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martedì 31 gennaio 2017

31 gennaio, SAN GIOVANNI BOSCO. CORRIAMO CON PERSEVERANZA NELLA CORSA CHE CI STA DAVANTI!

In parrocchia c'è una spiccata devozione e attenzione per san Giovanni Bosco e il suo metodo spirituale. C'è il parroco, cooperatore salesiano da sempre, e l’oratorio.  Da qualche anno c'è il gruppo dei cooperatori costituito dal nucleo delle ex-allieve del benemerito istituto delle salesiane, che hanno ripiegato sulla parrocchia quando le suore hanno lasciato la città. Per cui questa sera, in parrocchia, si celebra con grande solennità e affluenza di popolo la memoria di don Bosco con le letture proprie.

Questa mattina dalle suore ho celebrato con le letture del giorno e da lì sono partito per riflettere sulla figura gigantesca di don Bosco anche se la mia conoscenza di lui è troppo limitata.

- Un giorno ho chiesto ad un salesiano su quali pagine del Vangelo appoggiavano il loro carisma e mi rispose: “non c'è nessuna pagina veramente specifica anche se usiamo Gesù con i bambini nelle celebrazioni proprie di don Bosco, ma c'è la sollecitudine di Gesù per chi ha bisogno di aiuto e di amore e don Bosco si è incontrato col dramma dell’adolescenza abbandonata e sfruttata”. Don Bosco come segno che il Vangelo non è una legge ma uno Spirito che porta alla creatività infinita dello Spirito Santo e dei santi.

- Nella prima lettura contempliamo Gesù “che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori”. Anche don Bosco si è scontrato con tutte le forze del male. Il “grigio”, il cane che appariva per difenderlo nei momenti di pericolo fisico, un cane che non invecchiava mai e che sbucava dal nulla, ne è il segno. Il pericolo veniva anche dall’opposizione tenace del proprio vescovo, vissuta con grande sofferenza, in grande umiltà, costanza e obbedienza che non escludeva la libertà di spirito.
Spesso dimentichiamo la lotta spirituale dei santi. Spesso dimentichiamo che don Bosco, attraverso la scuola, l’apprendistato, i giochi e tutta la ricchezza del suo genio di educatore, vedeva innanzitutto i suoi allievi come “futuri cittadini del cielo”. Non diceva forse che le due cose maggiormente necessarie per l'educazione dei giovani erano la confessione e l'Eucaristia?
Il metodo preventivo di don Bosco viene spesso accolto come un qualsiasi metodo pedagogico, magari il più geniale, mentre è una spiritualità.

Un mio amico carissimo ha scritto questa mattina: "Io sono un allievo di don Bosco. In gioventù sempre con i salesiani!" 
Questa gratitudine dopo 50 anni dice molto di più di tante parole.

Prima Lettura  Eb 12, 1-4
Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.

lunedì 30 gennaio 2017

Lunedì IV settimana T. O. / NELLA FEDE TRASSERO VIGORE DALLA LORO DEBOLEZZA

Sorprende il contrasto tra la fede dei personaggi del passato ricordati nella Lettera agli Ebrei, che pur non conseguendo i beni loro promessi, non desistono in mezzo alle persecuzioni più atroci, e il rifiuto di Gesù da parte dei Geraseni che hanno visto un miracolo evidente compiuto da lui, quando liberò e pacificò un indemoniato furioso che si cercava in tutti i modi di domare, senza successo, nel tentativo forse di guarirlo, ma sopratutto di riportare la quiete in quella cittadina.

Nel suo racconto Marco dice che quando “Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura”. Ci aspetteremmo di trovare una manifestazione di gioia, di gratitudine e invece ecco la paura. Pregano Gesù di allontanarsi dal loro territorio senz’altro anche per il fatto dei porci annegati nel mare, sentendosi minacciati nel guadagno. Ma la paura nasce già prima, dal cambiamento di quest’uomo, come se fosse troppo per loro, li portasse in orizzonti troppo lontani dal loro vivere e pensare quotidiano, che non sanno gestire. Eppure Gesù è il Salvatore. Se è capace di risolvere un problema così grave e gravoso, può cambiare tutte le mie situazioni, rendere felice la nostra città. Ma non sanno affidarsi, non riescono nemmeno a tentare di camminare con lui se si devono lasciar guidare in terre sconosciute.

Mi pare che abbiamo lì un esempio di ciò che succede un po’ a tutti noi.

Sarà anche colpa della Chiesa ma mi impressiona il ricorso sempre maggiore agli psicologi e non a Dio. Quando fu ucciso padre Jacques Hamel, lessi che le suore presenti a quella Messa si affidarono (o furono affidate) a degli psicologi. È ovvio che una persona, chiunque essa sia, che si trova confrontata bruscamente a un evento così terribile rimane profondamente scioccata e deve essere circondata d’affetto, aiutata a parlare ecc.. Però una suora che vive la sua fede, che vive in comunità, che si unisce ogni giorno al mistero dell’uccisione e della vittoria sulla morte di Cristo non ha mica bisogno dello psicologo.

E così tanti nostri battezzati, appena il loro matrimonio, che è un sacramento di fede, passa attraverso difficoltà sentono il bisogno dello psicologo. Come se in quanto uomini e donne adulti e sopratutto in quanto credenti non avessero le armi per affrontare le difficoltà della vita. Come se la loro fede in Cristo crocifisso e la loro preghiera, la vita in comunità, non fossero sufficienti per affrontare le loro situazioni. La psicologia, che ha la sua ragione di essere e il suo posto nelle scienze umane e terapeutiche, non ha mai vinto la morte, non ha mai eliminato la sofferenza. E quando la psicologia vuole eliminare dalla sua visione la sofferenza e sopratutto la rinuncia (una vita senza la croce) crea dei danni enormi nelle persone. Più di un terapeuta costata che questa mania della psicologia, più che aiutare, crea ansia, crea malati dove non ci sono, sopratutto nei giovani in età scolastica. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM ad ogni edizione (siamo al DSM - 5) chiama malattia mentale nuove situazioni di disagio con altrettante nuove terapie molto redditizie per le industrie farmaceutiche.

