La Diocesi di Gerusalemme ha celebrato 30 ordinazioni quest'anno. |
Dal Sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme riprendo la meditazione del vescovo, Mons. Pierbattista Pizzaballa per questa domenica:
XIV Domenica del Tempo Ordinario, anno A 5 luglio 2020
Nel
brano di Vangelo che ascoltiamo oggi (Mt 11,25-30) troviamo un dialogo tra Gesù
e il Padre: Gesù si rivolge al Padre, e gli parla.
Nei versetti precedenti Gesù ha preso atto
di un duplice rifiuto, il primo nei confronti di Giovanni Battista (Mt 11, 2-19)
e l’altro nei confronti delle sue opere (Mt 11, 20-24). Dentro questa
situazione di rifiuto, Gesù prega, e la sua non è una preghiera di lamento, né
vi troviamo parole di giudizio e di condanna per chi non lo accoglie. La
sua è una preghiera di lode, perché dentro questi eventi Gesù legge il disegno
del Padre, la sua opera, la presenza del Regno che non si arresta di fronte al
rifiuto degli uomini.
Qual è questo disegno di Dio?
Il disegno di Dio è quello di rivelarsi. Se Dio è amore, comunione, dono di sé, il
suo desiderio non può essere che questo, quello di farsi conoscere e amare. Non
potrebbe essere diversamente, perché non esiste amore che rimane chiuso in se
stesso.
Con l’incarnazione di Gesù questo disegno si compie:, infatti, non accade
più soltanto che il Padre conosce il Figlio e il Figlio conosce il Padre (cfr
Mt 11, 27), ma che questa reciproca conoscenza, questo scambio di vita viene
aperto a chiunque Gesù vorrà rivelarlo (Mt 11, 27). Gesù viene per parlare di
questo, per rivelare il Padre.
Dalle parole di Gesù, sembrerebbe che non tutti sono destinatari di
questa rivelazione, che qualcuno rimane escluso, e che altri, invece, sono in
qualche modo prediletti, introdotti in questo spazio di vita.
I primi ad entrare in relazione con Dio sono i piccoli, quelli che,
come Gesù, sanno accogliere il dono. Costoro hanno con Dio una certa
sintonia, una comunanza di sguardo e di vita: si capiscono a vicenda.
Chi invece non si è spogliato della propria onnipotenza, chi non ha
bisogno di nulla, invece, in qualche modo rimane fuori da questa comunione di
vita, rimane prigioniero di ciò che già possiede, non si apre al desiderio di
altro.
Per questo ogni situazione di stanchezza, povertà, bisogno è il luogo privilegiato dell’incontro con Dio: lì nasce la preghiera. Ed è ciò che Gesù dice nella seconda parte del vangelo di oggi, nei vv 28-30. Qui la preghiera non è più rivolta al Padre, ma ad ogni uomo che sulla terra pena e soffre.
A loro è rivolto l’invito di Gesù.
Quale? Quello di continuare a rimanere piccoli e poveri, marginali. Non
l’invito a diventare potenti e ricchi, ma a stare dentro la vita così come ci
sta Lui, con mitezza.
L’invito ad andare a Lui, proprio come Lui si è rivolto al Padre per
trovare luce e riposo.
Il riposo, nella Bibbia, non è mai solo un riposo fisico, perché ciò
che stanca l’uomo non è tanto la fatica, ma la solitudine, il vagare nella vita
senza meta e senza compagni. Ciò che stanca l’uomo sono le energie che
sprechiamo, le guerre inutili che ingaggiamo per cercare la vita nel posto
sbagliato. Il riposo dunque è solo nell’incontro con Dio, nella
relazione con Lui
Nelle parole di oggi troviamo un’eco delle Beatitudini: nello Spirito,
Gesù vede che nei poveri, negli esclusi, negli affitti, è presente il Regno di
Dio, e lì il Padre si rivela.
Non nelle altezze del successo e del potere, ma nelle bassezze della
fragilità umana, lì dove questa si apre per diventare preghiera, per accogliere
una presenza, per ascoltare una parola che ci chiama beati proprio quando a noi
sembrerebbe il contrario.
Questo è il paradosso del Vangelo.
+Pierbattista
Vangelo Mt 11, 25-30
Io sono mite e umile di cuore.
Io sono mite e umile di cuore.
Dal
vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
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