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venerdì 26 maggio 2023

IL SIGNIFICATO DELL'ICONA DELLA TRINITÀ DI A. RUBLEV. / PROF. OLEG VOSKOBOYNIKOV


Sulla recente decisione del Presidente Putin di restituire alla Chiesa Ortodossa russa l'Icona della Trinità di Andreï 
Rublëv, il professore Oleg Voskoboynikov, prestigioso medievista, ha scritto un commento in russo per Novaya Gazeta Evropa, e l'ha proposto tradotto in italiano da lui stesso a "ABOUT ART ON LINE". Questo mi ha tolto gli scrupoli dovuti alla traduzione google dal russo. Egli da anche un'interpretazione teologica articolata e in qualche punto nuova per me 
dell'Icona stessa, mi permetto di pubblicare questa parte, invitando a leggere tutto l'articolo che trovate al link sotto  (Grave decisione del governo russo : la famosa "Trinità" di Rublev tolta dalla galleria Tretiakov. - ABOUT ART ON LINE)

L’icona è stata dipinta (ammettiamo da Andreï Rublev) dopo il 1420, quando Masaccio lavorava sulla sua «Trinità» fiorentina. Ogni icona è una teologia a colori, un dogma incarnato nell’immagine, circa la vita di un santo, una festa della chiesa, un’immagine di devozione. Ma la «Trinità» appartiene ai capolavori della teologia iconica: con mezzi sorprendentemente laconici rivela la complessa e paradossale dottrina ortodossa della Trinità, inseparabile e inscindibile. Prendendo spunto dal racconto veterotestamentario dell’ospitalità offerta dal patriarca Abraamo ai tre viandanti, gli angeli del Signore, Rublëv ha omesso la maggior parte dei dettagli, conservando solo il motivo del pasto, con un accento sulla montagna, la quercia e la casa – attributi rispettivamente dello Spirito, del Figlio e del Padre. Il dialogo silenzioso degli angeli è costruito attraverso gli sguardi, e l’oggetto chiave di questo misterioso colloquio divino è da considerarsi la coppa sacrificale con la testa di vitello dentro. Il Figlio chiede al Padre se deve bere dal calice, il Padre, mentre benedice il calice, guarda lo Spirito Santo, trasmettendogli la sua volontà per dargli forza per l’ultima prova, la Crocifissione. Così, nell'eterno (perché privo di qualsiasi legame con l’evento concreto nel boschetto di Mamre) consiglio della Trinità, si decide il destino dell’umanità. E allo stesso tempo, questo eterno concilio si presenta come l’Eucaristia: le figure del Padre e dello Spirito Santo formano, con le loro sagome, il calice, al cui interno c’è il Figlio che va incontro alla morte.

Gli angeli di Rublëv hanno volti quasi identici, ma presentano alcune sfumature espressive, difficili però da interpretare: tutti hanno un’inclinazione del capo leggermente diversa, la figura centrale è leggermente più frontale rispetto alle figure laterali, ma con l’angelo a destra l’angelo centrale si sporge chiaramente verso l’angelo seduto a sinistra, facendolo così risaltare. Nessuno dei due guarda lo spettatore, il che è altrettanto importante: lo spettatore non è invitato al dialogo diretto, anche se canonicamente tale dialogo era concepibile, e lo conosciamo ad esempio a Patmos, alla fine del XII secolo. Le ali collegano le figure, che tuttavia non si toccano, e questo espediente potrebbe essere letto anche come un riflesso del dogma dell’inseparabilità e indivisibilità della Trinità. I tre volti sono ugualmente pieni di pace divina, celeste, incrollabile, ma di calore umano, quasi terreno: tale è la “scrittura” e apparentemente lo stato d’animo di Rublëv e dei pittori della sua cerchia. Anche rispetto a Teofano il Greco la differenza è evidente: basta confrontare la “Trinità” di Rublëv con l’affresco di Teofano nella chiesa del Salvatore sulla via di Sant’Elia a Novgorod (1378), un’immagine di enorme potenza spirituale, ma diversa nella sua struttura emotiva.

È probabile che tutte queste virtù della «Trinità» siano state apprezzate in Russia. Ma non ne abbiamo prove sicure prima del Cinquecento inoltrato. La grande scoperta di Rublev non sembra avere avuto un impatto significativo nel mondo ortodosso: mancavano pochi decenni alla caduta di Bisanzio. Tuttavia, la sua icona, come tutta la sua arte, è un prodotto – e quale! – della comune cultura ortodossa che unì alcuni slavi e greci durante l’ultimo rinascimento Paleologo di Bisanzio. Nel 1551 il cosiddetto Concilio di cento capitoli della Chiesa russa (Stoglavij), a Mosca, sancì la regola che la Trinità doveva essere dipinta alla maniera di Rublev, attestando così la correttezza della soluzione iconografica da lui scelta.

Il motivo del calice sacrificale è un fatto evidente a occhio nudo. Ha persino spinto alcuni storici dell’arte a considerare la «Trinità» come una sorta di icona eucaristica, riducendo tutto il suo significato alle pratiche liturgiche. Questo è probabilmente vero in parte, perché funzionalmente questa icona è un’immagine dell’iconostasi, cioè si presta subito all'occhio del credente, anche al momento della comunione che si effettua davanti all'iconostasi. In più, l’iconostasi russa, nella sua forma per così dire classica, si è formata proprio in quegli anni in quelle terre.  Ma, come ho cercato di mostrare, si tratta di qualcosa di più. Il significato ideologico e statale della Laura e della sua icona principale ha fatto sì che Ivan IV il Terribile le desse già una copertura argentea, oklad, che nascondeva completamente agli occhi tutto il mistero appena descritto. ...






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