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domenica 14 aprile 2024

D.I. 05 UN CHIARIMENTO FONDAMENTALE / nn. 8-9

Voto, strumento di dignità sociale


8. Restano ancora altre due accezioni possibili di dignità: sociale ed esistenziale. Quando parliamo di dignità sociale ci riferiamo alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere. Nella povertà estrema, per esempio, quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa vivere secondo la sua dignità ontologica, si dice che la vita di quella persona così povera è una vita “indegna”. Quest’espressione non indica in alcun modo un giudizio verso la persona, piuttosto vuole evidenziare il fatto che la sua dignità inalienabile viene contradetta dalla situazione nella quale è costretta a vivere. L’ultima accezione è quella di dignità esistenziale. Sempre più spesso si parla oggi di una vita “degna” e di una vita “non degna”. E con tale indicazione ci si riferisce a situazioni proprio di tipo esistenziale: per esempio, al caso di una persona che, pur non mancando apparentemente di nulla di essenziale per vivere, per diverse ragioni fa fatica a vivere con pace, con gioia e con speranza. In altre situazioni è la presenza di malattie gravi, di contesti familiari violenti, di certe dipendenze patologiche e di altri disagi a spingere qualcuno a sperimentare la propria condizione di vita come “indegna” di fronte alla percezione di quella dignità ontologica che mai può essere oscurata. Le distinzioni qui introdotte, in ogni caso, non fanno altro che ricordare il valore inalienabile di quella dignità ontologica radicata nell’essere stesso della persona umana e che sussiste al di là di ogni circostanza.

9. Giova qui, infine, ricordare che la definizione classica della persona come «sostanza individuale di natura razionale»[17] esplicita il fondamento della sua dignità. Infatti, in quanto “sostanza individuale”, la persona gode della dignità ontologica (cioè a livello metafisico dell’essere stesso): essa è un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo. La parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente collegate a quelle sopradette. L’espressione “natura” indica le condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano: la natura è il “principio dell’agire”.  L’essere umano non crea la sua natura; la possiede come un dono ricevuto e può coltivare, sviluppare e arricchire le proprie capacità. Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia.


[17] Boezio, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344: «persona est rationalis naturae individua substantia». Cf. S. Bonaventura, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2; S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.


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