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Fedele cattolico "perseguitato" perché amante della tradizione. |
Il Cardinal Burke (uno dei quattro dei “Dubia” rivolti a Papa Francesco), ha chiesto a Papa Leone XIV di eliminare le restrizioni alla celebrazione della messa tradizionale in latino nelle diocesi, imposte da Papa Francesco, e di ristabilire il Summorun Pomtificum di Benedetto XVI per proseguire “il cammino che papa Benedetto XVI, in modo sapiente e amoroso, ha intrapreso per la Chiesa” e porre “fine alla persecuzione” dei fedeli cattolici che desiderano celebrare la messa secondo il rito romano più antico (fonte: Catholic Herald).
Il dissidio sulla Riforma generale della Liturgia voluta dai Padri del Concilio Vaticano II continua e molti fedeli del “Vetus Ordo” si professano “la Vera Chiesa”, coloro che celebrano la “Messa di sempre”, affermazioni chiaramente false (se qualcuno vuole approfondire sono a disposizione per farlo insieme). Ma per chi potrebbe essere turbato da alcuni discorsi, penso che basti ricordare la posizione chiara della Chiesa, in particolare di Giovanni Paolo II. Lo scisma di Mons. Lefebvre fu seguito nel giro di pochi giorni dalla Lettera “Ecclesia Dei Adflicta” (La Chiesa di Dio afflitta, 2 luglio 1988. Ecclesia Dei (2 luglio 1988) | Giovanni Paolo II ), e poi dalla Lettera Apostolica Vicesimus Quintus Annus (4 dicembre 1988) | Giovanni Paolo II , in occasione del XXV anniversario della Costituzione Conciliare "Sacrosanctum Concilium". Nei primi paragrafi diceva:
“Nell'attuare la riforma della liturgia, il Concilio realizzò, in maniera del tutto particolare, lo scopo fondamentale che si era proposto: «Far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; favorire tutto ciò che può contribuire all'unione di tutti i credenti in Cristo; rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa» («Sacrosanctum Concilium», 1).
2. Fin dall'inizio del mio servizio pastorale sulla Cattedra di Pietro, mi preoccupai di «insistere sulla permanente importanza del Concilio Ecumenico Vaticano II» e presi «il formale impegno di dare ad esso la dovuta esecuzione».
Ed aggiunsi che occorreva «far maturare nel senso del movimento e della vita i semi fecondi che i Padri dell'assise ecumenica, nutriti dalla Parola di Dio, gettarono sul buon terreno (cfr. Mt 13,8-23), cioè i loro autorevoli insegnamenti e le loro scelte pastorali» («Primus Nuntius ad universum orbem», die 17 oct. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978] 6). A più riprese ho poi sviluppato, su diversi punti, l'insegnamento del Concilio circa la liturgia (cfr. «Redemptor Hominis», 7.18-22; «Catechesi Tradendae», 23.27-30.33.37.48.53-55.66-68; «Dominicae Cenae»; «Dives in Misericordia», 13-15; «Familiaris Consortio», 13.15.19-21.33.38-39.55-59.66-68; «Reconciliatio et Paenitentia», 23-33), ed ho richiamato l'importanza che la costituzione «Sacrosanctum Concilium» ha per la vita del Popolo di Dio: in essa «è già rinvenibile la sostanza di quella dottrina ecclesiologica, che sarà successivamente proposta dall'assemblea conciliare. La costituzione «Sacrosanctum Concilium» che fu il primo documento conciliare in ordine di tempo, anticipa» («Allocutio ad eos qui interfuerunt Conventui Praesidum et Secretariorum Commissionum Nationalium de liturgia», 1, die 27 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2, [1984] 1049) la costituzione dogmatica «Lumen Gentium» sulla Chiesa e si arricchisce, a sua volta, dell'insegnamento di questa costituzione.
Dopo un quarto di secolo, durante il quale la Chiesa e la società hanno conosciuto profondi e rapidi mutamenti, è opportuno mettere in luce l'importanza di questa costituzione conciliare, la sua attualità in rapporto all'emergere di problemi nuovi e la perdurante validità dei suoi principi”.
Come mai allora il calo di partecipazione alla Messa e ai Sacramenti e gli abusi nelle celebrazioni che, purtroppo, si riscontrano in alcune parrocchie e chiese? I fedeli del rito preconciliare danno la colpa al Concilio stesso e alla sua Riforma. Tra i vari motivi invece c'è evidentemente una non fedele applicazione della Riforma e l'insufficiente formazione alla Liturgia di preti e laici. Il dovere della parrocchia non è di cercare nel vecchio la salvezza, ma di formare profondamente alla Tradizione viva della Chiesa.
Ora di è cominciato gia a contrastare papa Leone come gia con papa Francesco , ma noi cristiani non siamo proprio capaci di accettare le opere dello Spirito Santo , lo stesso che ha accompagnato i padri della chiesa nella stesura del concilio vaticano II
RispondiEliminaNon condivido quanto dice il Card.Burke la guerra liturgica sono i tradizionalisti a volerla, rifiutano il nuovo messale e vogliono continuare com il messale di Pio V.La. Chiesa ha deciso di riformare la liturgia attraverso il Concilio Vaticano II non di fare coesistere due messali romani.Il messale tridentino doveva essere abbandonato non coesistere con il nuovo.Nonne' positivo che coesistano due forme dello stesso rito, con due calendari liturgici diversi, con due ecclesiologie diverse, non favorisce l'unità' della Chiesa.Bastera' che i tradizionalisti la smettano di rifiutare il Vaticano II e la nuova messa e ogni problema finirà' ma la disubbidienza non può essere premiata.
RispondiEliminaNel suo primo discorso ai Cardinali l'indomani della sua elezione, Giovanni Paolo II diceva l'importanza del Concilio e la sua volontà di applicarlo, in particolare creando una nuova mentalità nel popolo di Dio, specialmente su due punti: Liturgia e Ecclesiologia. Da Paolo VI e Giovanni Paolo II venivano dati indulti affinché qualcuno in situazioni particolare possa continuare a celebrare, non secondo il Messale di Pio V ma secondo il Messale di Giovanni XXIII del 1962. Fino a Benedetto XVI che ha come permesso un doppio binario. Sono d'accordo con te che il voler celebrare secondo il Vetus Ordo è concretamente un rifiuto, forse inconsapevole, soprattutto da parte di molti laici, del Concilio Vaticano II e della sua ecclesiologia. La disobbedienza non può essere premiata.
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