"Ricordiamoci che è la Chiesa, Corpo di Cristo, il soggetto celebrante, non solo il sacerdote". Da questa frase e da tante altre ci rendiamo conto
35. È necessario trovare i canali per una
formazione come studio della liturgia: a partire dal movimento liturgico molto
in tal senso è stato fatto, con contributi preziosi di molti studiosi ed
istituzioni accademiche. Occorre tuttavia diffondere queste conoscenze al di
fuori dell’ambito accademico, in modo accessibile, perché ogni fedele cresca in
una conoscenza del senso teologico della Liturgia – è la questione decisiva e
fondante ogni conoscenza e ogni pratica liturgica – come pure dello sviluppo
del celebrare cristiano, acquisendo la capacità di comprendere i testi
eucologici, i dinamismi rituali e la loro valenza antropologica.
36. Penso alla normalità delle nostre assemblee che si radunano
per celebrare l’Eucaristia nel giorno del Signore, domenica dopo domenica,
Pasqua dopo Pasqua, in momenti particolari della vita dei singoli e delle
comunità, nelle diverse età della vita: i ministri ordinati svolgono un’azione
pastorale di primaria importanza quando prendono per mano i fedeli battezzati
per condurli dentro la ripetuta esperienza della Pasqua. Ricordiamoci sempre
che è la Chiesa, Corpo di Cristo, il soggetto celebrante, non solo il
sacerdote. La conoscenza che viene dallo studio è solo il primo passo per poter
entrare nel mistero celebrato. È evidente che per poter condurre i fratelli e
le sorelle, i ministri che presiedono l’assemblea devono conoscere la strada
sia per averla studiata sulla mappa della scienza teologica sia per averla
frequentata nella pratica di una esperienza di fede viva, nutrita dalla
preghiera, di certo non solo come impegno da assolvere. Nel giorno
dell’ordinazione ogni presbitero si sente dire dal vescovo: «Renditi conto di
ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della
croce di Cristo Signore». [10]
37. Anche l’impostazione dello studio della
Liturgia nei seminari deve dare conto della straordinaria capacità che la
celebrazione ha in se stessa di offrire una visione organica del sapere
teologico. Ogni disciplina della teologia, ciascuna secondo la sua prospettiva,
deve mostrare la propria intima connessione con la Liturgia, in forza della
quale si rivela e si realizza l’unità della formazione sacerdotale (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 16). Una
impostazione liturgico-sapienziale della formazione teologica nei seminari
avrebbe certamente anche effetti positivi nell’azione pastorale. Non c’è
aspetto della vita ecclesiale che non trovi in essa il suo culmine e la sua
fonte. La pastorale d’insieme, organica, integrata, più che essere il risultato
di elaborati programmi è la conseguenza del porre al centro della vita della
comunità la celebrazione eucaristica domenicale, fondamento della comunione. La
comprensione teologica della Liturgia non permette in nessun modo di intendere
queste parole come se tutto si riducesse all’aspetto cultuale. Una celebrazione
che non evangelizza non è autentica, come non lo è un annuncio che non porta
all’incontro con il Risorto nella celebrazione: entrambi, poi, senza la
testimonianza della carità, sono come bronzo che rimbomba o come cimbalo che
strepita (cfr. 1Cor 13,1).
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