Thierry Bizot, quel francese che racconta la storia del suo incontro con Gesù in “Catholique anonyme” (trad. it. “Cattolico anonimo” ed. Castelvecchi) riconosce che, tra i frutti della suo cammino con Cristo, naturalmente, dopo alcuni anni, c'è stato la decisione di abbandonare le sue sedute di analisi che seguiva da più di dieci anni.

Anche contro il demonio vero e proprio una vita di fede sincera in Gesù Salvatore vissuta nella Chiesa, dona la vittoria.



Prima Lettura   Eb 11, 32-40
Per fede conquistarono regni. Dio per noi aveva predisposto qualcosa di meglio.

domenica 29 gennaio 2017

IV domenica del T.O. LE BEATITUDINI: IL PIU' BELL'ATTO DI SPERANZA DELL'UMANITA'

Le Beatitudini - Beato Angelico
Pensavo di mettere come titolo: “le Beatitudini, chi potrà mai salvarsi?”, ma poi ho letto questa espressione: “il più bell'atto di speranza dell’umanità”.

Il Signore dice “Beati”! Ma, a chi? Ai poveri in spirito, agli operatori di pace, ai miti e misericordiosi, ai puri di cuore, ecc. Insomma un po’ a tutti quelli che non sono io.

Ma chi è veramente povero in spirito, mite, puro? Allora sorge nel cuore la stessa domanda di Pietro: in queste condizioni chi potrà mai salvarsi? Conosciamo la risposta di Gesù: impossibile agli uomini ma non a Dio. Ecco, la gratuità della salvezza.

Guardo attorno a me e sembra che il mondo non voglia saperne delle Beatitudini di Gesù. Il mondo crede alla guerra, al “occhio per occhio, dente per dente” quando non è la vendetta di Lamec, figlio di Caino, così che non ti allarghi (“Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette”. Genesi 4,24). Il mondo crede ai processi: ogni canale televisivo "normale" oggi ha la sua bella trasmissione quotidiana dove ci si esercita alla polemica di tutti contro tutti su tutto (Rendo però omaggio a chi sa presentare soluzioni di diritto improntate ai valori e con saggezza, ma il modello proposto è quello della rivendicazione sistematica e per lo più aggressiva dei propri diritti). Il mondo crede ai muri, alle espulsioni, all’egoismo nazionale, di classe, di casta, di sindacato, di generazione. Il mondo crede al “greed is good”, la brama di potere e di possedere è buona, fa girare il mondo, è … eterna. È eterna, anche se muori tu, tante volte divorato dalla stessa brama tua o di chi è più forte di te. È eterna anche se non ti da la vita eterna.

Se dopo duemila anni siamo ancora a questo punto, possiamo ancora credere alle Beatitudini?
I cristiani non sono forse quegli adolescenti romantici di cui parla l’islam, che vanno in giro la mano sul cuore, pieni di buoni sentimenti ma poi alla fine … Vedi la “generazione dei fiori” del ’68 che fine ha fatto. Ok, non andavano tanto a Messa, ma tra quelli pochi rimasti a Messa non è che la situazione sia proprio sempre esaltante. I cristiani non sono forse  “Edh-Dhalliyn”, gli Smarriti, di cui parla la prima sùra del Corano, El-Fatiha, l’ “Aprente”, e dalla cui via i credenti dell’Islam chiedono ogni giorno al loro Signore di preservarli.

Ma Cristo è risorto! Egli è le Beatitudini e sostiene milioni di uomini e donne in questo momento per una vita più degna, più giusta, una vita d’amore.
Se l’islam è la religione naturale dell’umanità come affermano i suoi seguaci (troppo araba come religione per esserlo veramente di tutta l’umanità, di tutti i popoli), se la religione di Trump (per dire solo un nome significativo) è la religione dell’umanità, Egli, Gesù, è la Speranza dell’umanità, Colui che ci può veramente offrire un’altra logica, aprire il cuore e gli orizzonti.

A questo punto bisogna dire ciò che è la Speranza Cristiana. Essa non è la speranza umana, quella ultima a morire, ma che fa che “chi di speranza campa, disperato muore”. Questa speranza umana è una scommessa sul futuro che vale più o meno quanto valgono i vari giochi d’azzardo, è l’ottimismo di principio, il "think pink" che delude mentre la Speranza non delude.
La Speranza cristiana è la fede rivolta al futuro. So perché ho creduto in Cristo, ho avuto dei memoriali della sua presenza nella mia vita e quindi, sapendo che egli è fedele e potente, attendo fermamente, SEGUENDOLO, che egli compia in me le sue promesse (vd. Romani 5,1-2 e seguenti) anche se per adesso sono come Abramo che vedeva morto il suo corpo ma credette che Dio gli avrebbe dato un figlio come aveva promesso.

Prima Lettura  Sof 2,3; 3, 12-13
Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero.

sabato 28 gennaio 2017

sabato III settimana T. O., PER FEDE

P. Sieger Koder - Abramo conta le stelle
(anche l'abbraccio di Giuseppe
con i suoi fratelli era di P. Koder)
Il brano di oggi della lettera agli Ebrei fa una riflessione impressionante sulla fede, dando molti esempi. La fede è la condizione necessaria per essere approvati da Dio ed esige molti affidamenti “al buio” e molti distacchi successivi. Abramo lasciò concretamente il suo paese, la sua parentela, le sue abitudini e “partì senza sapere dove andava”, “soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera”, “Nella fede morirono tutti costoro (Abramo e la sua discendenza), senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra.”

