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lunedì 4 dicembre 2017

SAN LUTERO?

Papa Francesco nella Cattedrale di Lund, Svezia - fonte: Osservatore Romano.

Questa sera abbiamo l’incontro con il Pastore della Comunità Luterana di Napoli, Signora Kirsten Thiele.
Vorrei proporre alcuni testi che ci aiutino a vedere il cammino del dialogo con i fratelli luterani, iniziando dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II del 21 novembre 1964, 53 anni fa:

DECRETO SULL’ECUMENISMO  UNITATIS REDINTEGRATIO
1. Promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso (1). Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura.


Papa Francesco nei suoi gesti e discorsi recenti, anche perché ha raccolto l’occasione del 500 anniversario della Riforma Luterana, ha rimesso in onore questo cammino e fatto passi avanti ulteriori. In particolare c'è stato una prima Dichiarazione Congiunta, firmata dal papa assieme al vescovo Munib Yunan, Presidente della Federazione Mondiale Luterana.
DICHIARAZIONE CONGIUNTA CATTOLICO-LUTERANA A LUND, 31 ottobre 2016
Dal conflitto alla comunione
… Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.
Il nostro impegno per una testimonianza comune
Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo.

Nel 1983, in occasione dei 500 anni dalla nascita di Martin Lutero,  Giovanni Paolo II esprime pensieri molto profondi. Chiama Lutero “Dottor martin Lutero” (da agostiniano era dottore in Teologia Cattolica), riprende le cause della separazione che seguì alla protesta di Lutero, ecc.
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II  AL CARDINALE GIOVANNI WILLEBRANDS,  PRESIDENTE DEL SEGRETARIATO PER L'UNIONE DEI CRISTIANI  31 ottobre 1983
Il 10 novembre 1983 ricorre il 500° anniversario della nascita del dottor Martin Lutero da Eisleben. In questa occasione numerosi cristiani, specialmente di confessione evangelico-luterana, ricordano quel teologo che, alla soglia del tempo moderno, ha contribuito in modo sostanziale al radicale cambiamento della realtà ecclesiale e sacrale dell’Occidente. Il nostro mondo fa ancora oggi l’esperienza del suo grande impatto sulla storia.
Per la Chiesa cattolica il nome di Martin Lutero è legato, attraverso i secoli, al ricordo di un periodo doloroso e, in particolare, all’esperienza dell’origine di profonde divisioni ecclesiali. Per questa ragione, il 500° della nascita di Martin Lutero deve essere per noi motivo di meditare, nella verità e nella carità cristiana, su quell’avvenimento gravido di storia che fu l’epoca della Riforma. Perché è il tempo che, distanziandoci dagli eventi storici, fa sì che essi siano spesso meglio compresi ed evocati.
Infatti, le ricerche scientifiche di studiosi evangelici e cattolici, ricerche i cui risultati hanno già raggiunto notevoli punti di convergenza, hanno condotto a delineare un quadro più completo e più differenziato della personalità di Lutero e della trama complessa della realtà storica, sociale, politica ed ecclesiale della prima metà del Cinquecento. Di conseguenza si è delineata chiaramente la profonda religiosità di Lutero che, con bruciante passione era sospinto dall’interrogativo sulla salvezza eterna. Parimenti è risultato chiaro che la rottura dell’unità ecclesiale non si può ridurre né alla mancanza di comprensione da parte delle autorità della Chiesa cattolica, né solamente alla scarsa comprensione del vero cattolicesimo da parte di Lutero, anche se entrambe le cose hanno avuto un loro ruolo.
Le decisioni prese avevano radici ben più profonde. Nella disputa sulla relazione tra fede e tradizione, erano in gioco questioni di fondo sulla retta interpretazione e sulla ricezione della fede cristiana, le quali avevano in sé un potenziale di divisione ecclesiale non spiegabile con sole ragioni storiche.
Pertanto un duplice sforzo è necessario, sia nei confronti di Martin Lutero, che nella ricerca del ristabilimento dell’unità. In primo luogo è importante continuare un accurato lavoro storico. Si tratta di giungere, attraverso un’investigazione senza pregiudizi, motivata solo dalla ricerca della verità, a un’immagine giusta del riformatore, di tutta l’epoca della Riforma e delle persone che vi furono coinvolte. La colpa, dove esiste, dev’essere riconosciuta, da qualsiasi parte si trovi, laddove la polemica ha offuscato lo sguardo, la direzione di questo sguardo deve essere corretta indipendentemente dall’una o dall’altra parte. Inoltre non dobbiamo lasciarci guidare dall’intento di ergerci a giudici della storia, ma unicamente da quello di comprendere meglio gli eventi e di diventare portatori di verità. Solo ponendoci, senza riserve, in un atteggiamento di purificazione attraverso la verità, possiamo trovare una comune interpretazione del passato e raggiungere allo stesso tempo un nuovo punto di partenza per il dialogo di oggi.
Ed è questa precisamente la seconda cosa che si impone. Il chiarimento della storia, il quale si volge al passato nel suo significato che ancora perdura, deve andare di pari passo con il dialogo della fede che, nel presente, noi intraprendiamo per ricercare l’unità. Questo dialogo trova la sua base solida, secondo gli scritti confessionali evangelico-luterani, in ciò che ci unisce anche dopo la separazione e cioè: nella Parola della Scrittura, nelle Confessioni di fede, nei Concili della Chiesa antica. Confido pertanto, signor Cardinale, che, su queste basi e in questo spirito, il Segretariato per l’unione, sotto la sua guida, conduca avanti questo dialogo iniziato con grande serietà in Germania, già prima del Concilio Vaticano II, e lo faccia nella fedeltà alla fede gratuita, la quale comporta penitenza e disponibilità ad imparare ascoltando.
Nell’umile contemplazione del Mistero della divina Provvidenza e nel devoto ascolto di ciò che lo Spirito di Dio ci insegna oggi nel ricordo degli avvenimenti dell’epoca della Riforma, la Chiesa tende a dilatare i confini del suo amore, per andare incontro all’unità di tutti coloro che, attraverso il Battesimo, portano il nome di Gesù Cristo. Accompagno il lavoro di codesto Segretariato e tutti gli sforzi ecumenici per la grande causa dell’unità di tutti i cristiani con la mia particolare preghiera e benedizione.

