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mercoledì 27 luglio 2022

KERYGMA? DI CHE SI TRATTA?

 

Lo Shofar o Tromba ebraica.

Il kerygma è il fondamento della nostra fede e della nostra vita di grazia in Cristo. Ora è largamente ignorato. Non deve sorprendere perché, “di pancia”, continuiamo ad essere condizionati dall’educazione ricevuta e dall’ambiente che ci circonda. Riguardo all’ambiente, la Cristianità che vigeva fino a mezzo secolo fa in Italia era radicalmente insufficiente perché mescolata con molti aspetti e tante volte con una impostazione generale pagana nel rapportarsi a Dio al Vangelo e ai santi. In ogni caso la Cristianità è finita. Lo ha detto chiaramente papa Francesco ai Cardinali, aggiungendo che forse ritornerà, non si sa però quando e oggi dobbiamo tener conto che non siamo più in uno stato di Cristianità! Ora vedo ancora molti riflessi di Cristianità nella vita pastorale, quando, per esempio, si chiede coerenza ai fedeli o loro stessi riconoscono la loro incoerenza riguardo alla pratica domenicale: “volere è potere”, “come troviamo il tempo per tante cose dobbiamo trovare il tempo per la Messa la domenica”, “è giusto, ci dobbiamo sforzare”…. Ma il pagano che chiede il battesimo e la Prima Comunione per i suoi figli, il matrimonio in Chiesa, o di fare il padrino, e latita la domenica a Messa è perfettamente coerente con uno schema religioso pagano!

Anche per questo papa Francesco insiste molto sul Kerygma. Infatti:

“Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio.”. (Evangelii Gaudium n. 165, vedi il Capitolo IV.Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, dove appare la bellezza dell’annuncio e la logica della crescita accompagnata dalla premura della Chiesa attraverso il catecumenato. Nella celebrazione del battesimo, anche dei bambini, ci sono riti e segni del catecumenato. Ma nella pratica nessun bambino fa un catecumenato dopo né nessuna parrocchia lo propone, anche se i genitori si impegnano, assieme ai padrini a educare il neobattezzato nella fede cristiana.

 

Dalla Evangelii Gaudium:

160. Il mandato missionario del Signore comprende l’appello alla crescita della fede quando indica: «insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,20). Così appare chiaro che il primo annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione. L’evangelizzazione cerca anche la crescita, il che implica prendere molto sul serio ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa. Ciascun essere umano ha sempre di più bisogno di Cristo, e l’evangelizzazione non dovrebbe consentire che qualcuno si accontenti di poco, ma che possa dire pienamente: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

161. Non sarebbe corretto interpretare questo appello alla crescita esclusivamente o prioritariamente come formazione dottrinale. Si tratta di «osservare» quello che il Signore ci ha indicato, come risposta al suo amore, dove risalta, insieme a tutte le virtù, quel comandamento nuovo che è il primo, il più grande, quello che meglio ci identifica come discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). È evidente che quando gli autori del Nuovo Testamento vogliono ridurre ad un’ultima sintesi, al più essenziale, il messaggio morale cristiano, ci presentano l’ineludibile esigenza dell’amore del prossimo: «Chi ama l’altro ha adempiuto la legge ... pienezza della Legge è la carità» (Rm 13,8.10). «Se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene» (Gc 2,8). «Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14). Paolo proponeva alle sue comunità un cammino di crescita nell’amore: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).

162. D’altro canto, questo cammino di risposta e di crescita è sempre preceduto dal dono, perché lo precede quell’altra richiesta del Signore: «battezzandole nel nome...» (Mt 28,19). L’adozione a figli che il Padre regala gratuitamente e l’iniziativa del dono della sua grazia (cfr Ef 2,8-9; 1 Cor 4,7) sono la condizione di possibilità di questa santificazione permanente che piace a Dio e gli dà gloria. Si tratta di lasciarsi trasformare in Cristo per una progressiva vita «secondo lo Spirito» (Rm 8,5).

Una catechesi kerygmatica e mistagogica  

163. L’educazione e la catechesi sono al servizio di questa crescita. Abbiamo a disposizione già diversi testi magisteriali e sussidi sulla catechesi offerti dalla Santa Sede e da diversi Episcopati. Ricordo l’Esortazione apostolica Catechesi tradendae (1979), il Direttorio generale per la catechesi (1997) e altri documenti il cui contenuto attuale non è necessario ripetere qui. Vorrei soffermarmi solamente su alcune considerazioni che mi sembra opportuno rilevare.

164. Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale. Il kerygma è trinitario. È il fuoco dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del Padre. Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti.[126] Per questo anche «il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del suo permanente bisogno di essere evangelizzato».[127]

165. Non si deve pensare che nella catechesi il kerygma venga abbandonato a favore di una formazione che si presupporrebbe essere  più “solida”. Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio. Tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma che va facendosi carne sempre più e sempre meglio, che mai smette di illuminare l’impegno catechistico, e che permette di comprendere adeguatamente il significato di qualunque tema che si sviluppa nella catechesi. È l’annuncio che risponde all’anelito d’infinito che c’è in ogni cuore umano. La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna.

166. Un’altra caratteristica della catechesi, che si è sviluppata negli ultimi decenni, è quella dell’iniziazione mistagogica,[128] che significa essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana. Molti manuali e molte pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare dalla necessità di un rinnovamento mistagogico, che potrebbe assumere forme molto diverse in accordo con il discernimento di ogni comunità educativa. L’incontro catechistico è un annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta.

 

 

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