La fede non è solo rinuncia ma è anche doni straordinari, incredibili: Sara divenne madre finalmente e completamente fuori tempo massimo!

La fede però non è acquisita una volta per sempre e non solo deve essere rinnovata giorno dopo giorno, ma Dio vuole farla crescere attraverso distacchi sempre maggiori, sempre più profondi. Abramo accettò nell’obbedienza un’apparente terribile contraddizione di Dio stesso. Tutti rabbrividiamo quando pensiamo al sacrificio di Abramo e al suo dialogo interno che immaginiamo (come ce lo suggerisce la stessa lettera agli ebrei): “Ma come? Questo è il figlio della tua promessa! Tu me l’hai dato! Perché te lo vuoi riprendere? È assurdo, non esisti, Dio non ama, se era così era meglio non darmi niente … Dio sei un mostro, perché mi dovrei fidare? Meglio che faccia come dico io, in fondo se Dio mi ama approverà quello che voglio io…”

È impressionante anche la notazione che chi voleva avrebbe potuto tornare indietro, ma non lo fece perché non aveva più di mira questa patria di origine ma la promessa di Dio.

P. Sieger Koder - Gesù dorme nella barca
 durante la tempesta
Il Vangelo ci esorta ad avere una fede più forte e completa di quella di Abramo in vista di doni più grandi ancora.

Prima Lettura   Eb 11,1-2.8-19
Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.

venerdì III settimana T. O., L'IMPORTANZA DELL'OBBEDIENZA

Monte delle croci - Lituania
Mentre il Vangelo ci presenta un’immagine di riposo (il contadino dorma o vegli, il seme germoglia e cresce) il brano della lettera agli ebrei parla esplicitamente di “lotta grande e penosa”. Come conciliare le due cose? Notiamo che non si dice che il contadino non fa nulla. Quando è sveglio lavora nel campo. La più famosa parabola del seminatore dice che se non si tolgono i rovi, questi soffocano la pianta. La parabola di oggi ritorna su un concetto essenziale: non sei tu a creare la Vita Eterna in te, è un dono. E questo dono ha una dinamica che devi solo assecondare, rispettare.

Ma tutto questo ci lascia una visione di pace, non implica turbamento.

Perché allora la lettera agli ebrei elenca tanti particolari “penosi”? I credenti all’inizio, sorretti dalla fede hanno accettato “con gioia” tutte queste tribolazioni perché la fede operava in loro, gli dava forza e pace. La raccomandazione è di non venir meno nella fede, non abbandonare la franchezza (paressia), unica forza capace di far superare e vincere le difficoltà.

La condizione del credente, se non viene meno nella logica della fede è di vivere una vera pace nel profondo - la pace che il mondo non può togliere, dice Gesù - e di soffrire esternamente.
L’esempio migliore è quello di Pietro che vedendo Gesù camminare sulle acque del lago, dallo spavento naturale passa alla logica della fede: “Signore se sei tu, dì che io venga verso di te sulle acque”. E Gesù: “Vieni”. Pietro scopre di essere capace di camminare sulle acque, ma quando si affida al ragionamento solo umano di fronte al vento e alle onde, comincia subito ad affondare.

Dal fumetto "Quo vadis"
Un problema molto importante è che di fronte alle difficoltà siamo tentati o di abbandonare tutto oppure di continuare ostinatamente, sentendoci subito martiri, vittime di persecuzioni. Come faccio, in un caso e nell’altro, a sapere che faccio la volontà di Dio e non la mia?
- Il primo criterio è di cercare la pace interiore, vivendo una profonda preghiera di abbandono, chiedendo a Dio di fare in tutto la sua volontà nella mia vita.
- Il secondo criterio, che non è alternativo ma confermativo e talvolta l’unico che si presenti sicuro quando siamo agitati, è l’obbedienza. Per non fare la mia propria volontà devo fare su questo punto ciò che indica l’obbedienza alla guida legittima. La Chiesa esiste per questo, per guidarci sicuramente alla salvezza e preservarci dagli inganni del nemico.



Prima Lettura   Eb 10,32-39
Avete dovuto sopportare una lotta grande. Non abbandonate dunque la vostra franchezza.

giovedì 26 gennaio 2017

26 gennaio, SANTI TIMOTEO E TITO

Dopo la conversione di san Paolo, non a caso la Chiesa celebra la memoria dei suoi due discepoli più significativi, i vescovi (sorveglianti) Timoteo e Tito, frutto appunto del suo sì al Signore.
Noi celebriamo tutti i giorni la memoria del Signore Gesù. Lui solo è stato crocifisso per noi, per tutti. È l’unico Salvatore degli uomini e unico Mediatore tra Dio ed essi. Ma questa grazia ci è arrivata tramite altre persone che hanno creduto e hanno accettato di servire il regno di Dio con il dono della propria vita. Ci sono tanti mediatori in Gesù Cristo. Ci sono quelli che hanno pregato e non ci sono conosciuti. C'è la grande folla di testimoni che ci circonda (Ebrei 12,1) e di cui la Chiesa si arricchisce sempre di più e ci sono quelli che hanno toccato direttamente la nostra vita. Nel caso di Timoteo non c'è solo Paolo ma vengono esplicitamente ricordate la mamma Eunìce e la nonna Lòide.
Facciamo mente locale e ringraziamo Dio per coloro che ci hanno portato la fede, ci hanno reso credibile la Chiesa e il suo annuncio.

