Papa Francesco nella Cattedrale di Lund, Svezia - fonte: Osservatore Romano. |
Questa sera abbiamo l’incontro con il Pastore della Comunità Luterana di Napoli, Signora Kirsten Thiele.
Vorrei proporre alcuni testi che ci aiutino a vedere
il cammino del dialogo con i fratelli luterani, iniziando dalla Dichiarazione del
Concilio Vaticano II del 21 novembre 1964, 53 anni fa:
DECRETO SULL’ECUMENISMO UNITATIS REDINTEGRATIO
1. Promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani è uno dei
principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore
la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane
propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti
invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e
camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso (1). Tale divisione
non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo
al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad
ogni creatura.
Papa Francesco nei suoi gesti e discorsi recenti, anche perché
ha raccolto l’occasione del 500 anniversario della Riforma Luterana, ha rimesso
in onore questo cammino e fatto passi avanti ulteriori. In particolare c'è stato
una prima Dichiarazione Congiunta, firmata dal papa assieme al vescovo Munib Yunan,
Presidente della Federazione Mondiale Luterana.
DICHIARAZIONE CONGIUNTA CATTOLICO-LUTERANA A LUND, 31 ottobre
2016
Dal conflitto alla comunione
… Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.
… Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.
Il nostro impegno per una testimonianza comune
… Chiediamo a Dio
ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti insieme
nel servizio, difendendo la dignità e i
diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando
ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla
dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione. Oggi, in
particolare, noi alziamo le nostre voci per la
fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e
innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo
luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per
venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della
persecuzione, e a difendere i diritti dei
rifugiati e di quanti cercano asilo.
Nel 1983, in occasione dei 500 anni dalla nascita di Martin Lutero, Giovanni Paolo II esprime pensieri molto profondi.
Chiama Lutero “Dottor martin Lutero” (da agostiniano era dottore in Teologia
Cattolica), riprende le cause della separazione che seguì alla protesta di
Lutero, ecc.
MESSAGGIO DI
GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE GIOVANNI WILLEBRANDS, PRESIDENTE DEL
SEGRETARIATO PER L'UNIONE DEI CRISTIANI
31 ottobre 1983
Il 10 novembre 1983 ricorre il 500° anniversario
della nascita del dottor Martin Lutero da Eisleben. In questa occasione
numerosi cristiani, specialmente di confessione evangelico-luterana, ricordano
quel teologo che, alla soglia del tempo moderno, ha contribuito in modo
sostanziale al radicale cambiamento della realtà ecclesiale e sacrale
dell’Occidente. Il nostro mondo fa ancora oggi l’esperienza del suo grande
impatto sulla storia.
Per la Chiesa cattolica il nome di Martin Lutero è
legato, attraverso i secoli, al ricordo di un periodo doloroso e, in
particolare, all’esperienza dell’origine di profonde divisioni ecclesiali. Per
questa ragione, il 500° della nascita di Martin Lutero deve essere per noi
motivo di meditare, nella verità e nella carità cristiana, su quell’avvenimento
gravido di storia che fu l’epoca della Riforma. Perché è il tempo che,
distanziandoci dagli eventi storici, fa sì che essi siano spesso meglio
compresi ed evocati.
…
Infatti, le ricerche
scientifiche di studiosi evangelici e cattolici, ricerche i cui risultati hanno
già raggiunto notevoli punti di convergenza, hanno condotto a delineare un
quadro più completo e più differenziato della personalità di Lutero e della trama
complessa della realtà storica, sociale, politica ed ecclesiale della prima
metà del Cinquecento. Di conseguenza si è delineata chiaramente la profonda
religiosità di Lutero che, con bruciante passione era sospinto
dall’interrogativo sulla salvezza eterna. Parimenti è risultato chiaro che la
rottura dell’unità ecclesiale non si può ridurre né alla mancanza di
comprensione da parte delle autorità della Chiesa cattolica, né solamente alla
scarsa comprensione del vero cattolicesimo da parte di Lutero, anche se
entrambe le cose hanno avuto un loro ruolo.
Le decisioni prese avevano
radici ben più profonde. Nella disputa sulla relazione tra fede e tradizione,
erano in gioco questioni di fondo sulla retta interpretazione e sulla ricezione
della fede cristiana, le quali avevano in sé un potenziale di divisione
ecclesiale non spiegabile con sole ragioni storiche.
