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"L'Antico dei giorni" (Daniele 7,9 ss.) |
1.3. L’unità della storia della salvezza
18. Per comprendere bene la portata del Simbolo di Nicea-Costantinopoli, è importante comprendere l’unità del quadro della storia della salvezza che informa la professione di fede. In effetti, l’attribuzione della creazione o del “dono della vita” alle tre persone divine sottolinea l’unità tra l’ordine della creazione e l’ordine della salvezza. La divinizzazione comincia già con l’atto creatore, la storia della salvezza comincia già con la creazione. Contro il marcionismo e le diverse forme di gnosticismo, bisogna tener fermo che è lo stesso Dio che crea e che salva, ed è la medesima realtà creata, buona perché voluta da Dio, che viene restaurata nella redenzione. Così, la grazia non introduce una frattura ma offre un compimento, dal momento che è già all’opera nella creazione che ad essa è ordinata.
19. Allo stesso modo, l’economia della salvezza che si compie in Cristo non è presentata nel suo vero e pieno significato se non a condizione che si sottolinei la sua fedeltà alla rivelazione fatta al popolo di Israele, senza la quale la fede espressa a Nicea perderebbe la sua legittimità e la pienezza della sua dimensione storica. Evidentemente, la dimensione trinitaria e cristologica della fede nicena non è accettata dalla tradizione rabbinica ma, da un punto di vista cristiano, essa è compresa in maniera essenziale come una novità che si inscrive però in una continuità con la rivelazione affidata al popolo eletto. La dottrina della Trinità non significa certo una relativizzazione, quanto piuttosto un approfondimento della fede nel solo e unico Dio di Israele.[26]Abbiamo già sottolineato che i rimandi al Dio “uno” e “creatore del cielo e della terra” fanno eco all’Antico Testamento, dove Dio si rivela come Colui che crea per amore, entra in relazione per amore e chiede di essere amato a sua volta. Dio chiama Abramo suo “amico”, “colui che lo ama” (Is 41,8; 2Cr 20,7; Gc 2,23), e si intrattiene con Mosè «faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico» (Es 33,11). Allo stesso modo, la scelta dell’homooúsios è fatta precisamente per proteggere il carattere monoteista della fede cristiana: in Dio, non c’è altra realtà che la realtà divina. Il Figlio e lo Spirito non sono altro che Dio stesso e non degli esseri intermediari tra Dio e il mondo o semplici creature. Inoltre, la rivelazione fatta a Israele è testimonianza del Signore come dell’Uno e Unico che si mette in gioco, si dona e si comunica nella storia degli uomini. Il cristianesimo comprende l’Incarnazione come la pienezza inaudita del modo di fare (l’economia) del Dio di Israele, che scende ad abitare in mezzo al suo popolo, un modo di fare che si realizza nell’unione di Dio con un’umanità singolare, Gesù.[27]
[26] «La dottrina trinitaria può e deve essere vista non come appendice o indebolimento del monoteismo cristiano, bensì come la sua radicalizzazione»: K. Rahner, Unicità e Trinità di Dio nel dialogo con l’Islam, in Idem, Dio e rivelazione, Nuovi Saggi 7, Paoline, Roma 1981, pp. 155-177 (qui p. 161).
[27] Cf. M. Wyschogrod, Abraham’s Promise, Judaism and Jewish-Christian Relations, SCM Press, London 2006, p. 178.
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