Lo Shofar o Tromba ebraica. |
Il kerygma è il fondamento della nostra fede e della nostra vita di grazia in Cristo. Ora è largamente ignorato. Non deve sorprendere perché, “di pancia”, continuiamo ad essere condizionati dall’educazione ricevuta e dall’ambiente che ci circonda. Riguardo all’ambiente, la Cristianità che vigeva fino a mezzo secolo fa in Italia era radicalmente insufficiente perché mescolata con molti aspetti e tante volte con una impostazione generale pagana nel rapportarsi a Dio al Vangelo e ai santi. In ogni caso la Cristianità è finita. Lo ha detto chiaramente papa Francesco ai Cardinali, aggiungendo che forse ritornerà, non si sa però quando e oggi dobbiamo tener conto che non siamo più in uno stato di Cristianità! Ora vedo ancora molti riflessi di Cristianità nella vita pastorale, quando, per esempio, si chiede coerenza ai fedeli o loro stessi riconoscono la loro incoerenza riguardo alla pratica domenicale: “volere è potere”, “come troviamo il tempo per tante cose dobbiamo trovare il tempo per la Messa la domenica”, “è giusto, ci dobbiamo sforzare”…. Ma il pagano che chiede il battesimo e la Prima Comunione per i suoi figli, il matrimonio in Chiesa, o di fare il padrino, e latita la domenica a Messa è perfettamente coerente con uno schema religioso pagano!
Anche per
questo papa Francesco insiste molto sul Kerygma. Infatti:
“Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più
consistente e di più saggio di tale annuncio.”. (Evangelii Gaudium n. 165, vedi
il Capitolo IV. Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, dove appare la
bellezza dell’annuncio e la logica della crescita accompagnata dalla premura
della Chiesa attraverso il catecumenato. Nella celebrazione del battesimo, anche
dei bambini, ci sono riti e segni del catecumenato. Ma nella pratica nessun bambino
fa un catecumenato dopo né nessuna parrocchia lo propone, anche se i genitori
si impegnano, assieme ai padrini a educare il neobattezzato nella fede cristiana.
Dalla Evangelii Gaudium:
160. Il mandato missionario del Signore comprende l’appello alla crescita della fede quando indica: «insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,20). Così appare chiaro che il primo annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione. L’evangelizzazione cerca anche la crescita, il che implica prendere molto sul serio ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa. Ciascun essere umano ha sempre di più bisogno di Cristo, e l’evangelizzazione non dovrebbe consentire che qualcuno si accontenti di poco, ma che possa dire pienamente: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
161. Non sarebbe corretto interpretare
questo appello alla crescita esclusivamente o prioritariamente come formazione
dottrinale. Si tratta di «osservare» quello che il Signore ci ha indicato, come
risposta al suo amore, dove risalta, insieme a tutte le virtù, quel
comandamento nuovo che è il primo, il più grande, quello che meglio ci
identifica come discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni
gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). È evidente che quando
gli autori del Nuovo Testamento vogliono ridurre ad un’ultima sintesi, al più
essenziale, il messaggio morale cristiano, ci presentano l’ineludibile esigenza
dell’amore del prossimo: «Chi ama l’altro ha adempiuto la
legge ... pienezza della Legge è la carità» (Rm 13,8.10). «Se
adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il
prossimo tuo come te stesso, fate bene» (Gc 2,8). «Tutta la
legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo
prossimo come te stesso» (Gal 5,14). Paolo proponeva alle sue
comunità un cammino di crescita nell’amore: «Il Signore vi faccia crescere e
sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).
162. D’altro canto, questo cammino di
risposta e di crescita è sempre preceduto dal dono, perché lo precede
quell’altra richiesta del Signore: «battezzandole nel nome...» (Mt 28,19).
L’adozione a figli che il Padre regala gratuitamente e l’iniziativa del dono
della sua grazia (cfr Ef 2,8-9; 1 Cor 4,7)
sono la condizione di possibilità di questa santificazione permanente che piace
a Dio e gli dà gloria. Si tratta di lasciarsi trasformare in Cristo per una
progressiva vita «secondo lo Spirito» (Rm 8,5).
Una catechesi kerygmatica e mistagogica
163. L’educazione e la catechesi sono al
servizio di questa crescita. Abbiamo a disposizione già diversi testi
magisteriali e sussidi sulla catechesi offerti dalla Santa Sede e da diversi
Episcopati. Ricordo l’Esortazione apostolica Catechesi tradendae (1979),
il Direttorio generale per la catechesi (1997) e altri
documenti il cui contenuto attuale non è necessario ripetere qui. Vorrei
soffermarmi solamente su alcune considerazioni che mi sembra opportuno
rilevare.
164. Abbiamo riscoperto che anche nella
catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che
deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di
rinnovamento ecclesiale. Il kerygma è trinitario. È il fuoco
dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo,
che con la sua morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita
misericordia del Padre. Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il
primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso
è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per
liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa
che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che
lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale,
quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve
sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in
tutte le sue tappe e i suoi momenti.[126] Per
questo anche «il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del
suo permanente bisogno di essere evangelizzato».[127]
165. Non si deve pensare che nella
catechesi il kerygma venga abbandonato a favore di una
formazione che si presupporrebbe essere più “solida”. Non c’è nulla di
più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio
di tale annuncio. Tutta la formazione cristiana è prima di tutto
l’approfondimento del kerygma che va facendosi carne sempre
più e sempre meglio, che mai smette di illuminare l’impegno catechistico, e che
permette di comprendere adeguatamente il significato di qualunque tema che si
sviluppa nella catechesi. È l’annuncio che risponde all’anelito d’infinito che
c’è in ogni cuore umano. La centralità del kerygma richiede
alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo:
che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e
religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che
possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza
che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che
evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano
ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza,
accoglienza cordiale che non condanna.
166. Un’altra caratteristica della
catechesi, che si è sviluppata negli ultimi decenni, è quella
dell’iniziazione mistagogica,[128] che
significa essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza
formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione
dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana. Molti manuali e molte
pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare dalla necessità di un
rinnovamento mistagogico, che potrebbe assumere forme molto diverse in accordo
con il discernimento di ogni comunità educativa. L’incontro catechistico è un
annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di
un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli
eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e
dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino
comunitario di ascolto e di risposta.
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