Contributo alla bozza per la formazione permanente del Clero.
Per la
programmazione della Formazione permanente del Clero si è fatto circolare tra noi
preti una bozza chiedendo di portare suggerimenti. Già questo è veramente da
apprezzare e mi ha rallegrato moltissimo. Grazie.
Per conto mio ho fatto
queste riflessioni:
1.“Desiderio desideravi.”
Mi sono rallegrato
di trovare previsto un incontro sulla “Desiderio desideravi”. Un solo incontro però
mi sembra poco per un argomento e un documento di questa importanza. Non penso
che si possa relegare a un fatto di aggiornamento puntuale di un’ora per noi
specialisti che celebriamo Messa, per cui l’argomento ci interessa. Sulla
riforma generale della Liturgia voluta dal Concilio Vaticano II c'è tuttora in
corso una “guerra liturgica” che ha portato a uno scisma e a molti abusi gravi
come la celebrazione sul materassino pneumatico in mare a Crotone di questi
giorni. Se da noi non c'è nessuna guerra “dichiarata”(ringraziamo il cielo)
possiamo dire che c'è poca “formazione liturgica del (nel) popolo di Dio”. Cioè
lo scopo di questa Lettera Apostolica è ancora troppo disatteso nelle nostre
realtà ecclesiali. Tra tradizionalisti striscianti, gente rimasta ferma al
passato e gente più o meno completamente ignara di ciò che è la Liturgia, il
popolo santo di cui facciamo parte ha bisogno di formazione. Quella formazione
deve essere “alla Liturgia” e “dalla Liturgia” perché essa è “Culmen et fons!”
secondo la felice espressione di Sacrosanctum Concilium (“Attamen Liturgia est culmen ad quod actio
Ecclesiae tendit et simul fons unde omnis eius virtus emanat. …. “; “Nondimeno
la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo
stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico,
infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo,
si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al
sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli,
nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « in perfetta unione » [26];
prega affinché « esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede »
[27];
la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia
introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa.
Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come
da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella
santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla
quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”. S.C.
10 ).
Per cui il problema liturgico è un problema basilare di fede (Lex orandi, lex credendi), ed ecclesiale. Ogni tentazione di ritorno indietro, oppure ogni superficialità tocca l’unità della Chiesa e la concezione che essa ha di sé stessa, nonché la percezione che i fedeli ne hanno e della loro salvezza, e incide sul suo irradiamento evangelizzatore. Non a caso papa Francesco ha chiesto che:
“Ogni disciplina della teologia, ciascuna
secondo la sua prospettiva, deve mostrare la propria intima connessione con la
Liturgia, in forza della quale si rivela e si realizza l’unità della formazione
sacerdotale (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 16). Una
impostazione liturgico-sapienziale della formazione teologica nei seminari
avrebbe certamente anche effetti positivi nell’azione pastorale”. Infatti “Non
c’è aspetto della vita ecclesiale che non trovi in essa il suo culmine e la sua
fonte. La pastorale d’insieme, organica, integrata, più che essere il risultato
di elaborati programmi è la conseguenza del porre al centro della vita della
comunità la celebrazione eucaristica domenicale, fondamento della comunione. La
comprensione teologica della Liturgia non permette in nessun modo di intendere
queste parole come se tutto si riducesse all’aspetto cultuale. Una celebrazione
che non evangelizza non è autentica, come non lo è un annuncio che non porta
all’incontro con il Risorto nella celebrazione: entrambi, poi, senza la
testimonianza della carità, sono come bronzo che rimbomba o come cimbalo che
strepita (cfr. 1Cor 13,1). (“Desiderio desideravi” n. 37).
Non ricordo che nella formazione teologica a Capodimonte
fosse messa in evidenza questa intima connessione delle varie discipline con la
Liturgia. Spetta alla nostra formazione permanente.
2.La comunione è fondata sulla fede
La comunione tra
battezzati e in particolare nel collegio dei presbiteri nasce dalla fede. Anche
se sono necessari a livello pratico “strumenti e spazi di comunione” come scriveva
Giovanni Paolo II, il fondamento non riposa né su tecniche né su cameratismo o
coscienza di “gruppo particolare” che sarebbe clericalismo. Questi sono i
grandi mali della Chiesa. La nostra fede include la grazia, come cattolici, di
avere Pietro in mezzo a noi che ci aiuta a discernere i segni dei tempi e le
soluzioni da adottare per affrontare i problemi dell’oggi e confermarci nella
fede. La fede include il dovere di ascoltarlo.
“Ma
questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo
particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando
non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia
accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni
in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che
si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa
dottrina, o dalla maniera di esprimersi”. (Lumen Gentium 25).
3.“Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale”.
