La Settimana annuale di preghiera per l’Unità dei cristiani
continua la sua opera nelle varie comunità cristiane, cattoliche e non, e lentamente
aiuta uomini e donne che credono in Cristo come loro unico Salvatore, ad
incontrarsi, a parlarsi, a stimare i doni gli uni degli altri.
Il tema scelto questo anno è la l’abolizione della schiavitù
(nei Caraibi), sperimentata e compresa come un dono che Dio ha fatto a quanti hanno
accettato di lottare per la libertà. Da qui la scelta del “Cantico di Mosè” come
testo base. Ma se gli Israeliti non avessero voluto essere liberati, avessero
preferito rimanere schiavi, Dio poteva liberarli?
Nello sviluppo del tema, le
letture di oggi riportano alla stessa riflessione, ma ad un livello superiore e
quindi ancora più delicato: Mosè ricorda infatti al
popolo che, dopo aver accettato di attraversare il mare verso la libertà, si è spaventato di completare il viaggio entrando nella Terra Promessa e ha rifiutato la
proposta di Dio. (Deuteronomio 1, 19-35)
Il risultato è che questo popolo continuerà una vita non più schiava
allo stesso modo di prima, sì, ma meschina, girando e rigirando fra le montagne brulle del
Sinai alla ricerca di magri pascoli fino a quando invecchierà sterilmente e si spegnerà malinconicamente, morendo nel deserto.
Il Vangelo invece ci
propone il cieco di Gerico (Luca 18,35-43) che sentendo che passa Gesù è pronto
a qualsiasi cosa pur di avvicinarlo, incurante di chi lo vuole bloccare. Beato chi
non lascia passare invano il Signore.
Allora Mosè e gli
Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
«Voglio cantare in
onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo
e cavaliere. Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio
Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare! Il Signore
è prode in guerra, si chiama Signore. I carri del faraone e il suo esercito ha
gettato nel mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mare Rosso. Gli
abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra, Signore, terribile
per la potenza, la tua destra, Signore, annienta il nemico; con sublime
grandezza abbatti i tuoi avversari, scateni il tuo furore che li divora come
paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come
un argine, si rappresero gli abissi in fondo al mare. Il nemico aveva detto: Inseguirò,
raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la
spada, li conquisterà la mia mano! Soffiasti con il tuo alito: il mare li
coprì, sprofondarono come piombo in acque profonde. Chi è come te fra gli dèi,
Signore? