Si sta sempre più diffondendo, anche tra noi, l’uso di far cremare il corpo
del caro defunto. Spesso le motivazioni coscienti sono comprensibili ragioni
economiche. Purtroppo, sappiamo che il business dei morti a Napoli ha aspetti
scandalosi. Ma c'è altro da dire? Quale è la posizione della Chiesa al
riguardo?
Leggiamo il Catechismo della Chiesa Cattolica al paragrafo 2300: “I corpi dei defunti devono essere trattati
con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione. La
sepoltura dei morti è un'opera di misericordia corporale; rende
onore ai figli di Dio, templi dello Spirito Santo.”; e al n.2301 : “La Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in
questione la fede nella risurrezione dei corpi.” Il Codice di Diritto
Canonico, invece, dice: “La Chiesa
raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi
dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia
stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana” (Canone 1176, § 3).
Infatti noi cristiani crediamo che Gesù è risorto nel suo vero corpo,
diventato glorioso. Questo è il fondamento della nostra fede e ha molte
conseguenze sul nostro modo di vedere la nostra vita terrena e il nostro corpo
in particolare. Invece, per esempio, gli induisti bruciano il corpo dei loro
defunti per facilitargli una futura reincarnazione, fino a quando, concluso il
ciclo di successive reincarnazioni la loro individualità si scioglierà nel
tutto universale e impersonale. Questo è chiaramente lontano dalla Fede
Cristiana. Purtroppo, oggi, il fai da te spirituale di molti e l’ignoranza
possono mescolare credenze non cristiane alla fede ricevuta dalla Chiesa.
D’altro canto, si sa che il fuoco non tocca l’anima e compie per il corpo ciò
che fa la natura soltanto in modo più veloce, e Dio onnipotente può far
risorgere i suoi figli allo stesso modo da un mucchio di ceneri o da un corpo
che si è decomposto naturalmente. Quindi, nessun
impedimento per la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede
nella risurrezione dei corpi!
Invece il problema della conservazione delle ceneri si presenta più
delicato. Il Direttorio su pietà popolare e liturgia afferma al n. 254: “si esortino i fedeli a non conservare in
casa le ceneri di familiari, ma a dare ad esse consueta sepoltura”.
Il motivo per
sconsigliare la conservazione privata delle ceneri è legato al valore simbolico
dell’inumazione o della tumulazione in rapporto alla fede nella risurrezione
finale. A questo si possono aggiungere i rischi di una elaborazione del lutto poco sana, per non dire feticistica: il tenere i resti del
defunto in casa rischia di non facilitare il processo di distacco. Non è
neppure da sottovalutare il rischio della mancanza di rispetto per il defunto,
le cui spoglie finiscono, con l’affidamento a una persona privata, per
risultare oggetto di proprietà di qualcuno che potrebbe disporne in maniera
impropria (fino al business della trasformazione di queste ceneri in “diamante”
da portare come ciondolo, ecc.). Infine, l’uso di disperdere le ceneri nella
natura è chiaramente mutuato da credenze estranee alla fede cristiana.
Pur non ostacolando la risurrezione, cremazione e dispersione delle ceneri
possono rivelare il disagio profondo che la nostra società vive nei confronti dell’esperienza
della morte e della vita ultraterrena. Qualche anno fa il filosofo Remo Bodei,
non credente , scriveva: “la fede nell’immortalità dell’anima e nella
risurrezione è legata al principio di individuazione tipico del cristianesimo, per cui l’individuo seguita a essere se stesso anche
dopo la morte. Il venir meno della sepoltura addita la perdita d’importanza
dell’individuo”. “Oggi – continuava – si muore soli, in ospedale. In quella
solitudine può crearsi uno spazio per negare se stessi o può sbocciare l’idea
verde che, se le mie ceneri sono disperse, la mia individualità può fondersi
con la potenza della natura. E la cremazione può essere sentita come antidoto
alla putrefazione: c'è una repulsione estetica per l’informe, per ciò che si
disfa”. Un altro filosofo non credente, Umberto Galimberti ha scritto: “Al di
là delle buone intenzioni vedo, nel gesto di privatizzazione delle ceneri, un
altro cedimento di quella dimensione comunitaria che nella tomba del cimitero
trovava il suo luogo di memoria e di pietà collettiva. E allora risultano due possibilità:
o l’oblio della dispersione delle ceneri, o la presenza incombente di una
memoria concretizzata in un loculo nella casa o nel giardino. Questo perché
siamo divenuti incapaci di quella memoria più grande che è la consapevolezza
che dobbiamo morire, e, all’interno di questa consapevolezza, capaci di vivere
discernendo che cosa davvero conta e cosa no, in ciò che nel corso della vita
ci affanna”.
Come cristiani, non possiamo che apprezzare queste appassionate analisi che
provengono da chi, pur non credente, guarda con sincera apprensione al mutato
sentimento dell’uomo contemporaneo nei confronti della morte, che, a ben
vedere, non è altro che il riflesso di come vede la propria esistenza. In tanti
casi e come fenomeno generale, ci sembra che la cremazione e sopratutto la
conservazione in casa delle ceneri o la loro dispersione sono segno di uno
smarrimento profondo del senso della propria vita e della propria morte.
Dobbiamo pure dire che la possibilità di business si è già diffusa anche nella pratica della cremazione, e non sempre nel modo migliore.
In conclusione diciamo quindi : Cremazione dopo il funerale?: non sarebbe
la scelta da preferire ma perché no? Conservazione delle ceneri?: Solo nel
Campo santo!
Le ceneri della mia mamma sono accanto ai resti di mio papà!Sono uno accanto all'altro e quando penso a loro non sono né cenere né ossa....sono Spirito ed è nello Spirito che li sento vicini e presenti in me! La decisione di cremare la mia mamma è stata una scelta "pratica" ma anche la conseguenza del fatto che andando al cimitero per il mio papà non ho mai sentito la sua presenza; quanto di terreno è di lui rimasto è in attesa della Parusia!
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