75. Questa inculturazione, vista la situazione di povertà e abbandono di
tanti abitanti dell’Amazzonia, dovrà necessariamente avere un timbro fortemente
sociale ed essere caratterizzata da una ferma difesa dei diritti umani, facendo
risplendere il volto di Cristo che «ha voluto identificarsi con speciale
tenerezza con i più deboli e i più poveri».[107] Perché
«dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e
promozione umana»,[108] e
ciò implica per le comunità cristiane un chiaro impegno per il Regno di
giustizia nella promozione delle persone scartate. A tale scopo è di estrema
importanza un’adeguata formazione degli operatori pastorali nella dottrina
sociale della Chiesa.
76. Allo stesso tempo, l’inculturazione del Vangelo in Amazzonia deve
integrare meglio la dimensione sociale con quella spirituale, così che i più
poveri non abbiano bisogno di andare a cercare fuori dalla Chiesa una
spiritualità che risponda al desiderio della loro dimensione trascendente.
Pertanto, non si tratta di una religiosità alienante e individualista che mette
a tacere le esigenze sociali di una vita più dignitosa, ma nemmeno si tratta di
tagliare la dimensione trascendente e spirituale come se all’essere umano
bastasse lo sviluppo materiale. Questo ci chiama non solo a combinare le due
cose, ma a collegarle intimamente. Così risplenderà la vera bellezza del
Vangelo, che è pienamente umanizzante, che dà piena dignità alle persone e ai
popoli, che riempie il cuore e la vita intera.
77. Così potranno nascere testimonianze di santità con volto amazzonico, che
non siano copie di modelli da altri luoghi, santità fatta di incontro e
dedizione, di contemplazione e di servizio, di solitudine accogliente e di vita
comune, di gioiosa sobrietà e di lotta per la giustizia. A questa santità si
arriva «ciascuno a modo suo»,[109] e
ciò vale anche per i popoli, dove la grazia si incarna e brilla con tratti
distintivi. Immaginiamo una santità dai lineamenti amazzonici, chiamata a
interpellare la Chiesa universale.
78. Un processo di inculturazione, che implica percorsi non solo individuali
ma anche comunitari, richiede per la gente un amore pieno di rispetto e
comprensione. In gran parte dell’Amazzonia questo processo è già stato avviato.
Più di quarant’anni fa i Vescovi dell’Amazzonia del Perù hanno rilevato che in
molti dei gruppi sociali presenti in quella regione «il soggetto
evangelizzatore, modellato da una propria cultura multiforme e mutevole, è
inizialmente evangelizzato», poiché possiede «alcuni tratti di cattolicesimo
popolare che, sebbene forse in un primo tempo siano stati promossi da operatori
pastorali, attualmente sono una realtà che la gente ha fatto propria e persino
ne ha mutato il significato e li trasmette di generazione in generazione».[110] Non
abbiamo fretta di qualificare come superstizione o paganesimo alcune
espressioni religiose che nascono spontaneamente dalla vita della gente.
Piuttosto, bisogna saper riconoscere il grano che cresce in mezzo alla
zizzania, perché «nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la
fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi».[111]
79. È possibile recepire in qualche modo un simbolo indigeno senza
necessariamente qualificarlo come idolatrico. Un mito carico di senso
spirituale può essere valorizzato e non sempre considerato un errore pagano.
Alcune feste religiose contengono un significato sacro e sono spazi di riunione
e di fraternità, sebbene si richieda un lento processo di purificazione e
maturazione. Un vero missionario cerca di scoprire quali legittime aspirazioni
passano attraverso le manifestazioni religiose a volte imperfette, parziali o
sbagliate, e cerca di rispondere a partire da una spiritualità inculturata.
80. Sarà senza dubbio una spiritualità centrata sull’unico Dio e Signore, ma
al tempo stesso capace di entrare in contatto con i bisogni quotidiani delle
persone che cercano una vita dignitosa, che vogliono godere le belle realtà
dell’esistenza, trovare la pace e l’armonia, risolvere le crisi familiari,
curare le loro malattie, vedere i loro bambini crescere felici. Il peggior
pericolo sarebbe allontanarli dall’incontro con Cristo presentandolo come un
nemico della gioia, o come uno che è indifferente alle aspirazioni e alle
angosce umane.[112] Oggi
è indispensabile mostrare che la santità non priva le persone di «forze, vita e
gioia».[113]
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