(continua dal 20 luglio 2020)
LA FEDE «Si difende la
razionalità e la soprannaturalità della fede, come ragionevole adesione a Dio e
alla sua Parola, sotto l’impulso della grazia.
«Finalmente si definisce la superiorità della rivelazione e della fede
sulla ragione e sulle sue capacità, dichiarando però che nessun contrasto può
esserci tra verità di fede e verità di ragione, essendo Dio la fonte dell’una e
dell’altra . . .
«La Costituzione Dei Filius definisce che la ragione, con le sue sole
forze, può raggiungere la conoscenza certa del Creatore attraverso le creature.
«La Chiesa difende così, nel secolo del razionalismo, il valore della
ragione».
Come vedete sono tutte questioni tuttora vivissime. Esse ci invitano a una
profonda riflessione sulle crisi religiose dei nostri giorni, dentro e fuori
della Chiesa: la questione della Fede è alla loro base e incalza tutto
l’ordinamento ecclesiastico per un verso, e tutta la mentalità filosofica e
spirituale del mondo moderno per l’altro verso. Nella grande tempesta, tavola
di salvezza è la parola del Concilio Vaticano I.
PRIMATO E INFALLIBILITÀ Le altre due verità,
sancite da quel Concilio, riguardano il Papato, al quale, auspice il Vangelo,
la parola dei Padri e dei Maestri, la storia della Chiesa, sono riconosciute
due somme prerogative, una relativa al governo della Chiesa: il primato
pontificio; l’altra relativa al magistero della Chiesa: l’infallibilità
pontificia. La definizione di questi due dogmi si ebbe con la promulgazione
della Costituzione Pastor Aeternus il 18 luglio 1870 presenti 535 Padri, che
l’approvarono all’unanimità, 83 assenti, dopo lunghe, fiere e agitate
discussioni (cfr. U. BETTI, La Costituzione dogmatica «Pastor Aeternus», Roma
1961). È una pagina drammatica della vita della Chiesa, ma non per questo meno
chiara e definitiva. Non è Nostro intento parlarne. Solo vogliamo qui far
notare come i due dogmi che il Vaticano I assicura al patrimonio della fede
della Chiesa rivestono anch’essi una superlativa attualità, perché l’uno,
quello del primato, si riferisce all’unità della Chiesa, a quell’unità, di cui
il Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, non è soltanto il vertice e
l’espressione, «il centro personificato di questa unità» come già diceva
Giovanni Adamo Moehler (Die Einheit in der Kirche, par. 67, Tubinga 1825), ma
altresì «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e
della comunione», come afferma il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 18),
facendo propria la dottrina del Vaticano I (cfr. Denz.-Sch. 3050, ss.). La
grande, la sofferta, l’attuale questione della ricomposizione di tutti i
Cristiani nell’unità voluta da Cristo (Io. 17) non può prescindere da questa
verità dello stesso Vaticano I. Lo dichiara il secondo : «Tutti gli uomini sono
chiamati a questa cattolica unità del Popolo di Dio, che prefigura e promuove
la pace universale . . .» (Lumen gentium, 13).
L’altro, quello dell’infallibilità, analogamente, tocca un punto decisivo
della vita della Chiesa, di tutti i Cristiani e del mondo, quello della Verità
rivelata. Tutti, oggi più che mai, vi siamo interessati. Voglia Cristo
illuminarci a tale riguardo, mostrandoci come tale dogma, ben compreso nei
limiti precisi e nei suoi termini consolanti, non è uno scoglio, contro il
quale si urta dentro e fuori della Chiesa il pensiero moderno, ma il faro
benefico che lo orienta alla sua irrinunciabile conquista: la Verità della
salvezza. O Figli carissimi, non badate all’uomo che vi parla, ma al povero e
umile Vicario di Cristo, che vi benedice.
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