Lo stupore per il mistero pasquale:
parte essenziale dell’atto liturgico
24. Se venisse a mancare lo stupore per il
mistero pasquale che si rende presente nella concretezza dei segni
sacramentali, potremmo davvero rischiare di essere impermeabili all’oceano di
grazia che inonda ogni celebrazione. Non sono sufficienti i pur lodevoli sforzi
a favore di una migliore qualità della celebrazione e nemmeno un richiamo
all’interiorità: anche quest’ultima corre il rischio di ridursi ad una vuota
soggettività se non accoglie la rivelazione del mistero cristiano. L’incontro
con Dio non è frutto di una individuale ricerca interiore di Lui ma è un evento
donato: possiamo incontrare Dio per il fatto nuovo dell’incarnazione che
nell’ultima Cena arriva fino all’estremo di desiderare di essere mangiato da
noi. Come ci può accadere la sventura di sottrarci al fascino della bellezza di
questo dono?
25. Dicendo stupore per il mistero pasquale non
intendo in nessun modo ciò che a volte mi pare si voglia esprimere con la
fumosa espressione “senso del mistero”: a volte tra i presunti capi di
imputazione contro la riforma liturgica vi è anche quello di averlo – si dice –
eliminato dalla celebrazione. Lo stupore di cui parlo non è una sorta di
smarrimento di fronte ad una realtà oscura o ad un rito enigmatico, ma è, al
contrario, la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato
rivelato nella Pasqua di Gesù (cfr. Ef 1,3-14) la cui efficacia
continua a raggiungerci nella celebrazione dei “misteri”, ovvero dei
sacramenti. Resta pur vero che la pienezza della rivelazione ha, rispetto alla
nostra finitezza umana, una eccedenza che ci trascende e che avrà il suo
compimento alla fine dei tempi quando il Signore tornerà. Se lo stupore è vero
non vi è alcun rischio che non si percepisca, pur nella vicinanza che
l’incarnazione ha voluto, l’alterità della presenza di Dio. Se la riforma
avesse eliminato quel “senso del mistero” più che un capo di accusa sarebbe una
nota di merito. La bellezza, come la verità, genera sempre stupore e
quando sono riferite al mistero di Dio, porta all’adorazione.
26. Lo stupore è parte essenziale dell’atto liturgico perché è
l’atteggiamento di chi sa di trovarsi di fronte alla peculiarità dei gesti
simbolici; è la meraviglia di chi sperimenta la forza del simbolo, che non
consiste nel rimandare ad un concetto astratto ma nel contenere ed esprimere
nella sua concretezza ciò che significa.
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