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domenica 7 febbraio 2021

COSA SIGNIFICA ESSERE RISORTO SE SOFFRO? / V Domenica del T.O.

 


Sconsolato, qualcuno ha detto ieri sera di fronte alla lettura di Giobbe: “io non so soffrire!”   Neanche noi sappiamo soffrire. E neppure Giobbe. Egli si ribella ed esprime tutto il suo sconforto. Ma non va oltre una linea rossa: non maledice Dio. E Dio lavora in questa sua situazione. Lui che sembra tutto preso dal suo dolore, diventa disponibile ad ascoltare Dio e finalmente lo “vede” come mai prima.

Se la fede di Giobbe fosse stata sostenuta dalla speranza cristiana avrebbe sofferto di meno, anche se la sua fragilità personale non sarebbe stata cambiata.

Ed è questa speranza che Paolo e Gesù sentono l’urgenza di annunciare a tutti, affinché chi crede risorga, cioè si alzi in piedi dalle sue morti. Il pregare in piedi dei cristiani, perfino durante la consacrazione, non è mancare di rispetto verso Dio ma coscienza di appartenere ad un popolo di risorti, anche quando tutto, fuori e dentro di me, sembra dire il contrario.

Essere risorto in Cristo non significa non avere più la fragilità della carne, ma la coscienza che la mia vita di fede non è solo chiedere grazie a Dio lassù (o alla Madonna o al santo Patrono anch’essi lassù). Chiedere grazie lo faremo sempre, ma la vita cristiana è alzarsi in piedi disponibili affinché Cristo che si è unito a me in modo indissolubile agisca in questa generazione, usi di me come suo strumento secondo la sua volontà e non la mia.

“Guai a me se non evangelizzo”. Specialmente in questo periodo.

  

Prima Lettura  Gb 7, 1-4. 6-7

Notti di dolore mi sono state assegnate.

Dal libro di Giobbe

Giobbe parlò e disse:
«L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si fa lunga
e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,
svanisco­no senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene».  

    
Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 146
Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.
     
Seconda Lettura 
 1 Cor 9, 16-19.22-23

Guai a me se non annuncio il Vangelo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.

  
Canto al Vangelo  
 Mt 8,17

Alleluia, alleluia.

Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia.

   

Vangelo  Mc 1, 29-39

Guarì molti che erano affetti da varie malattie.

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

 

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