Il 6 giugno 1989 in Danimarca, Giovanni Paolo II incontra i vescovi luterani e li chiama “venerati fratelli in Cristo” e “venerati Vescovi”. Afferma che alcune richieste di Lutero riguardo alla riforma della Chiesa hanno trovato eco favorevole presso la Chiesa cattolica….
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II  CON I VESCOVI DELLA CHIESA LUTERANA DI DANIMARCA,  Roskilde (Danimarca) - Martedì, 6 giugno 1989
Venerati fratelli in Cristo.
Incontrandovi in questo luogo, venerati Vescovi, io invoco la benedizione del Signore su di voi e sul vostro servizio in favore dei cristiani che vi sono affidati. Nonostante le asprezze che la divisione di fede tra di noi ha generato, nonostante tutte le divisioni che sono state espresse, io riaffermo con gratitudine e gioia che, a motivo del dono della grazia del Battesimo e dell’annuncio del Vangelo che Cristo ci ha portato, rimaniamo legati l’un l’altro da una comune eredità. Per questo, con gratitudine, posso rivolgermi a voi con le stesse parole del Concilio Vaticano II sulle Chiese e le comunità cristiane che non sono in piena comunione con Roma. Nonostante le differenze che ancora esistono tra voi e la Chiesa cattolica in materia di morale e di disciplina, che noi consideriamo ostacoli per una piena comunione, il Concilio afferma con chiarezza che queste Chiese e comunità cristiane “quantunque crediamo che abbiano delle carenze nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, di cui il valore deriva dalla stessa premessa della grazia e della virtù che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (Unitatis Redintegratio, 3).
….
Tuttavia esistono ancora, in tempi di dialogo ecumenico, dei grandi ostacoli. Molti ne individuano uno nella persona di Martin Lutero e nella condanna di alcuni suoi insegnamenti che la Chiesa cattolica aveva in quei tempi pronunciato. I risultati della sua scomunica hanno prodotto ferite profonde che, ancora, dopo più di quattrocentocinquant’anni non si sono rimarginate e che non possono esser sanate attraverso un atto giuridico. Dopo che la Chiesa cattolica ha compreso che la scomunica ha fine con la morte di ogni uomo questo tipo di provvedimenti sono visti come misure nei confronti di qualcuno finché è in vita. Quello di cui oggi noi abbiamo bisogno soprattutto è una valutazione nuova e comune dei molti interrogativi che sono sorti da Lutero e dal suo messaggio. Per questo motivo ho potuto affermare nel corso della ricorrenza dei cinquecento anni della nascita di Martin Lutero: “Nella pratica gli sforzi scientifici dei ricercatori evangelici e di quelli cattolici, che, nel frattempo, hanno raggiunto lusinghieri risultati, hanno condotto ad un pieno e differenziato panorama della personalità di Lutero e ad un complicato intreccio degli eventi storici nella società, nella politica e nella Chiesa della prima metà del XVI secolo. Ciò che è comunque emerso in modo convincente è la profonda religiosità di Lutero che ardeva dell’ansia bruciante per il problema della salvezza eterna” (Epistula Em.mo P. O. Ioanni Willebrands, V expleto saeculo ab ortu Martini Luther, missa, die 31 oct. 1983Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 [1983] 980).
4. Alcune richieste di Lutero relative ad una riforma e a un rinnovamento hanno trovato risonanza presso i cattolici da diversi punti di vista: così quando il Concilio Vaticano II parla della necessità di una permanente riforma e di un rinnovamento: “La Chiesa pellegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno in modo che se alcune cose sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo di esporre la dottrina - il quale deve essere diligentemente distinto dallo stesso deposito della fede - sono state, secondo le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel giusto e debito ordine”. (Unitatis Redintegratio, 6). Il desiderio di ascoltare nuovamente la parola del Vangelo e di convincersi della sua veridicità che animava anche Lutero deve guidarci a cercare il bene negli altri, a donare il perdono, e a rinunciare a visioni che sono in contrasto e nemiche della fede.

