L’inculturazione della ministerialità
85. L’inculturazione deve anche svilupparsi e riflettersi in un modo
incarnato di attuare l’organizzazione ecclesiale e la ministerialità. Se si
incultura la spiritualità, se si incultura la santità, se si incultura il
Vangelo stesso, come fare a meno di pensare a una inculturazione del modo in
cui si strutturano e si vivono i ministeri ecclesiali? La pastorale della
Chiesa ha in Amazzonia una presenza precaria, dovuta in parte all’immensa
estensione territoriale con molti luoghi di difficile accesso, alla grande
diversità culturale, ai gravi problemi sociali, come pure alla scelta di alcuni
popoli di isolarsi. Questo non può lasciarci indifferenti ed esige dalla Chiesa
una risposta specifica e coraggiosa.
86. Occorre far sì che la ministerialità si configuri in modo tale da essere
al servizio di una maggiore frequenza della celebrazione dell’Eucaristia, anche
nelle comunità più remote e nascoste. Ad Aparecida si invitò ad ascoltare il
lamento di tante comunità dell’Amazzonia «private dell’Eucaristia domenicale
per lunghi periodi di tempo».[124] Ma
nello stesso tempo c’è bisogno di ministri che possano comprendere dall’interno
la sensibilità e le culture amazzoniche.
87. Il modo di configurare la vita e l’esercizio del ministero dei sacerdoti
non è monolitico e acquista varie sfumature in luoghi diversi della terra.
Perciò è importante determinare ciò che è più specifico del sacerdote, ciò che
non può essere delegato. La risposta consiste nel sacramento dell’Ordine sacro,
che lo configura a Cristo sacerdote. E la prima conclusione è che tale
carattere esclusivo ricevuto nell’Ordine abilita lui solo a presiedere
l’Eucaristia.[125] Questa
è la sua funzione specifica, principale e non delegabile. Alcuni pensano che
ciò che distingue il sacerdote è il potere, il fatto di essere la massima
autorità della comunità. Ma San Giovanni Paolo II ha spiegato che,
sebbene il sacerdozio sia considerato “gerarchico”, questa funzione non
equivale a stare al di sopra degli altri, ma «è totalmente ordinata alla
santità delle membra di Cristo».[126] Quando
si afferma che il sacerdote è segno di “Cristo capo”, il significato principale
è che Cristo è la fonte della grazia: Egli è il capo della Chiesa «perché ha il
potere di comunicare la grazia a tutte le membra della Chiesa».[127]
88. Il sacerdote è segno di questo Capo che effonde la grazia anzitutto
quando celebra l’Eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita cristiana.[128] Questa
è la sua grande potestà, che può essere ricevuta soltanto nel sacramento
dell’Ordine sacerdotale. Per questo lui solo può dire: «Questo è il mio corpo».
Ci sono altre parole che solo lui può pronunciare: «Io ti assolvo dai tuoi
peccati». Perché il perdono sacramentale è al servizio di una degna
celebrazione eucaristica. In questi due Sacramenti c’è il cuore della sua
identità esclusiva.[129]
89. Nelle circostanze specifiche dell’Amazzonia, specialmente nelle sue
foreste e luoghi più remoti, occorre trovare un modo per assicurare il
ministero sacerdotale. I laici potranno annunciare la Parola, insegnare,
organizzare le loro comunità, celebrare alcuni Sacramenti, cercare varie
espressioni per la pietà popolare e sviluppare i molteplici doni che lo Spirito
riversa su di loro. Ma hanno bisogno della celebrazione dell’Eucaristia, perché
essa «fa la Chiesa»[130],
e arriviamo a dire che «non è possibile che si formi una comunità cristiana se
non assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra
Eucaristia».[131] Se
crediamo veramente che è così, è urgente fare in modo che i popoli amazzonici
non siano privati del Cibo di nuova vita e del Sacramento del perdono.
90. Questa pressante necessità mi porta ad esortare tutti i Vescovi, in
particolare quelli dell’America Latina, non solo a promuovere la preghiera per
le vocazioni sacerdotali, ma anche a essere più generosi, orientando coloro che
mostrano una vocazione missionaria affinché scelgano l’Amazzonia.[132] Nello
stesso tempo, è opportuno rivedere a fondo la struttura e il contenuto sia
della formazione iniziale sia della formazione permanente dei presbiteri, in
modo che acquisiscano gli atteggiamenti e le capacità necessari per dialogare
con le culture amazzoniche. Questa formazione dev’essere eminentemente
pastorale e favorire la crescita della misericordia sacerdotale.[133]
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