. Percepita come una polis (città) che riflette la Città di Dio, la Gerusalemme celeste (cf. Is 60 e 62; 65,18; Ap 3,12; 21,1-27), o come un synodos, inteso nel senso letterale di un popolo che percorre lo stesso cammino di Gesù verso il Regno, avendo proprio lui alla testa come suo proestos, o presidente, la Chiesa è costitutivamente “politica” e istituzionale.[155]
99. Questi tre carismi si sono evoluti diversamente e in maniera propria in seno alla Chiesa, ma nessuno di essi si è emancipato o separato dagli altri due. Anche se alcune tensioni si sono naturalmente manifestate tra di loro e al loro interno, essi si sono arricchiti, informati e rinforzati mutuamente. I maestri partecipavano spesso come membri ai sinodi. Parimenti, i vescovi erano fin da principio maestri e predicatori secondo il modello di Ignazio di Antiochia. Naturalmente, i vescovi presiedevano i sinodi e vi giocavano un ruolo di primo piano in quanto custodi dell’ortodossia della fede e della pratica. Per di più, nel suo ruolo sacramentale, il vescovo presiedeva la celebrazione eucaristica che apriva e chiudeva ogni sinodo, quale fonte e culmine di quel “camminare insieme” che è il synodos.[156] Segno della ricezione delle decisioni sinodali, così come della comunione dei credenti coi loro vescovi, stabiliti nella successione apostolica nel seno della “Catholica”, cioè nella Chiesa di Dio una e unica, l’Eucaristia manifestava e realizzava in modo visibile l’appartenenza al Corpo di Cristo e l’appartenenza reciproca dei cristiani (cf. 1Cor 12,12).[157]
[154] Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 28.
[155] Cf. J. A. Brundage, Medieval Canon Law, Longman, London-New York 1995, p. 5.
[156] Un sinodo è per principio «governato secondo il principio del consenso e della concordia (harmonia) espresse dalla concelebrazione eucaristica, come implicato dalla dossologia finale del Canone apostolico, n. 34», Commissione Internazionale Mista per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa, Documento di Ravenna: Conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa, Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità, 2007, 26; «La Chiesa si [rivela] essa stessa come cattolica nella sinassi della Chiesa locale»: ibid., 22.
[157] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, 10; Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 47.

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