Paolo annuncia Gesù e non se stesso. Come Gesù che annunciò il Padre svuotandosi. Giovanni Battista dice: “lui deve crescere e io diminuire”.
Per questo Gesù, Paolo, Giovanni il Battista, Maria di Nazareth e tutti i santi sono esaltati e ricordati in benedizione.

Se abbiamo avuto dei messaggeri che ci hanno evangelizzato, concretamente, anche questa generazione ha bisogno di evangelizzatori concreti e questi siamo noi. Abbiamo una responsabilità enorme.
Chi non segue Gesù nella sua kenosis, nel suo svuotamento di sé, nella sua obbedienza, chi non segue Giovanni battista nel suo diminuire, chi non segue Maria nell’essere soltanto la serva del Signore che rinuncia a tutta se stessa perché si compia esclusivamente in lei la Parola di Dio, non può portare veramente frutti buoni. L’evangelizzazione non è un affare proprio.
C'è un fatto vero, molto significativo: un santo, frate cappuccino, fu mandato dal vescovo a fare un esorcismo in una cittadina lontana, e il suo superiore gli diede questa obbedienza: devi rimanere solo tre giorni lì e dopo torni in convento. Appena arrivato davanti alla persona indemoniata il frate disse con tono minaccioso: Ti avverto, sono qui per tre giorni e poi vado via! La persona indemoniata saltò sulla sedia e lo spirito maligno in lei disse urlando: Chi ti ha insegnato queste cose? – Lo Spirito Santo, fu la risposta. Infatti il frate non riuscì a liberare la persona posseduta, sembra per invidia di un altro prete, ma se ne andò finiti i tre giorni sicuro che la sua totale obbedienza faceva di più che ogni altro tipo di impegno che diventava troppo personale. Servi di Dio onnipotente.
Ma lì dove c'è retta intenzione e spetta a noi, bisogna avere il coraggio di annunciare, con mitezza e umiltà ma audacia.

Tt 1,1-5
A Tito, mio vero figlio nella medesima fede.

mercoledì 25 gennaio 2017

25 gennaio, VIII giorno, RICONCILIATI CON DIO (2 Cor 5,20)

Brueghel l'ancien - conversione di S. Paolo
1. Nella settimana di preghiera per l’Unità ci sono due santi importanti “sacrificati”. San Francesco di Sales il 24 e san Paolo il 25 gennaio. Penso che non se la prendono. San Francesco di Sales, oltre che fondatore delle Visitandine (presenti sui Camaldoli qui a Napoli), fu vescovo di Ginevra allora in mano ai calvinisti. Con la dolcezza e la sua passione per il dialogo ottenne molti frutti di conversione ma sopratutto lasciò un’impronta profonda. È certamente contento di essere inserito ogni anno nella settimana di preghiera per l’Unità. San Paolo poi è stato scelto proprio come un punto di riferimento fisso per il cammino di unità.

2. Siamo riconciliati con Dio. Dal Profeta Michea (1° lettura) apprendiamo che il segno della riconciliazione è la fine di tutte le guerre e l’avvento della pace. Dall’apocalisse di san Giovanni (2° lettura) vediamo un cielo e una terra nuovi e la città santa aprirsi per noi. Dal Vangelo ci viene dato l’annuncio della risurrezione di Gesù, fondamento della nostra fede.

Se Cristo è risorto, crediamo che tutte le promesse di Dio che ne scaturiscono o hanno preparato questo avvenimento centrale della Storia sono vere e si sono in qualche modo già realizzate. Quello che si è realizzato in Gesù Cristo si deve realizzare in noi.


S. Francesco di Sales
3. Il paradosso è che il Regno di Dio continua veramente a costruirsi, ma in noi questo avviene nella misura della nostra accettazione, della nostra collaborazione. Dice sant’Agostino: “il Dio che ti ha creato senza di te non ti giustificherà senza di te”. Proprio san Francesco di Sales confrontato alla teoria della predestinazione riafferma che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2:4) ma in modo degno di creature intelligenti e libere, cioè con la nostra libera collaborazione.

4. Dico in modo volutamente provocatorio: Non ti illudere: non trionferà il tuo pessimismo, il tuo scoraggiamento, il tuo puntare il dito contro Dio e gli altri. Non trionferà la morte e il decadimento. Trionferà la pace, il vino buono delle nozze di Cana, l’amicizia tra nemici dopo il perdono, la gioia del vivere nella città santa, la potenza della Risurrezione. Non esserne escluso! Cambia mentalità. Non essere un perdente, convertiti!


PRIMA LETTURA (Mi 4, 1-5)
In quei giorni regnerà la giustizia.

martedì 24 gennaio 2017

24 gennaio, VII giorno, L'ANNUNZIO DELLA RICONCILIAZIONE (2 COR 5,18-19)

Giuseppe venduto dai fratelli
La prima lettura ci offre anche questa volta un racconto meraviglioso. Giuseppe era il preferito tra i numerosi figli di Giacobbe. Perciò questi lo invidiavano e l’invidia si trasformò in odio. Il segno di questo odio può sembrarci banale: non riuscivano a parlargli amichevolmente (Genesi 37,4). Amici scrupolosi state attenti, ci possono essere molti motivi per cui non si riesce a parlare amichevolmente con una persona e che non sono odio: può trattarsi di paura, di timidezza, di emotività forte, ecc. Ma comunque bisogna tenere alta l’attenzione, perché oltre che un segnale di un disagio profondo che va affidato a Dio con umiltà e pazienza, può essere anche la via per lo svilupparsi di sentimenti veramente negativi. D’altra parte, parlare amichevolmente, cordialmente con tutti, è una condizione propizia per il Vangelo e un traguardo che dobbiamo desiderare in Dio.