Papa Francesco
insiste molto sulla formazione dei fidanzati e delle famiglie. In un altro “suo”
documento recente “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale” si riprende
un tema che egli ha esposto fin dall’inizio del suo servizio petrino, su un
argomento di vitale importanza: Infatti “è urgente attuare concretamente quanto
già proposto in Familiaris Consortio n. 66 (“Su questa base
in seguito si imposterà, a largo respiro, la preparazione prossima, la quale -
dall'età opportuna e con un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale - comporta una più specifica
preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa rinnovata
catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto
necessaria,”) … per impedire il moltiplicarsi di celebrazioni
matrimoniali nulle o inconsistenti” (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio
2017). Come sappiamo Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II è del 1981.
Concretamente si è fatto poco o nulla nelle nostre parrocchie sotto questo
aspetto. Sono certo che non vorremo aspettare altri 40 anni prima di ascoltare
il Magistero e adempiere così ad un dovere di giustizia verso i fidanzati e le
coppie sposate.
4.Atti degli Apostoli.
Siamo in tempo
sinodale sulla sinodalità. Il Modello è sempre la Scrittura e in particolare
gli Atti degli Apostoli. Perché non leggere insieme – come formazione alla
Sinodalità – questo fondamentale libro?
5. “Ad Gentes”.
Secondo la mia
opinione ed esperienza la chiave magisteriale per comprendere oggi il processo
di evangelizzazione è il Decreto conciliare “Ad Gentes” che prospetta varie
tappe: preevangelizzazione e testimonianza, annuncio del kerygma e raduno della
comunità, catecumenato, battesimo, emergere dei carismi, autonomia della
comunità che può a sua volta evangelizzare come Chiesa adulta.
I Padri conciliari
aggiungevano che questo schema era valido solo nei paesi di prima
evangelizzazione dove la Chiesa non era ancora impiantata, non nelle nazioni di
antica tradizione cristiana. Poi Giovanni Paolo II parlò di Nuova
Evangelizzazione. Benedetto XVI riconobbe che nei paesi di antica tradizione
cristiana le nuove generazioni hanno bisogno di una Prima Evangelizzazione….
Leggere Ad Gentes
potrebbe aiutare molto. È anche breve.
6. Kerygma
Il kerygma è il
fondamento della nostra fede e della nostra vita di grazia in Cristo. Ora è
largamente ignorato. Non deve sorprendere, perché “di pancia” continuiamo ad
essere condizionati dall’educazione ricevuta e dall’ambiente che ci circonda.
Riguardo all’ambiente, la Cristianità che vigeva fino a mezzo secolo fa in
Italia con tutti i suoi valori eccellenti era però radicalmente insufficiente per
due motivi: si considerava che “nascevi cristiano”. Certo ci voleva il
battesimo. Ma fatto questo, eri cristiano. Quando sono arrivato in
Sicilia, il termine “cristiano” era
usato dai musulmani immigrati per dire “un uomo” a differenza delle bestie. Il
secondo motivo è che questo costume di cristianità era mescolato con molti
aspetti pagani e tante volte con un’impostazione generale pagana nel
rapportarsi a Dio, al Vangelo e ai santi. In ogni caso la Cristianità è finita
ha detto chiaramente papa Francesco. Ha aggiunto che forse ritornerà, senza che
si possa sapere quando e oggi dobbiamo tener conto che non siamo più in uno
stato di Cristianità. Ora vedo ancora molti riflessi di Cristianità nella vita
pastorale, quando, per esempio, si chiede coerenza ai fedeli o loro stessi
riconoscono la loro incoerenza riguardo alla pratica domenicale dicendo: “come
troviamo il tempo per tante cose dobbiamo trovare il tempo per la Messa la
domenica”, “è giusto, ci dobbiamo sforzare”…. Ma il pagano che chiede il
battesimo e la Prima Comunione per i suoi figli, il matrimonio in Chiesa e
latita la domenica a Messa non è incoerente; è perfettamente coerente con uno
schema religioso pagano! Papa Francesco insiste molto sul Kerigma. Infatti:
“Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più
consistente e di più saggio di tale annuncio.”. (Evangelii Gaudium n. 165, vedi
il Capitolo IV. Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, dove appare la
bellezza dell’annuncio e la logica della crescita accompagnata dalla premura della
Chiesa attraverso il catecumenato. Nella celebrazione del battesimo, anche dei
bambini, ci sono riti e segni del catecumenato. Ma nella pratica nessun bambino
fa un catecumenato dopo, né nessuna parrocchia lo propone, anche se i genitori
si impegnano, assieme ai padrini a educare il neobattezzato nella fede
cristiana. Abbiamo banalizzato il battesimo. Spesso si argomenta che il giorno
di Pentecoste circa 3000 uomini vengono battezzati immediatamente, e
soprattutto si ricorda l’eunuco della Regina Candace, Cornelio, il capo
carceriere di Filippi, Lidia, ecc.. Proprio per correggere alcuni battesimi
fatti troppo in fretta la Chiesa ha inventato in modo universale l’Istituto del
Catecumenato fin dal primo secolo cristiano. I presenti al discorso di Pietro
il giorno di Pentecoste erano in attesa del compimento delle Promesse di Dio,
erano tutti ebrei o proseliti, hanno visto il fenomeno della discesa dello
Spirito Santo, hanno ascoltato il discorso di Pietro, si sono sentiti
trafiggere il cuore, hanno chiesto aiuto… Anche tutti gli altri hanno una
storia di preparazione e di ricerca prima e ricevono il kerygma prima.
