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sabato 18 aprile 2020

PERCHE' POSSO ANDARE IN LIBRERIA E A MESSA NO?




Posso andare in libreria a comprare un libro ma a messa no!

Perché sono aperte le librerie? perché nutrono lo spirito. Benissimo! Complimenti a Franceschini – pensiamo sia lui, che fa il ministro della cultura con grande convinzione e impegno – e altri, che si battono per la cultura. E hanno ragione. Ma perché, secondo il governo, gli atti di culto non nutrono lo spirito? La risposta è una sola: il Cristianesimo fondato sulla fede non ha più rilevanza nella vita sociale, non interessa gli italiani e quindi non interessa la politica.

Che fare? Inutile difendere un guscio vuoto. Qualcuno è ancora nostalgico dello stato di Cristianità che vigeva in Italia almeno fino agli anni ’60 del ‘900. Ma la nostalgia non serve a niente! Non è un peccato provare nostalgia, ed è un valore coltivare la memoria. La nostalgia diventa però un peccato e un falso storico quando diventa il criterio di decisione per il futuro, quando si vuole mantenere un passato che di fatto è molto “recente”, ha solo 500, al massimo 1000 anni, e corrisponde ad una sola parte dei popoli che hanno incarnato la fede nel loro modo di vivere. Abbiamo molto meglio: Cristo risorto, vivo in mezzo a noi, e la sua Grazia che ci accompagna e ha generato con creatività intensa la Cristianità occidentale che, diventando missionaria, ha esteso i benefici del Vangelo a molti popoli e a molte aree del mondo sotto la forma “latina”.

Giovanni Paolo II diceva più o meno: una fede che non diventa cultura (nel senso non di biblioteche o diplomi ma di modi di vivere personali e sopratutto comunitari) è una fede che non è pienamente creduta, pienamente vissuta, pienamente pensata. L’uomo è un animale caratterizzato dalla cultura. La Tradizione è quindi molto importante. Ma in ogni tradizione si trova ciò che vale la pena conservare e ciò che può esser lasciato morire. E sopratutto, se si spegne il fuoco che genera la tradizione, questa diventa un oggetto da scaffale, da museo, da nostalgia sterile. Per quanto riguarda il popolo italiano nella sua globalità media (e tutto l’Occidente), la fede cristiana è diventata questo: un oggetto da museo, da scaffale, che riemerge forte solo in alcune circostanze, quando serve da punto di riferimento al senso religioso che si trova naturalmente nell’uomo, per esempio, nei casi di grave necessità e pericolo, come nel caso di questa pandemia. Passata l’evento particolare, il battesimo, al comunione, il matrimonio, ecc., passata la necessità o il pericolo, oppure non essendo stata ottenuta la grazia richiesta, questo tipo di “fede” non serve più a niente e ritorna sul suo scaffale.

Si tratta quindi di ripartire dal fondamento, dalla Roccia viva, da Cristo risorto.

Ma concretamente, quando potremo celebrare l’Eucaristia insieme? I Sacramenti fanno parte del Culto in Spirito e Verità di cui parla Gesù alla Samaritana (Giovanni 4). Il Papa ha parlato ieri del rischio di accontentarci di una fede virtuale. Il successo dei telepredicatori evangelici americani che hanno fatto tanti adepti e tanti soldi ne sono un esempio evidente, con gravi limiti per la maturazione della fede. La fede vissuta è comunità, comporta il rischio della comunità, comporta il rischio della convivenza, dell’aiuto, del conforto, del confronto, dello scontro con persone concrete. Il rischio di comunità virtuali, di persone sempre connesse ma non “presenti”, è serio. Per questo motivo, ancora ieri, ad una persona che mi ha chiesto se si può confessare per telefono, ho dovuto rispondere che per telefono si può fare un dialogo spirituale, pregare insieme, ma non ricevere l’assoluzione. Nell’impossibilità di ricevere l’assoluzione Dio provvede in altro modo, supplisce, ma non c'è il sacramento. Dall’altra parte, sempre ieri, abbiamo ricevuto una nota dalla CEI, dai vescovi italiani che dice che stanno in dialogo con il governo italiano per la fase 2, dopo il 3 maggio. È ragionevole pensare che, dopo questa data, potremo celebrare di nuovo con il popolo, rispettando doverose misure di precauzione.

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