L’odio dei fratelli li portò ad un enorme peccato: vendettero Giuseppe come schiavo a dei commercianti diretti verso l’Egitto. Lì, privato della sua famiglia, egli subì moltissime sofferenze, fin quando però divenne sovrintendente di tutto l’Egitto. In questa veste salvò la sua famiglia dalla carestia. Accolti molto bene assieme al papà, i suoi fratelli si installarono in Egitto. Però quando morì Giacobbe, i fratelli di Giuseppe ebbero paura perché non sentendosi più protetti dalla presenza del padre, temettero una vendetta da parte sua.

Giuseppe si riconcilia con i suoi fratelli
Ed ecco che invece Giuseppe li rassicura perché ha capito che è stato benedetto come strumento a servizio della sua famiglia e del progetto di Dio. Non può quindi conservare rancore ai suoi fratelli se Dio li ama e tutto è stato provvidenziale.
Ma c'è qualcosa di più. Giuseppe che è la persona offesa diventa stranamente non del tutto credibile perché i suoi fratelli sono prigionieri della logica di “chi la fa se l’aspetti”. Potrebbe accontentarsi di mantenere verso di loro solo una sua benevolenza concreta (non vendicarsi, non smettere di dare un aiuto materiale) ma non arriverebbe così a una vera riconciliazione famigliare. E invece Dio vuole che siano fratelli, come forse non sono mai stati. E quindi Giuseppe DEVE fare altri passi verso di loro, deve parlare al loro cuore, deve spogliarsi della sua condizione di persona offesa, dello status raggiunto presso il faraone e della sua posizione di benefattore, e chinarsi verso i suoi fratelli per CONSOLARLI.
Se non fa questo NON ANNUNCIA LORO LA RICONCILIAZIONE.

Papa Giovanni XXIII incontrando da Papa degli Ebrei
disse: sono vostro fratello Giuseppe (Roncalli).
Sulla foto è Nunzio a Parigi dopo la II Guerra Mondiale
Quante volte ci limitiamo nel nostro cammino di riconciliazione perché continuiamo ad avere paura, oppure a giudicare chi ci ha offeso, non comprendendo che chi fa il male è anche lui una vittima del male commesso. Il fatto che Giuseppe non si lasci condizionare da questi sentimenti è segno di un vero cammino spirituale da parte sua. Egli ha in sé i sentimenti di Dio. 
In questo campo sento tutti i miei limiti, mi sento di essere solo limite. Però ringrazio il Signore di aver capito un po' cosa significa la riconciliazione anche se devo tanto camminare.
Purtroppo conosco casi in cui dei sacerdoti hanno chiamato perdono ciò che non lo era ancora, impedendo ai loro fedeli di intraprendere fino in fondo il cammino della riconciliazione.


PRIMA LETTURA (Gen 50, 15-21)
Giuseppe si riconcilia con i fratelli.

lunedì 23 gennaio 2017

23 gennaio, VI giorno, DIO HA RICONCILIATO IL MONDO CON SE'

Quando ero bambino cercavo di capire da solo il Vangelo. Questo mi ha ostacolato molto perché spesso non trovavo le risposte mentre avrei potuto averle agevolmente chiedendo. Non fate lo stesso errore …

Altre volte mi son dato risposte sbagliate. Per esempio quando Gesù si lamenta perché i figli della luce sono meno scaltri dei figli di questo mondo (Lc 16:8) ricordo che io avevo capito che doveva essere così: per essere cristiani bisognava essere stupidi. Purtroppo mi è rimasto ancora parecchio di quella stupidità, anche dopo aver capito che il Signore vuole proprio il contrario. 
Un altro aspetto che ho messo molto tempo a comprendere è che il Signore è pieno di idee e cerca chi vuole realizzarle. Non ci frena ma ci spinge a vivere, ad agire, ci sprona a collaborare con lui alle sue iniziative innumerevoli. I santi dicono che il Signore corre e loro arrancano dietro a Lui, fino a chiamare sé stessi “totale impedimento” all’opera del Signore (mi pare che lo dica sant’Ignazio di Loyola). Il “senza di me non potete fare nulla” di Gesù non significa “non vi farò fare nulla”. Ieri parlavamo dell’ascolto dello Spirito Santo che ci offre continue sorprese e ci spinge al movimento.

Anche nell'opera di riconciliazione è stato ancora il Signore a prendere l’iniziativa, a “primerear”. Quello che ha fatto Lui, è sicuro, è saldo, è definitivo. Se ha riconciliato il mondo con sé, questo fatto per noi è solido come una Roccia. Quattromila anni di alleanza con Abramo, duemila anni di avventura con Cristo risorto nella Chiesa provano storicamente che la Parola di Dio si realizza veramente. Le letture di oggi ci mostrano Dio che prende l'iniziativa per salvare Abramo e offrirgli una discendenza, che manda i suoi angeli ai pastori nella notte di Betlemme, ecc.

Un altro punto che evidenziano le letture di oggi è quello dei destinatari della benevolenza di Dio. Ci siamo troppo abituati a vedere Abramo come un uomo particolarmente buono e nobile, quindi meritevole dell’amore di Dio. Essere sinceri e virtuosi non guasta. Ma la Bibbia non ha dato indicazioni circa la moralità di Abramo prima della chiamata. E il seguito del racconto mostra alcune sue debolezze anche se è caratterizzato da una grande generosità che gli viene dalla fede nella promessa di Dio. Quello che è sicuro è che, quando Dio gli parla per la prima volta, Abramo è un poveraccio. Non un povero ma un poveraccio perché sente tutto il suo fallimento per la sterilità della moglie. Allo stesso modo poveracci sono i pastori che si aspettano tutto tranne la visita di angeli che portino a loro per primi il più bel annuncio della Storia. 
I poveracci: questo sì è una scelta di Dio. Dio non sceglie i pastori perché sono folklorici, o perché sono ecologici, ma perché sono gli ultimi della società. Vedi santa Bernadetta a Lourdes che si meraviglia perché la Signora, alla Grotta (quel luogo serviva occasionalmente di discarica comunale) "si rivolge a lei come ci si rivolge ad una persona". Testuale! Le altre persone si rivolgevano a lei come ci si rivolge a un animale. Questa è la considerazione che Bernadette riceveva nel piccolo mondo della sotto prefettura di Lourdes e possiamo immaginare che percezione di sè poteva avere.

