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sabato 7 marzo 2020

CORONAVIRUS, LA LETTERA DEL CARDINALE BASSETTI



Riprendo dal sito della Diocesi di Perugia - Città del Piave... Rispettare con disciplina al massimo le precauzioni richieste e PREGARE. 
LEGGIAMO

Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha scritto una lettera alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve «per sottolineare l’importanza di alcuni impegni che ci consentiranno di vivere con maggiore intensità questo tempo di grazia che è la Quaresima. Quest’anno abbiamo anche un motivo particolare per innalzare al Signore le nostre preghiere – sottolinea il cardinale –: il diffondersi del Coronavirus». La lettera – un invito a dedicare più tempo alla riflessione sulla Parola di Dio e alla preghiera soprattutto tra le mura domestiche -, sarà letta dai parroci ai fedeli durante le messe della Seconda Domenica di Quaresima, il prossimo 8 marzo, e inviata a tutte le comunità religiose e monastiche di clausura.
Lettura della Parola di Dio. «È necessario osservare al massimo le precauzioni che via via vengono richieste, ma vorrei soprattutto invitarvi alla preghiera – scrive il presule –. In questi giorni in cui sarà necessario restare di più in famiglia con la presenza a casa dei vostri ragazzi e dei vostri giovani, data la chiusura delle scuole, si dia più spazio alla lettura della Parola di Dio e alla preghiera. La Parola di Dio vi aiuterà a comprendere, come riferimento essenziale per la vostra vita, lo sguardo del Padre “che vede nel segreto”».
Ricostruire la vita. «Sarà davvero un lavoro spirituale coraggioso e impegnativo che vi aiuterà a ricostruire la vostra vita sotto la guida del Padre, pieno di amore, che sta nei cieli e che vi indicherà come modello di vita il Figlio Suo Gesù. Il quale ci dice: “prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”».
La preghiera è intimità. «La preghiera schiude il nostro cuore al dialogo col Signore – prosegue Bassetti –. La preghiera è incontro con Colui che ci vuole simili a sé. La preghiera è intimità: “stare cuore a cuore con Gesù”. La preghiera è l’unico modo per rientrare in noi stessi. Nella preghiera, cari fratelli, non siamo soli: ci accompagna, ci illumina e ci guida lo Spirito Santo. È Lui che attira nella cella del nostro cuore il Signore. Tornate a pregare fratelli; col Vangelo, con la corona del Rosario, con quelle invocazioni semplici, che una volta chiamavano “giaculatorie”».
La preghiera di intercessione. «Prima di tutto mi rivolgo ai nostri monasteri, a tutti i consacrati e le consacrate. E a voi sacerdoti: pregate incessantemente per il vostro popolo; la preghiera di intercessione è uno dei primi compiti che ci viene affidato dalla Chiesa.
La piccola chiesa domestica. «Si torni a pregare in quella “piccola chiesa domestica” che è la famiglia. Se la famiglia vuole “essere” chiesa, non potrà mai allontanarsi dalla preghiera. Tutti dobbiamo scendere nel profondo di noi stessi – conclude il cardinale –, perché è nel nostro intimo che il Signore ci raggiunge. Se ogni giorno non ci convertiamo e la nostra vita si trascina in un continuo grigiore, è perché manca o non è sufficiente la preghiera».



Questa faccenda del coronavirus è seria. Il fatto che muoiano sopratutto le persone con patologie pregresse e fragili non può rallegrarci. La mia mamma di 98 anni in Francia è credente e pronta ma non mi farebbe piacere perderla. Il primo morto della Campania (ieri) è un cardiopatico di 46 anni. Forse poteva godere di una vita soddisfacente e utile a sé e agli altri per ancora tanti anni. Se fosse morto l'avvocato di Marano giovane ma che sta in gravi condizioni, sarebbe stato un segnale più forte ancora. Gli auguriamo di cuore pronta guarigione e preghiamo per tutti quelli che sono stati colpiti da questo virus. Ma anche se mi sento al sicuro non posso mettere a rischio gli altri. Perché è un problema di contagio e se diventa incontrollabile sono guai per la nostra società, disarticolando tutti i servizi, oltre che le famiglie, e la mortalità aumenterà a misura dell'incapacità del servizio sanitario a ricoverare e curare tutti. Dobbiamo agire con razionalità, senza panico, ma con la massima responsabilità. Nei primi secoli della Chiesa, nel caso di epidemie - non c'era la scienza medica di oggi ma si intuiva il contagio - i pagani fuggivano le città, i cristiani erano conosciuti per rimanere sul posto e aiutarsi a vicenda e aiutare e avevano una mortalità inferiore.

Conosco una persona che aveva terrore delle malattie. Portava sempre nella borsa mascherina e gel disinfettante. Poi ha cominciato una vita di preghiera seria, un cammino di fede. Parlando qualche giorno fa dell'epidemia attuale disse: "beh, dovrei comprare mascherina e gel disinfettante da mettere nella borsa, per sicurezza" - "certo, nella situazione attuale è un comportamento razionale" - "ma! ce l'ho già in borsa, l'avevo dimenticato!" Questo è l'effetto della preghiera, del cammino di fede comunitario: farci vivere liberi da paure irrazionali, al punto di dimenticare le ansie precedenti, darci forza e lucidità, oltre che ottenere protezione e grazie.




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