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domenica 11 marzo 2018

CHI CREDE IN CRISTO HA VINTO LA MORTE? / IV Domenica Quaresima

Gesù e Nicodemo - Mathias Stomer (1600 - 1650).


Il popolo si è così tanto allontanato dalla Saggezza che gli è stata consegnata al Sinai e dalla fedeltà all’Alleanza con l’Unico, da comportasi in tutto come i popoli pagani circostanti. Il Signore gli ritira la sua protezione e permette ai suoi nemici di sottometterlo e portarlo in esilio. Lì, nella sofferenza, si risveglierà la nostalgia per la Terra dei Padri e per la Legge degli Antenati.
Infatti da questa Prima Lettura tiriamo  alcuni insegnamenti molto preziosi.
Dio non condanna per sempre. Passato un certo tempo, che serve da maturazione, da presa di
coscienza per l’insieme del Popolo, Egli lo fa ritornare (1° lettura). Ma, dalla Bibbia, sappiamo che c'è molto di più. I castighi di Dio non sono mai espiatori, sono sempre medicinali, cioè servono alla crescita, servono al progresso spirituale. Infatti, privati dal Culto consueto di sacrifici di animali e grandi riti nel Tempio, il Popolo scopre la forza della Parola di Dio. Quando siamo nell’aridità non  scoraggiamoci, non ritorniamo troppo su noi stessi, ma lasciamoci guidare perché, qualunque sia la causa di questa prova, Dio fa concorrere al nostro bene questo momento della nostra vita.

Infatti Gesù invita Nicodemo nel Vangelo a guardare all’Uomo fatto peccato per noi, al serpente innalzato nel deserto per avere la salvezza. Gesù ci invita a guardare il nostro stesso peccato attraverso gli occhi di Dio. Può mai bastare solo questo? Non è forse troppo facile? Sì, basta solo questo! Il mio peccato riconosciuto e lo sguardo d’Amore di Dio bastano per salvarmi. L’immensità dell’amore di Dio che si esprime nell’abisso della croce scelta liberamente per me e la consapevolezza che il mio peccato, i miei rifiuti di amare, ne sono la causa, raggiungono il mio essere nel suo più profondo e bastano a cambiare tutta la mia vita, tutto il mio sistema di valori, a distruggere le giustificazioni del mio egoismo e apre un varco nella mia paura della morte. Se guardo la croce, come posso ancora giudicare il fratello, come posso ancora essere egoista o lamentarmi, come posso non perdonare chi mi ha fatto del male, come posso temere se Cristo crocifisso è Risorto e costituito Signore ... ?

Beato chi guarda a Cristo crocifisso per amore e si lascia espropriare da se stesso. San Paolo faceva tante cose buone e ne voleva fare sempre di più, sempre più perfette. La Croce di Cristo ridusse al nulla tutta la sua costruzione, e egli cominciò a non vivere più per se stesso ma per Cristo che lo aveva amato e aveva dato se stesso per lui. Questo annullamento non rende vane le buone opere, ma ci da la loro vera radice, ci immerge nell’amore infinito. Paolo non pensa più a se stesso, non pensa più al passato, ma vive il presente che è Cristo, proteso verso il futuro che è ancora Cristo. Nella seconda Lettura è questa sua esperienza che egli ci comunica, assicurandoci che vale per tutti noi.

San Paolo araldo della gratuità della Buona Notizia, dovrà combattere sempre contro la tentazione o la pretesa delle persone, anche i membri delle sue comunità, di cercare la giustificazione totalmente o in parte in se stessi, nel proprio sforzo e nelle proprie qualità. Guardiamo costantemente alla Croce e tutta la nostra vita cambierà.


Prima Lettura  2 Cr 36,14-16.19-23
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore.

Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi 
[i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re 
[dei Caldei] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 136
Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Seconda Lettura
  Ef 2,4-10

Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Canto al Vangelo
  Cf Gv 3,16
Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

   
Vangelo  Gv 3,14-21
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.


Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
 


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