Se ti senti fallito, peccatore, senza più sbocchi, stai attento alle sorprese di Dio e quando si presenterà non dire: ripassa un’altra volta, ma: Signore, prendimi con te, aiutami ad accoglierti perché da solo non sono tanto capace.

Se incontri un cristiano non cattolico, uno che non conosce la verità come la conosci tu, accoglilo come un fratello. Ti arricchirà, ti porta la benedizione del Signore.


PRIMA LETTURA (Gen 17, 1-8)
Dio stabilisce un’alleanza con Abramo.

Dal libro della Genesi.

domenica 22 gennaio 2017

22 gennaio, V giorno, TUTTO E' DIVENTATO NUOVO (2 Cor 5,17)

Aleppo
Del brano che leggiamo nella prima lettura ho un ricordo indelebile. Ero in convento da pochi mesi e avevo tanto desiderio di fare bene. Un giorno, in cappella, volevo leggere qualcosa come avvio alla meditazione. Sul banco c'erano gli scritti di santa Teresina e la Bibbia. Chiesi al Signore cosa preferiva che io leggessi e sentii nel cuore di prendere la Bibbia. Invece io avrei preferito santa Teresina che trovavo più facile. Ma volevo fare la volontà del Signore e con un certo sforzo gli chiesi di nuovo cosa preferiva Lui e di nuovo nel mio cuore: prendi la Bibbia. Così feci e aprendola i miei occhi caddero proprio su: “toglierò da voi (da te) il cuore di pietra e vi (ti) darò un cuore di carne”. Io il cuore di pietra! Con tutto lo sforzo che avevo appena fatto e per tutto il mio impegno degli ultimi tempi mi sentivo di meritare un complimento e non certo questo! Adesso capisco meglio quello che mi diceva mio padre spirituale riguardo alla bellissima preghiera “Gesù mite e umile di cuore, donami un cuore simile al tuo!”. Diceva: “Questa preghiera è troppo grande per me e dico: “Signore, dammi oggi un cuore migliore”.

Invece a me manca ancora addirittura di pregare senza smettere mai.
Gli ebrei dicono che appena uno smette per più giorni di scrutare la Sacra Scrittura, il suo cuore inizia ad indurirsi. È lo stesso insegnamento di santa Teresa d’Avila che, pur invitando a non vivere negli scrupoli, raccomanda di non abbandonare mai la preghiera a lungo. È ciò che insegna san Bernardo al suo discepolo diventato Papa: “Se smetti di pregare e scrutare le Scritture, per via delle ‘maledette occupazioni’, il tuo cuore comincerà ad indurirsi e quando te ne accorgerai sarà già molto tardi”.

da Internet
Ma il Signore veglia e vuole la nostra salvezza più di noi stessi. È lui che mi ha detto: guarda che hai un cuore di pietra, ma lo cambierò e saprai amare. E io credo alla sua promessa. D’altronde quello che ha già fatto nella mia vita testimonia della sua fedeltà e potenza. Devo però accettare di lasciarmi guidare dallo Spirito. È come lasciarsi guidare dal vento. Immaginiamo di lasciarci guidare dal vento: è una cosa imprevedibile. Guardiamo una foglia molto leggera al vento, fa movimenti sempre nuovi. Se voglio seguire il vento volontariamente, devo essere sempre in ascolto. Ecco, essere sempre in ascolto, sempre disponibile alla voce dello Spirito di Dio!



PRIMA LETTURA (Ez 36, 25-27)
Ricevere da Dio un cuore nuovo.

sabato 21 gennaio 2017

21 gennaio, IV giorno, LE COSE VECCHIE SONO PASSATE

Rubens - Gli angeli spingono
Lot  e la sua famiglia a fuggire
Stiamo ascoltando la Buona Notizia attraverso il testo della seconda ai Corinzi sviluppato negli schemi di letture per la Messa di ogni giorno dell’ottavario.

Se uno è morto per tutti e tutti sono morti, non vivono più per se stessi, la conseguenza è che le cose vecchie sono passate.

Nella storia di Lot (prima lettura) gli angeli obbligano lui e la sua famiglia a staccarsi urgentemente da Sodoma che sta per essere travolta, facendo divieto di fermarsi nella valle e addirittura anche di solo guardare indietro.

Invece “la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale”. Mi ha sempre molto impressionato questa immagine. Anche perché non so perché la moglie di Lot ha guardato indietro. Se fu solo per curiosità, siamo (quasi) tutti in pericolo. Quello che è certo è che si ha l’impressione ogni tanto di incontrare “statue di sale”. Persone che sono come morte, ferme nel passato, nei risentimenti o nel dolore forte che porta alla depressione profonda, quando non si tratta di rancori, di desiderio di vendetta.

