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martedì 23 gennaio 2024

CONTRIBUTO PERSONALE PER IL SINODO / 23 Gennaio 2024



Vorrei dare un mio contributo personale e discutibile dopo la lettura dei Documenti proposti dal Cammino Sinodale.


Mi ha colpito particolarmente “Date loro voi stessi da mangiare”. Un’ottima meditazione sulla moltiplicazione dei pani e il ruolo accanto a Gesù dei discepoli con molte integrazioni utili sulla spiritualità del prete. Un testo che, secondo me, rimarrà come punto di riferimento. 

Credo però che, come documento del Sinodo sull’argomento dei preti, sia incompleto, manchi di dimensioni necessarie per indicare una via per il futuro: 

in primis il discernimento vocazionale! E quindi anche una riflessione sulla comunità dove cresce normalmente la vocazione e il posto del prete in mezzo ad essa, sulla formazione in seminario, e in particolare riguardo alla scelta celibataria. Mi spinge a dire questo il fatto, tra l’altro, che in tutti questi anni e ancora di recente ci siano abbandoni appena dopo l’ordinazione presbiterale. 

Il sacerdote non è un Dottore della Legge con una buona formazione intellettuale (pur necessaria) ma innanzitutto un Presbitero, cioè un cristiano maturo dalla virtù provata, la quale genera la Speranza! Ora la virtù provata viene dalla pazienza, la quale nasce dalle tribolazioni (Romani 5,3-5). Inoltre il discernimento sul celibato per il Regno dei Cieli dei seminaristi, da quando studiavo alla Facoltà di Capodimonte, mi sembra cronicamente insufficiente, mentre questa scelta deve essere precedente e fatta a prescindere dall’elezione al presbiterato.

Infine  mi sembra che tutto il testo, malgrado i suoi pregi, rimanga ancora nell’ambito del regime di Cristianità e del Clericalismo. Ora la Cristianità è finita, e, se non per sempre, lo è per molto tempo (Papa Francesco). 


Per quanto riguarda gli altri documenti, malgrado tanti elementi positivi e apprezzabili, riassumo la mia impressione che può essere sbagliata: insufficiente coraggio e chiarezza. 

Non capisco che si possa commentare il Vangelo dei discepoli di Emmaus (ottima scelta) senza mettere però in risalto il contenuto centrale di questo brano, ossia il Kerigma. È vero che ogni Scrittura è ispirata, viva ed efficace e può essere un canale per arrivare alla fede per chiunque, ma è il kerigma che apre il senso delle Scritture;

non capisco che si dica che le nostre comunità devono assomigliare sempre di più alle comunità cristiane primitive senza precisarne le caratteristiche; 

che si parli di battezzati non sufficientemente evangelizzati senza dare i criteri che permettono di comprendere se uno è sufficientemente evangelizzato o meno (siamo tutti in cammino ma la casa che costruisco ha fondamenta solide oppure no);

che si possa parlare di catechesi di ispirazione catecumenale senza spiegare chiaramente cosa si intende. Anzi, non capisco che si possa parlare di catechesi di ispirazione catecumenale mentre il Magistero e in particolare il Catechismo della Chiesa Cattolica fa del Catecumenato vero e proprio un obbligo per tutti prima di ricevere il battesimo, oppure dopo se si è stati battezzati da piccoli;

che si parli di "paroikia", che non è biblico, senza parlare innanzitutto di “paroikoi”, che è biblico, cioè stranieri in questo mondo e pellegrini in cammino verso la Patria celeste attraverso la morte, ossia “parrocchiani”.

Credo che l’adattamento alla situazione locale del quartiere o del Decanato sia qualcosa di molto buono, anzi, doveroso, ma non da enfatizzare. Nel discernimento in comunione con il vescovo, è qualcosa di naturale se il parroco e la comunità hanno amore per le persone e coraggio per affrontare alla luce della Parola le sfide che presenta il territorio. 

Riguardo all’organizzazione delle parrocchie e delle strutture, esprimo solo un mio timore di fondo di fronte ad ogni rischio di istituzionalizzazione non necessaria.

L’esperienza generale dei battesimi, delle prime comunioni, delle cresime, dell’incontro con chi deve fare da padrino o madrina, della trasmissione della fede ai figli da parte dei genitori che si sono impegnati a farlo ma non ci pensano e spesso ne sono oggettivamente incapaci, delle preparazioni al matrimonio e della celebrazione dei matrimoni, del (non) accompagnamento spirituale dei morenti nelle proprie famiglie, dei funerali e dei trigesimi, anche di alcuni gruppi di preghiera, delle riflessioni sui Social di persone che frequentano le parrocchie, convince ampiamente che - in modo generale - non abbiamo evangelizzato. Cioè non abbiamo dato solide fondamenta alla fede delle persone né permesso un reale cambiamento di mentalità. Eppure la maggior parte di queste persone si sentono perfettamente cristiani, capaci di fare i padrini per esempio. Nessuno li ha disingannati. Spesso, invece, dialogando emergono dubbi sull’esistenza di Dio, la veracità della Bibbia, l’autorevolezza della Chiesa nel suo insegnamento che non sono venuti fuori o non sono state risolti prima di dare i sacramenti.  E l'evoluzione della società, della scuola e delle famiglie tendono rapidamente a deteriorare i valori cristiani rimasti. Molto spesso i valori rimasti sono soltanto valori sentimentali. Anche se sinceri non permettono di essere sale e lievito. Ci sono sicuramente anche valori umani preziosi ma che sono gli stessi che sono presenti tra gli umili e le persone sincere in ogni popolo e in ogni religione. 


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