Pertanto un duplice sforzo è
necessario, sia nei confronti di Martin Lutero, che nella ricerca del
ristabilimento dell’unità. In primo luogo è importante continuare un accurato
lavoro storico. Si tratta di giungere, attraverso un’investigazione senza
pregiudizi, motivata solo dalla ricerca della verità, a un’immagine giusta del
riformatore, di tutta l’epoca della Riforma e delle persone che vi furono coinvolte.
La colpa, dove esiste, dev’essere riconosciuta, da qualsiasi parte si trovi,
laddove la polemica ha offuscato lo sguardo, la direzione di questo sguardo
deve essere corretta indipendentemente dall’una o dall’altra parte. Inoltre non
dobbiamo lasciarci guidare dall’intento di ergerci a giudici della storia, ma
unicamente da quello di comprendere meglio gli eventi e di diventare portatori
di verità. Solo ponendoci, senza riserve, in un atteggiamento di purificazione
attraverso la verità, possiamo trovare una comune interpretazione del passato e
raggiungere allo stesso tempo un nuovo punto di partenza per il dialogo di
oggi.
Ed è questa precisamente la
seconda cosa che si impone. Il chiarimento della storia, il quale si volge al
passato nel suo significato che ancora perdura, deve andare di pari passo con
il dialogo della fede che, nel presente, noi intraprendiamo per ricercare
l’unità. Questo dialogo trova la sua base solida, secondo gli scritti
confessionali evangelico-luterani, in ciò che ci unisce anche dopo la
separazione e cioè: nella Parola della Scrittura, nelle Confessioni di fede,
nei Concili della Chiesa antica. Confido pertanto, signor Cardinale, che, su
queste basi e in questo spirito, il Segretariato per l’unione, sotto la sua
guida, conduca avanti questo dialogo iniziato con grande serietà in Germania,
già prima del Concilio Vaticano II, e lo faccia nella fedeltà alla fede
gratuita, la quale comporta penitenza e disponibilità ad imparare ascoltando.
Nell’umile contemplazione del
Mistero della divina Provvidenza e nel devoto ascolto di ciò che lo Spirito di
Dio ci insegna oggi nel ricordo degli avvenimenti dell’epoca della Riforma, la
Chiesa tende a dilatare i confini del suo amore, per andare incontro all’unità
di tutti coloro che, attraverso il Battesimo, portano il nome di Gesù Cristo.
Accompagno il lavoro di codesto Segretariato e tutti gli sforzi ecumenici per la
grande causa dell’unità di tutti i cristiani con la mia particolare preghiera e
benedizione.
Il 6 giugno 1989 in Danimarca,
Giovanni Paolo II incontra i vescovi luterani e li chiama “venerati fratelli in
Cristo” e “venerati Vescovi”. Afferma che alcune richieste di Lutero riguardo
alla riforma della Chiesa hanno trovato eco favorevole presso la Chiesa cattolica….
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II CON
I VESCOVI DELLA CHIESA LUTERANA DI DANIMARCA,
Roskilde (Danimarca) - Martedì, 6 giugno 1989
Venerati fratelli in
Cristo.
Incontrandovi in questo luogo,
venerati Vescovi, io invoco la benedizione del Signore su di voi e
sul vostro servizio in favore dei cristiani che vi sono affidati. Nonostante le
asprezze che la divisione di fede tra di noi ha generato, nonostante tutte le
divisioni che sono state espresse, io riaffermo con gratitudine e gioia che, a
motivo del dono della grazia del Battesimo e dell’annuncio del Vangelo che
Cristo ci ha portato, rimaniamo legati l’un l’altro da una comune eredità. Per
questo, con gratitudine, posso rivolgermi a voi con le stesse parole del
Concilio Vaticano II sulle Chiese e le comunità cristiane che non sono in piena
comunione con Roma. Nonostante le differenze che ancora esistono tra voi e la
Chiesa cattolica in materia di morale e di disciplina, che noi consideriamo
ostacoli per una piena comunione, il Concilio afferma con chiarezza che queste
Chiese e comunità cristiane “quantunque crediamo che abbiano delle carenze nel
mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché
lo spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di
salvezza, di cui il valore deriva dalla stessa premessa della grazia e della
virtù che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (Unitatis Redintegratio, 3).
….