Comprendiamo perché gli angeli “presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore”. Se è necessario guardare al passato, alle proprie ferite per “riconciliarsi con la propria storia”, bisogna farlo al momento giusto. Ci sono situazioni in cui il passato è come un vortice negativo che rischia di inghiottire il dinamismo della vita e bisogna assolutamente uscirne, rompendo gli indugi, e talvolta la persona in pericolo non è consapevole o non ha la forza di staccarsi, può essere anche complice, per cui indugia, anche mentendo a se e agli altri. È un grande atto di misericordia del Signore quando c'è l’amico, l’avvenimento provvidenziale che aiuta a tagliare i legami di morte col passato. Raccomando a tutti il libretto così semplice e dico ispirato di Jean Vanier: “La depressione” (LDC) pubblicato in Francia tantissimi anni fa col titolo: “La dépression” (Ed. Le Livre Ouvert). Su undici capitoli, quello chiamato: “Quando è necessario inoltrarsi  nelle tenebre” è solo il penultimo.
Come può tagliare uno che è drogato, dipendente dal gioco d’azzardo, dalla pornografia, usuraio o avaro, irretito nel rancore o in giri di malavita? Lot che ha scelto Sodoma per egoismo lasciando lo zio Abramo, vecchio, correre nella steppa alla ricerca di pascoli, è complice della sua situazione. Eppure l’unica cosa da fare è scappare.

Ma in Cristo le cose vecchie sono passate. Lui taglia, Lui da la vita nuova. Lui è la Vita vera.

Raffaello - Lot lascia Gomorra
E in questo testo del Genesi c'è un particolare straordinario: Lot è debole ma si appoggia a Dio. Indugia e solo l’intervento deciso degli angeli lo fa uscire da Sodoma. Gli angeli gli impongono di andare sulle montagne. Ma lui sente tutta la sua fragilità e propone a Dio un termine meno lontano, Soar, una città ancora nella valle e Dio accetta, non ritira la sua grazia se uno dialoga e fa tutto quello che può o crede sinceramente di poter fare. La fede totale avrebbe certamente portato Lot sulle montagne. Sarebbe stato senz’altro meglio se pensiamo al seguito della storia di Lot e del popolo di Moab. Vediamo anche le altezze alle quali arriva san Paolo che non si ferma per questo ma continua a camminare (seconda lettura), le esigenze del discepolato secondo il Vangelo…. Però la fede di Lot, pur essendo così vacillante non è riluttante, e lo salva lo stesso attraverso la misericordia infinita di Dio per i suoi figli.


PRIMA LETTURA (Gen 19, 15-26)
Non voltarti indietro.

venerdì 20 gennaio 2017

20 gennaio - III° giorno, NON CONSIDERARE PIU' NESSUNO SECONDO I CRITERI DI QUESTO MONDO

Incontro ecumenico al Convento
Santa maria degli Angeli
di Marano
Si può considerare Gesù secondo i criteri di questo mondo (“secondo la carne” dice il testo greco originale). Per esempio c'è chi, da lontano o perché riceve aiuto economico dalla sua parrocchia, vede la Chiesa solo come un ente di beneficenza, c'è chi analizza l’agire della Chiesa solo in chiave politica: destra sinistra, conservatori progressisti, e ci sono tutti quelli, infine, ed è questo il punto centrale, che vedono in Gesù solo un grande uomo della Storia, un filosofo, uno capace di fare miracoli, ma non il Dio incarnato, non il Salvatore dell’Umanità, non il Kyrios, il Signore dato da Dio all’umanità.

Allo stesso modo possiamo guardare gli altri secondo l’apparenza.

Il profeta Samuele, nella prima lettura, ci consola e insieme ci mette in guardia molto fortemente. Pure lui, certamente un uomo dalla vita spirituale intensa (non lasciò andare a vuoto nessuna parola rivoltagli dal Signore), giudica secondo criteri troppo umani. Si è affezionato a Saul e anche dopo che il Signore lo abbia rigettato per la sua disobbedienza, Samuele continua a “piangere su di lui”. Forse Samuele è particolarmente sensibile all’aspetto fisico imponente che spesso caratterizza i leader, perché quando vede il primo figlio di Iesse, anche lui molto prestante, pensa che è lui la persona idonea a sostituire il re Saul. Invece Dio sceglie Davide, l’ultimo, che il proprio papà ha lasciato nei campi a pascolare ritenendolo non degno di interesse. Degno di meditazione: certamente Davide bambino avrà sofferto da questa situazione, e Dio l’ha permessa ma non lo aveva abbandonato. Tutto faceva parte del suo piano.

San Paolo sulla via di Damasco ha un rovesciamento totale di vita, di valori. Era molto religioso, pregava tanto, conosceva tutta la legge, osservava tutti i precetti, ma era completamente fuori strada! (seconda lettura)

I nostri muri riportati a Cristo
diventano la sua Croce che salva
Nel Vangelo, con il discorso delle Beatitudini, Gesù insegna quali sono i valori del Regno. Pur giurando sulla Bibbia penso che nessun Presidente americano, nemmeno quello che ha giurato oggi, abbia alla base del suo programma politico le Beatitudini.  Eppure se Gesù è il Signore dovremmo avere realmente alla base della nostra vita il suo Vangelo. Almeno come criterio di giudizio costante e unico. Invece…

“La regola e vita dei frati minori è questa – scrive san Francesco nella Regola – cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. …”. In noviziato scherzavamo prendendo il libro del Vangelo e rigirandolo tra le mani, guardandolo da ogni lato, dicevamo: “Ecco, io osservo il Vangelo, anzi, lo ammiro”. 

Siamo osservanti del Vangelo o solo osservatori?


