91. L’Eucaristia, al tempo stesso, è il grande Sacramento che significa e
realizza l’unità della Chiesa,[134] e
si celebra «perché da estranei, dispersi e indifferenti gli uni agli altri, noi
diventiamo uniti, eguali ed amici».[135] Chi
presiede l’Eucaristia deve curare la comunione, che non è un’unità impoverita,
ma che accoglie la molteplice ricchezza dei doni e dei carismi che lo Spirito
riversa nella Comunità.
92. Pertanto, l’Eucaristia, come fonte e culmine, richiede che si sviluppi
questa multiforme ricchezza. C’è necessità di sacerdoti, ma ciò non esclude che
ordinariamente i diaconi permanenti – che dovrebbero essere molti di più in
Amazzonia –, le religiose e i laici stessi assumano responsabilità importanti
per la crescita delle comunità e che maturino nell’esercizio di tali funzioni
grazie ad un adeguato accompagnamento.
93. Dunque, non si tratta solo di favorire una maggiore presenza di ministri
ordinati che possano celebrare l’Eucaristia. Questo sarebbe un obiettivo molto
limitato se non cercassimo anche di suscitare una nuova vita nelle comunità.
Abbiamo bisogno di promuovere l’incontro con la Parola e la maturazione nella
santità attraverso vari servizi laicali, che presuppongono un processo di
maturazione – biblica, dottrinale, spirituale e pratica – e vari percorsi di
formazione permanente.
94. Una Chiesa con volti amazzonici richiede la presenza stabile di
responsabili laici maturi e dotati di autorità,[136] che
conoscano le lingue, le culture, l’esperienza spirituale e il modo di vivere in
comunità dei diversi luoghi, mentre lasciano spazio alla molteplicità di doni
che lo Spirito Santo semina in tutti. Infatti, lì dove c’è una necessità
particolare, lo Spirito ha già effuso carismi che permettano di rispondervi.
Ciò richiede nella Chiesa una capacità di aprire strade all’audacia dello
Spirito, di avere fiducia e concretamente di permettere lo sviluppo di una
cultura ecclesiale propria, marcatamente laicale. Le sfide
dell’Amazzonia esigono dalla Chiesa uno sforzo speciale per realizzare una
presenza capillare che è possibile solo attraverso un incisivo protagonismo dei
laici.
95. Molte persone consacrate hanno speso le loro energie e buona parte della
loro vita per il Regno di Dio in Amazzonia. La vita consacrata, capace di
dialogo, di sintesi, di incarnazione e di profezia, occupa un posto speciale in
questa configurazione plurale e armonica della Chiesa amazzonica. Le manca,
però, un nuovo sforzo di inculturazione, che metta in gioco la creatività,
l’audacia missionaria, la sensibilità e la forza peculiare della vita
comunitaria.
96. Le comunità di base, quando hanno saputo integrare la difesa dei diritti
sociali con l’annuncio missionario e la spiritualità, sono state vere
esperienze di sinodalità nel cammino evangelizzatore della Chiesa in Amazzonia.
Molte volte «hanno aiutato a formare cristiani impegnati nella fede, discepoli
e missionari del Signore, come testimonia la dedizione generosa, fino a versare
il proprio sangue, di tanti loro membri».[137]
97. Incoraggio l’approfondimento del compito comune che si realizza
attraverso la REPAM e altre associazioni, con l’obiettivo di consolidare ciò
che già chiedeva Aparecida: «Stabilire, tra le Chiese locali dei diversi Paesi
sudamericani che fanno parte del bacino amazzonico, una pastorale d’insieme
differenziata nelle rispettive priorità».[138] Questo
vale specialmente per le relazioni tra le Chiese limitrofe.
98. Infine, desidero ricordare che non sempre possiamo pensare a progetti per
comunità stabili, perché in Amazzonia c’è una grande mobilità interna, una
costante migrazione molte volte pendolare, e «la regione è diventata di fatto
un corridoio migratorio».[139] La
«transumanza amazzonica non è stata ben compresa né sufficientemente analizzata
dal punto di vista pastorale».[140] Perciò
occorre pensare a gruppi missionari itineranti e «sostenere l’inserimento e
l’itineranza delle persone consacrate vicino ai più poveri ed esclusi».[141] D’altra
parte, questo mette alla prova le nostre comunità urbane, che dovrebbero
coltivare con intelligenza e generosità, specialmente nelle periferie, diverse
forme di vicinanza e di accoglienza nei confronti delle famiglie e dei giovani
che arrivano dall’interno.
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