Discriminazione razziale. |
Il gusto di riconoscere l’altro
218. Questo implica la capacità abituale di riconoscere
all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. A partire da tale
riconoscimento fattosi cultura, si rende possibile dar vita ad un patto
sociale. Senza questo riconoscimento emergono modi sottili di far sì che
l’altro perda ogni significato, che diventi irrilevante, che non gli si
riconosca alcun valore nella società. Dietro al rifiuto di certe forme visibili
di violenza, spesso si nasconde un’altra violenza più subdola: quella di coloro
che disprezzano il diverso, soprattutto quando le sue rivendicazioni
danneggiano in qualche modo i loro interessi.
219. Quando una parte della società pretende di godere di
tutto ciò che il mondo offre, come se i poveri non esistessero, questo a un
certo punto ha le sue conseguenze. Ignorare l’esistenza e i diritti degli
altri, prima o poi provoca qualche forma di violenza, molte volte inaspettata.
I sogni della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità possono restare al
livello delle mere formalità, perché non sono effettivamente per tutti.
Pertanto, non si tratta solamente di cercare un incontro tra coloro che
detengono varie forme di potere economico, politico o accademico. Un incontro
sociale reale pone in un vero dialogo le grandi forme culturali che
rappresentano la maggioranza della popolazione. Spesso le buone proposte non
sono fatte proprie dai settori più impoveriti perché si presentano con una veste
culturale che non è la loro e con la quale non possono sentirsi identificati.
Di conseguenza, un patto sociale realistico e inclusivo dev’essere anche un
“patto culturale”, che rispetti e assuma le diverse visioni del mondo, le
culture e gli stili di vita che coesistono nella società.
221. Questo patto richiede anche di accettare la possibilità
di cedere qualcosa per il bene comune. Nessuno potrà possedere tutta la verità,
né soddisfare la totalità dei propri desideri, perché questa pretesa porterebbe
a voler distruggere l’altro negando i suoi diritti. La ricerca di una falsa
tolleranza deve cedere il passo al realismo dialogante, di chi crede di dover
essere fedele ai propri principi, riconoscendo tuttavia che anche l’altro ha il
diritto di provare ad essere fedele ai suoi. È il vero riconoscimento
dell’altro, che solo l’amore rende possibile e che significa mettersi al posto
dell’altro per scoprire che cosa c’è di autentico, o almeno di comprensibile,
tra le sue motivazioni e i suoi interessi.
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