III GIORNO
Non considerare più nessuno con i criteri di questo mondo (2 Cor 5, 16)
1 Samuele 16, 1.6-7
Il Signore non guarda l’apparenza, ma il cuore
Salmo 19 [18], 8-14
Gli ordini del Signore sono chiari: aprono gli occhi
Atti 9, 1-19 
Saulo diviene Paolo
Matteo 5, 1-12
Le beatitudini

giovedì 19 gennaio 2017

19 gennaio, VIVERE NON PIU' PER SE STESSI. II° GIORNO UNITA' DEI CRISTIANI


(In questo ottavario seguiamo le letture del libretto preparato dalla “Pro Unione” a questo scopo. Vedi le citazioni date sotto).

Ieri le letture mettevano l‘accento sulla gratuità e l’universalità della salvezza in Gesù mediante la fede. Ed ecco che, oggi, nella prima lettura il profeta Michea ricorda i doni e le offerte che la Bibbia indicava come necessarie per il culto e per l’espiazione dei peccati. È vero, Michea dice che questo, in fondo, è superato: Dio non si può comprare, Egli vuole il cuore, la conversione della persona. In questo modo la tradizione antica è superata non contraddetta. Il sacrificio di espiazione aveva il senso di quantificare la gravità del peccato. Un offerta di farina per un peccato lieve, un animale piccolo per un peccato più grave, ecc. Come le multe, come le sanzioni penali (solo che nella Bibbia al povero si chiedeva meno che al ricco). Gli altri doni da portare al Tempio servono a evitare che l’uomo si chiuda nell’atteggiamento passivo e egoistico di chi deve solo ricevere, diremmo un atteggiamento “assistenzialista”. Invece riaprendo la mano e il cuore l’uomo comincia ad assomigliare sempre di più a quel Dio e Padre che tutto dona largamente senza contare. Questi modi di fare biblici hanno una loro legittimità pedagogica. Così si devono educare i figli: se sbagli ti devo mettere misericordiosamente di fronte alle tue responsabilità, ti devo far prendere coscienza del danno e del dolore che hai provocato. Se ricevi devi condividere, devi restituire a Dio e al povero, devi imitare Dio che ti dona tanto. Non devi vivere solo per te.

Ma Michea indica che questo metodo deve compiersi in un modo più alto. L’offerta quantificata quindi limitata del passato viene sostituita dall’offerta di tutto se stesso, dalla disponibilità di tutta la vita al regno di Dio.

Ma viviamo così? È una questione fondamentale. In ballo c'è l’immagine di Dio, un Dio diverso totalmente. Qual è il tuo Dio? Qual è la sua natura? Forse il tuo Dio è quello di uno che, volendo la vita e la vita in abbondanza, cerca di realizzarsi, di svilupparsi. Per questo vuoi avere, arricchire in soldi, in sapere, in relazioni, potere, sicurezza, titoli e onorificenze, godimento. Condividi questo più o meno con la tua famiglia, con gli amici o i complici, con il clan al quale appartieni. Non potendo raggiungere tutto con le proprie forze ecco che ti rivolgi a Dio che ha tutto e chiedi la grazia, le grazie. Credi al potere della preghiera e pensi di essere esaudito moltiplicando le parole o trovando la formula privilegiata, magica, aggiungendo in offerta un dono, un sacrificio, un fioretto. Se sei costante forse vuoi il “trattamento di favore”. E Dio esaudirà, aggiungerà doni, mosso e commosso dalla preghiera fedele, dal sacrificio, dai gesti di umiltà che esaltano la sua grandezza divina, lusingato nella sua vanità divina, terrà conto della formula più efficace che qualcuno ti avrà indicato, sarà costretto dalla formula che ripeterà la maga. Questo Dio non è il Dio cristiano.

Il Dio cristiano ha creato per amore gratuitamente, vuole donare la vita e la vita in abbondanza ai suoi figli, fino a colmarli, abbracciarli, farli avvicinare al sul Volto. Non vuole nulla in cambio. Non sa cosa farsi del moltiplicare delle parole, dei doni e dei sacrifici, dei noviluni e delle novene, dei fioretti e delle preghiere “indulgenziate”, particolarmente efficaci, ecc..  Ama gratuitamente i suoi figli.

Il Dio cristiano non si manifesta come Colui che ha tutto. Certo ha tutto ed è onnipotente, ma si manifesta come Colui che si spoglia, fino alla povertà assoluta della croce, della morte in croce. Egli si fa povero per arricchirci con la sua povertà. Ed è ricco veramente colui con he si fa povero come Lui. Chi perde la sua vita per causa sua la troverà.

“Dio non vuole sacrificio ma solo gratitudine e abbandono”. (santa Teresina)

Ma allora dici che sono sbagliate le novene e altre preghiere della Chiesa? No, non sono sbagliate ma sono spesso usate male. Se Dio vuole solo gratitudine e abbandono come dice santa Teresina, Dottore della Chiesa, ciò che mi aiuta ad aprire il cuore a Dio e ad abbandonarmi a Lui è buono. In particolare vuole che lo ascoltiamo (è lo Shemà che gli ebrei ripetono più volte al giorno: Deuteronomio 6,4ss), che facciamo silenzio, che leggiamo e meditiamo la sua Parola, che impariamo a comprendere l’opera che compie nella nostra vita, che rispondiamo al suo amore. Se le nostre preghiere sono un modo per “salvarci” e non perdere la nostra vita per causa di Cristo, seguendolo con fiducia nel suo cammino di spogliazione, sono inutili e perfino dannose.


II GIORNO
Vivere non più per se stessi (2 Cor 5, 15)
Michea 6, 6-8
Il Signore ha insegnato agli uomini quel che è bene
Salmo 25 [24], 1-5
Fammi conoscere le tue vie, Signore mio salvatore
1 Giovanni 4, 19-21
Noi amiamo Dio, perché Egli per primo ci ha mostrato il suo amore
Matteo 16, 24-26
Chi è pronto a sacrificare la propria vita per me la ritroverà