Il Corno di Ariete annuncia il Tempo di Pentimento. |
Oggi è Yom
Kippur, per i nostri fratelli Ebrei. È la festa forse la più importante per loro,
e comunque di una grande ricchezza, determinante per l’impostazione della vita,
perché cade all’inizio del loro nuovo anno. Ho ripreso liberamente dal sito “Chabad.org”
una spiegazione di Yom Kippur. Uniamoci a loro in questa festa rivolgendo al Signore una fervente preghiera per la pace tra tutti i popoli della Terra.
Che Cos'è Yom Kippùr? Dal Sito
Chabad.org
Yom Kippùr (giorno
di Kippùr) è il giorno indicato nella Torà per espiare i peccati commessi nel
corso dell'anno sia nei confronti di Dio che nei confronti degli uomini. Quel giorno
cade dieci giorni dopo il Capodanno ebraico, il 10 del mese di tishrì, non a
caso.
Dopo aver
rotto le Tavole della Legge a causa del peccato del vitello d'oro, Mosè ascese
al monte Sinai per riprendere nuove tavole mentre il popolo ebraico si dedicava
alla preghiera e al pentimento. Dopo quaranta giorni Hashèm (letteralmente: “Il
Nome”, ossia Dio che gli Ebrei non nominano per rispetto) accettò la teshuvà (ritorno
alla vera natura, deformata dal peccato) del popolo ebraico e permise a Mosè di
portare ai figli di Israele i precetti appresi e poi trascritti sul Sinai. Mosè
scese dal monte proprio il 10 di tishrì; per questo motivo questa data fu
scelta da Hashèm come il giorno della teshuvà, cioè il giorno in cui Egli
accetta il pentimento del popolo ebraico.
A questo
proposito il Midràsh racconta: «Rabbi Eli'ezer ben Beterà disse: "Quaranta
giorni rimase Mosè Rabbenù (nostro Maestro) sul monte Sinai. Questi quaranta
giorni servirono a D-o per commentare e spiegare ogni passo della Torà. Poi, Mosè
prese i Dieci Comandamenti che aveva scritto e scese il 10 del settimo mese,
ossia il giorno di Kippùr, e portò le Tavole della Legge al popolo
ebraico"».
La mitzvà (il
precetto) principale di Yom Kippùr è quella della teshuvà che ha il potere di
annullare le colpe dell'uomo in quanto annulla le pene divine e cancella le
trasgressioni commesse.
Una forza
particolare risiede nella teshuvà dei bambini. Si racconta che il Maghìd di
Dubna dicesse ai bambini: «Da voi che siete giovani dipende la vita del popolo
ebraico, così come quella dei vostri genitori. I genitori hanno il dovere di
educare i figli, ma poi saranno questi ultimi a portare la vita ai genitori
grazie all'educazione ricevuta». Se nel giorno di Kippùr i figli riescono a
pregare con sentimento, se i bambini riescono anche loro a fare un po' di
teshuvà per le cose che hanno fatto, se sanno recitare un po' di tefillà,
significa che hanno ricevuto una buona educazione ebraica dai genitori, per i
quali si apriranno le porte della misericordia divina. È come se Hashèm
osservasse questi bambini e dicesse: «Se i figli riescono a pregare significa
che veramente i genitori hanno dato loro qualcosa di positivo».
Per cui,
anche se i bambini sono esentati dall'osservare le mitzvòt (precetti) fino a
tredici anni, i maschi, e dodici anni, le femmine, è bene che anch'essi
imparino a fare teshuvà fin da piccoli e a pentirsi per le azioni negative
commesse. È importante, soprattutto, insegnare loro a pentirsi di una cosa:
della loro mancanza di rispetto nei confronti dei genitori.
Secondo il
Midràsh, un'altra particolarità di questa ricorrenza è che essa è l'unico
giorno dell'anno in cui il Satàn (l'angelo del male) non può nuocere al popolo
ebraico. Infatti, il valore numerico della parola Satàn è 364, come i giorni
dell'anno solare meno uno, appunto Yom Kippùr.
Il Midràsh
racconta che Dio disse al Satàn: «"Tu non sei autorizzato a toccare il
popolo ebraico, ma ciononostante va' a vedere in che cosa è impegnato". Il
Satàn quindi andò e trovò che tutto il popolo ebraico era a digiuno e pregava.
Vide che tutti erano vestiti di colore bianco ed erano avvolti nel tallìt come
sono avvolti gli angeli serafini. Subito il Satàn tornò pieno di vergogna alla
Presenza Divina. Hashèm gli disse: "Cosa hai visto?" ed egli rispose:
"Ho visto che tutti loro sono come degli angeli serafini e io non posso
fare nulla". Allora, immediatamente, Hashèm lo annullò e annunciò al
popolo ebraico: "Vi ho perdonato"».
È abbastanza
ovvio che nello spirito e nei precetti di questa festa riscopriamo valori cristiani.
Ricordiamo anche che per Yom Kippur che va da tramonto a tramonto – quest’anno
dal tramonto del 28 settembre al tramonto del 29 – si digiuna in modo assoluto,
persino dall’acqua, sempre secondo le possibilità e la salute. È uno Shabbat
assoluto, cioè non si lavora e si dedica moltissimo tempo alla preghiera,
specialmente comunitaria in sinagoga, e il concetto di comunità radunata e di preghiera
comunitaria è molto importante per ottenere tutti insieme il perdono di Dio. Quel
giorno Dio accetta la teshuvà di tutto il popolo ebraico, di tutta la comunità
di quel posto, o, l’abbiamo visto, della famiglia guardando i bambini. Non deve
mancare nessuno. Chi manca non riceve il perdono, ma anche priva la comunità della
sua preghiera, rende più debole la teshuvà di tutti.
Credo che dobbiamo tutti anche riflettere sul fatto che i genitori saranno giudicati sull'educazione religiosa e umana che avranno dato ai loro figli.
Credo che dobbiamo tutti anche riflettere sul fatto che i genitori saranno giudicati sull'educazione religiosa e umana che avranno dato ai loro figli.
I precetti
di Yom Kippur sono dunque tre: Teshuvà, Tefillà, Tsedaqà, ossia tre vie che portano
Dio a concedere un anno “scritto e sigillato” nel bene. Ritornando nel più intimo
di se stesso (Teshuvà), legandosi a Dio fonte di vita con la preghiera (Tefillà)
e facendo dei doni ai bisognosi secondo giustizia (Tsedaqà), si trasformano la
promessa di Rosh-hashanà (capodanno) in un compimento opulento di Yom Kippur:
un anno di “dolcezza e abbondanza".
In questo, nel pieno rispetto delle
differenze di sensibilità e di concetti delle varie religioni, e tenendo conto che
la preghiera di quel giorno è accompagnata da un digiuno impegnativo, ritroviamo
la sequenza cristiana della preghiera che chiede, del digiuno che ottiene e
della misericordia che compie.
"l'shanà tovà techatemù ve tikatevù" "che il tuo nome possa
essere inscritto e serbato (nel libro della Vita) per un buon anno".
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