In senso specificamente spirituale, Benedetto XVI, a Erfurt (il Convento agostiniano dove viveva Lutero da frate), afferma che dobbiamo fare nostri, in modo nuovo certo, le domande su Dio che si imponevano a Lutero.
INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DEL CONSIGLIO DELLA "CHIESA EVANGELICA IN GERMANIA" DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI  Sala del Capitolo dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt Venerdì, 23 settembre 2011
Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt. Abbiamo appena sentito che qui Lutero ha studiato teologia. Qui ha celebrato la sua prima Messa. Contro il desiderio del padre, egli non continuò gli studi di giurisprudenza, ma studiò teologia e si incamminò verso il sacerdozio nell’Ordine di sant’Agostino. E in questo cammino non gli interessava questo o quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore. Per Lutero la teologia non era una questione accademica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo, poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio.
“Come posso avere un Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, si oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso potrebbero continuare. No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero.


 
Queste citazioni, ad esclusione del Decreto “Unitatis Redintegratio”, sono quelle indicate dal libro “Sedevacantisti” di Francesco Antonio Grana, pubblicato dalla “taueditrice”, nel Capitolo "San Lutero?".

Raccomando la lettura di questo libro che passa in rassegna gli attacchi a papa Francesco, iniziando da una fantomatica accusa di invalidità per la sua elezione e tutte le accuse di eresia. Nel capitolo 21 “San Lutero” l'autore dimostra come papa Francesco non ha canonizzato Lutero, ma segue – camminando fortemente – il sentiero aperto dai suoi predecessori. Il libro è veramente molto interessante e, l’ho trovato utile. Devo però dire che, a un certo punto, parla anche del cardinale Sepe in modo ingiustamente severo. Lo dico in quanto ho partecipato personalmente ai rapporti tra il Cardinale e il Decano del X° decanato sull’affare di don F. De Vivo, tristemente reso famoso dal servizio delle Iene. So bene quanto era difficile questo caso e che il Cardinale si è mosso il meglio che poteva. 

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