Tuttavia esistono ancora, in tempi di dialogo
ecumenico, dei grandi ostacoli. Molti ne individuano uno nella persona di
Martin Lutero e nella condanna di alcuni suoi insegnamenti che la Chiesa
cattolica aveva in quei tempi pronunciato. I risultati della sua scomunica
hanno prodotto ferite profonde che, ancora, dopo più di
quattrocentocinquant’anni non si sono rimarginate e che non possono esser
sanate attraverso un atto giuridico. Dopo che la Chiesa cattolica ha compreso
che la scomunica ha fine con la morte di ogni uomo questo tipo di provvedimenti
sono visti come misure nei confronti di qualcuno finché è in vita. Quello di
cui oggi noi abbiamo bisogno soprattutto è una valutazione nuova e comune dei
molti interrogativi che sono sorti da Lutero e dal suo messaggio. Per questo
motivo ho potuto affermare nel corso della ricorrenza dei cinquecento anni
della nascita di Martin Lutero: “Nella pratica gli sforzi scientifici dei
ricercatori evangelici e di quelli cattolici, che, nel frattempo, hanno raggiunto
lusinghieri risultati, hanno condotto ad un pieno e differenziato panorama
della personalità di Lutero e ad un complicato intreccio degli eventi storici
nella società, nella politica e nella Chiesa della prima metà del XVI secolo.
Ciò che è comunque emerso in modo convincente è la profonda religiosità di
Lutero che ardeva dell’ansia bruciante per il problema della salvezza eterna” (Epistula Em.mo P. O. Ioanni Willebrands, V expleto
saeculo ab ortu Martini Luther, missa,
die 31 oct. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI,
2 [1983] 980).
4. Alcune richieste di Lutero
relative ad una riforma e a un rinnovamento hanno trovato risonanza presso i
cattolici da diversi punti di vista: così quando il Concilio Vaticano II parla
della necessità di una permanente riforma e di un rinnovamento: “La Chiesa
pellegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa
stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno in modo che se
alcune cose sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo
di esporre la dottrina - il quale deve essere diligentemente distinto dallo
stesso deposito della fede - sono state, secondo le circostanze di fatto e di
tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel
giusto e debito ordine”. (Unitatis Redintegratio, 6). Il desiderio di
ascoltare nuovamente la parola del Vangelo e di convincersi della sua
veridicità che animava anche Lutero deve guidarci a cercare il bene negli
altri, a donare il perdono, e a rinunciare a visioni che sono in contrasto e
nemiche della fede.
In senso
specificamente spirituale, Benedetto XVI, a Erfurt (il Convento agostiniano
dove viveva Lutero da frate), afferma che dobbiamo fare nostri, in modo nuovo certo,
le domande su Dio che si imponevano a Lutero.
INCONTRO CON I
RAPPRESENTANTI DEL CONSIGLIO DELLA "CHIESA EVANGELICA IN
GERMANIA" DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI Sala
del Capitolo dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt Venerdì, 23
settembre 2011
Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di
profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt.
Abbiamo appena sentito che qui Lutero ha studiato teologia. Qui ha celebrato la
sua prima Messa. Contro il desiderio del padre, egli non continuò gli studi di
giurisprudenza, ma studiò teologia e si incamminò verso il sacerdozio
nell’Ordine di sant’Agostino. E in questo cammino non gli interessava questo o
quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione
profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere
un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro
ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore. Per Lutero la teologia non
era una questione accademica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo,
poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio.
“Come posso avere un Dio misericordioso?”.
Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi
colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, si oggi si preoccupa ancora
di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella
nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei
cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa
dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo
soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio,
allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e,
alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La
questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre
mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei
grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non
viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte,
della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle
persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione
alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità?
La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se
in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le
creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso
potrebbero continuare. No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere
così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La
domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io
davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e
certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma
concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire
nell’incontro con Martin Lutero.
Queste citazioni, ad esclusione del Decreto “Unitatis
Redintegratio”, sono quelle indicate dal libro “Sedevacantisti” di Francesco Antonio
Grana, pubblicato dalla “taueditrice”, nel Capitolo "San Lutero?".
Raccomando la lettura di questo libro che passa in
rassegna gli attacchi a papa Francesco, iniziando da una fantomatica accusa di invalidità per la sua elezione e tutte le accuse di eresia. Nel capitolo 21 “San Lutero” l'autore dimostra
come papa Francesco non ha canonizzato Lutero, ma segue – camminando fortemente –
il sentiero aperto dai suoi predecessori. Il libro è veramente molto interessante
e, l’ho trovato utile. Devo però dire che, a un certo punto, parla anche
del cardinale Sepe in modo ingiustamente severo. Lo dico in quanto ho partecipato
personalmente ai rapporti tra il Cardinale e il Decano del X° decanato sull’affare
di don F. De Vivo, tristemente reso famoso dal servizio delle Iene. So bene quanto
era difficile questo caso e che il Cardinale si è mosso il meglio che poteva.
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