104. Accade spesso che, in un determinato luogo, gli operatori pastorali
intravedano soluzioni molto diverse per i problemi che affrontano, e perciò
propongano forme di organizzazione ecclesiale apparentemente opposte. Quando
succede questo, è probabile che la vera risposta alle sfide
dell’evangelizzazione stia nel superare tali proposte, cercando altre vie
migliori, forse non immaginate. Il conflitto si supera ad un livello superiore
dove ognuna delle parti, senza smettere di essere fedele a sé stessa, si
integra con l’altra in una nuova realtà. Tutto si risolve «su di un piano
superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in
contrasto».[142] Altrimenti
il conflitto ci blocca, «perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e
la realtà stessa resta frammentata».[143]
105. In nessun modo questo significa relativizzare i problemi, fuggire da essi
o lasciare le cose come stanno. Le autentiche soluzioni non si raggiungono mai
annacquando l’audacia, sottraendosi alle esigenze concrete o cercando colpe
esterne. Al contrario, la via d’uscita si trova per “traboccamento”,
trascendendo la dialettica che limita la visione per poter riconoscere così un
dono più grande che Dio sta offrendo. Da questo nuovo dono, accolto con
coraggio e generosità, da questo dono inatteso che risveglia una nuova e
maggiore creatività, scaturiranno, come da una fonte generosa, le risposte che
la dialettica non ci lasciava vedere. Ai suoi inizi, la fede cristiana si è
diffusa mirabilmente seguendo questa logica, che le ha permesso, a partire da
una matrice ebraica, di incarnarsi nelle culture greca e romana e di assumere
al suo passaggio differenti modalità. Analogamente, in questo momento storico,
l’Amazzonia ci sfida a superare prospettive limitate, soluzioni pragmatiche che
rimangono chiuse in aspetti parziali delle grandi questioni, al fine di cercare
vie più ampie e coraggiose di inculturazione.
106. In un’Amazzonia multi-religiosa, i credenti hanno bisogno di trovare
spazi per dialogare e agire insieme per il bene comune e la promozione dei più
poveri. Non si tratta di renderci tutti più light o di
nascondere le convinzioni proprie, alle quali siamo più legati, per poterci
incontrare con altri che pensano diversamente. Se uno crede che lo Spirito
Santo può agire in chi è diverso, allora proverà a lasciarsi arricchire da
quella luce, ma la accoglierà dall’interno delle sue convinzioni e dalla sua
identità. Perché tanto più profonda, solida e ricca è un’identità, tanto più
potrà arricchire gli altri con il suo peculiare contributo.
107. Come cattolici possediamo un tesoro nelle Sacre Scritture che altre
religioni non accettano, benché a volte siano capaci di leggerle con interesse
e anche di apprezzare alcuni dei loro contenuti. Qualcosa di simile cerchiamo
di fare noi con i testi sacri di altre religioni e comunità religiose, dove si
trovano «quei precetti e quelle dottrine che […] non raramente riflettono un
raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini».[144] Abbiamo
anche una grande ricchezza nei sette Sacramenti, che alcune comunità cristiane
non accettano nella loro totalità o in un identico significato. Mentre crediamo
fermamente in Gesù come unico Redentore del mondo, coltiviamo una profonda
devozione verso sua Madre. Pur sapendo che ciò non avviene in tutte le
confessioni cristiane, sentiamo il dovere di comunicare all’Amazzonia la
ricchezza del caldo amore materno del quale ci sentiamo depositari. Infatti
concluderò questa Esortazione con alcune parole rivolte a Maria.
108. Tutto questo non dovrebbe farci diventare nemici. In un vero spirito
di dialogo si alimenta la capacità di comprendere il significato di ciò che
l’altro dice e fa, pur non potendo assumerlo come una propria convinzione. Così
diventa possibile essere sinceri, non dissimulare ciò in cui crediamo, senza
smettere di dialogare, di cercare punti di contatto, e soprattutto di lavorare
e impegnarsi insieme per il bene dell’Amazzonia. La forza di ciò che unisce
tutti i cristiani ha un valore immenso. Prestiamo tanta attenzione a quello che
ci divide che a volte non apprezziamo e non valorizziamo quello che ci unisce.
E quanto ci unisce è ciò che ci permette di essere nel mondo senza che ci
divorino l’immanenza terrena, il vuoto spirituale, il comodo egocentrismo,
l’individualismo consumista e autodistruttivo.
109. Come cristiani, ci unisce tutti la fede in Dio, il Padre che ci dà la
vita e ci ama tanto. Ci unisce la fede in Gesù Cristo, l’unico Redentore, che
ci ha liberato con il suo sangue benedetto e la sua risurrezione gloriosa. Ci
unisce il desiderio della sua Parola che guida i nostri passi. Ci unisce il
fuoco dello Spirito che ci spinge alla missione. Ci unisce il comandamento
nuovo che Gesù ci ha lasciato, la ricerca di una civiltà dell’amore, la
passione per il Regno che il Signore ci chiama a costruire con Lui. Ci unisce
la lotta per la pace e la giustizia. Ci unisce la convinzione che non si
esaurisce tutto in questa vita, ma che siamo chiamati alla festa celeste dove
Dio asciugherà ogni lacrima e raccoglierà quanto abbiamo fatto per coloro che
soffrono.
110. Tutto questo ci unisce. Come non lottare insieme? Come non pregare
insieme e lavorare fianco a fianco per difendere i poveri dell’Amazzonia, per
mostrare il volto santo del Signore e prenderci cura della sua opera creatrice?
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