Il 14 dicembre scorso è stato approvato la legge
sul “Fine vita”, riempiendo così un vuoto legislativo che anche i cattolici
denunciavano. Cerco di scrivere qualcosa di utile pur sapendo che il tema è
delicato e non sono un esperto abbastanza qualificato per entrare in tutti i
particolari. Cerco di dare qualche punto fermo.
È necessario legiferare.
Qualcuno, di fronte alla delicatezza
dell’argomento, dice che non si dovrebbe legiferare in una tale materia “perché
riguarda esseri in carne e ossa, tutto lo spessore della vita e della storia di
persone concrete”. Siamo più che d’accordo sulla delicatezza dell’argomento, ma
ogni legge riguarda persone concrete e lo spessore della loro vita. Era
necessario riempire questo vuoto legislativo.
Quale mentalità sta dietro questa legge?
La domanda però è: questa legge ha riempito bene
questo vuoto ? Lì sorgono dubbi. Sopratutto
quando, conseguentemente, il giorno
stesso dell’approvazione, i Radicali e altre forze politiche favorevoli non
solo fanno festa, ma già invocano il passo successivo, cioè la legalizzazione
dell’Eutanasia, manifestando che seguono una cultura di morte.
Seguendo l’infausto relativismo moderno la legge
rimanda fondamentalmente al paziente cosciente, di definire in modo sovrano cosa
è per lui una “vita degna di essere vissuta”. Anche se lo fa senza una seria
riflessione previa che cerchi di considerare tutti gli elementi in gioco. Infatti
se la vita non è più dono – ma uno si chiede da dove viene allora – non ha
valore prescindere, e diventa mia proprietà di cui poter fare quello che
voglio. Anche suicidarmi, piuttosto che scoprire il valore di questo dono, le
dimensioni del Mistero.
Come cristiani come ci possiamo porre in una società plurale?
Nessuno potrà mai né dovrà tentare di imporre intimamente
i propri valori ad un altro. Ma lo Stato vieta l’omicidio per esempio e altri disvalori
sociali. Quando si fa una legge si ha il dovere di considerare i valori portanti
della società senza i quali questa società si disgrega. L’individualismo
esasperato è un disvalore.
Il dramma è che la malattia prolungata altera spesso
la visione della vita delle persone, le rendono dipendenti da pressioni anche solo
implicite e neppure volute e cadono nel pensiero che sono di troppo, che sono
un peso, che è meglio non disturbare. Lo vediamo nella richiesta di cremazione che
parte oggi da molti nostri anziani.
Si sa che molto raramente una persona circondata
di amore e sostenuta nella sua lotta per la salute e la vita, trova la sua vita
“indegna di essere vissuta” e rifiuta le cure. È l’angoscia esistenziale che
porta le persone a chiedere il suicidio assistito. Il
Forum delle associazioni familiari commenta così l’approvazione della
legge sul biotestamento: Si è fatta la scelta più semplice, confondendo cura
del malato con accanimento terapeutico e introducendo di fatto l’eutanasia
omissiva.Ben più utile ed efficace sarebbe stato offrire alle famiglie un aiuto
nell’assistenza ai malati terminali. Ma come sempre le famiglie vengono
abbandonate a se stesse nel gestire situazioni di dolore e di sofferenza con
l’aggravante che l’impossibilità di obiezione di coscienza da parte dei
medici mina, invece di favorire, il rapporto con il malato e con i familiari.
Le istituzioni
cattoliche notano che quando si tratta di togliere loro finanziamenti, per lo
Stato sono strutture private, quando si tratta di imporre procedure contrarie
al loro credo etico sono strutture pubbliche. Amaro umorismo ma realtà. È
fondamentale sostenere il diritto all’obiezione di coscienza del personale
medico e delle istituzioni che seguono una fede riconosciuta dallo Stato.
Accanimento terapeutico. Per molti il testo approvato dal Parlamento è ambiguo
su vari punti.
La Chiesa da molto tempo ha definito la nozione
di “accanimento terapeutico”, quando le cure diventano sproporzionate al
beneficio che si può sperarne. La Chiesa è contraria all’accanimento
terapeutico. Né accanimento terapeutico né eutanasia o suicidio assistito. Ora
il testo della legge ingloba semplici cure palliative per lenire il dolore e il
nutrimento artificiale nel concetto di accanimento terapeutico.
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