Questo sono temi che
mi sembra utile approfondire per ascoltare lo Spirito.
Il Signore ti dia
pace.
Dalla Evangelii Gaudium.
160. Il mandato missionario del Signore comprende l’appello alla crescita
della fede quando indica: «insegnando loro a osservare tutto ciò
che vi ho comandato» (Mt 28,20). Così appare chiaro che il primo
annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione.
L’evangelizzazione cerca anche la crescita, il che implica prendere molto sul
serio ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa. Ciascun essere
umano ha sempre di più bisogno di Cristo, e l’evangelizzazione non dovrebbe
consentire che qualcuno si accontenti di poco, ma che possa dire pienamente: «Non
vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
161. Non sarebbe corretto interpretare questo appello alla crescita
esclusivamente o prioritariamente come formazione dottrinale. Si tratta di
«osservare» quello che il Signore ci ha indicato, come risposta al suo amore,
dove risalta, insieme a tutte le virtù, quel comandamento nuovo che è il primo,
il più grande, quello che meglio ci identifica come discepoli: «Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12).
È evidente che quando gli autori del Nuovo Testamento vogliono ridurre ad
un’ultima sintesi, al più essenziale, il messaggio morale cristiano, ci
presentano l’ineludibile esigenza dell’amore del prossimo: «Chi ama l’altro ha
adempiuto la legge ... pienezza della Legge è la carità» (Rm 13,8.10).
«Se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai
il prossimo tuo come te stesso, fate bene» (Gc 2,8). «Tutta la
legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo
prossimo come te stesso» (Gal 5,14). Paolo proponeva alle sue
comunità un cammino di crescita nell’amore: «Il Signore vi faccia crescere e
sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).
162. D’altro canto, questo cammino di risposta e di crescita è sempre
preceduto dal dono, perché lo precede quell’altra richiesta del Signore:
«battezzandole nel nome...» (Mt 28,19). L’adozione a figli che il
Padre regala gratuitamente e l’iniziativa del dono della sua grazia (cfr Ef 2,8-9; 1
Cor 4,7) sono la condizione di possibilità di questa santificazione
permanente che piace a Dio e gli dà gloria. Si tratta di lasciarsi trasformare
in Cristo per una progressiva vita «secondo lo Spirito» (Rm 8,5).
Una catechesi
kerygmatica e mistagogica
163. L’educazione e la catechesi sono al servizio di questa crescita.
Abbiamo a disposizione già diversi testi magisteriali e sussidi sulla catechesi
offerti dalla Santa Sede e da diversi Episcopati. Ricordo l’Esortazione
apostolica Catechesi tradendae (1979), il Direttorio
generale per la catechesi (1997) e altri documenti il cui contenuto
attuale non è necessario ripetere qui. Vorrei soffermarmi solamente su alcune
considerazioni che mi sembra opportuno rilevare.
164. Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale
il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività
evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale. Il kerygma è
trinitario. È il fuoco dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa
credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione ci rivela e ci
comunica l’infinita misericordia del Padre. Sulla bocca del catechista torna
sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita
per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per
rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”,
ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con
altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è
l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad
ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la
catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti.[126] Per
questo anche «il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del
suo permanente bisogno di essere evangelizzato».[127]
165. Non si deve pensare che nella catechesi il kerygma venga
abbandonato a favore di una formazione che si presupporrebbe essere più
“solida”. Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più
consistente e di più saggio di tale annuncio. Tutta la formazione cristiana è
prima di tutto l’approfondimento del kerygma che va facendosi
carne sempre più e sempre meglio, che mai smette di illuminare l’impegno
catechistico, e che permette di comprendere adeguatamente il significato di
qualunque tema che si sviluppa nella catechesi. È l’annuncio che risponde all’anelito
d’infinito che c’è in ogni cuore umano. La centralità del kerygma richiede
alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo:
che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e
religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che
possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza
che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che
evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano
ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza,
accoglienza cordiale che non condanna.
166. Un’altra caratteristica della catechesi, che si è sviluppata negli
ultimi decenni, è quella dell’iniziazione mistagogica,[128] che
significa essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza
formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione
dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana. Molti manuali e molte
pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare dalla necessità di un
rinnovamento mistagogico, che potrebbe assumere forme molto diverse in accordo
con il discernimento di ogni comunità educativa. L’incontro catechistico è un
annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di
un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli
eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e
dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino
comunitario di ascolto e di risposta.
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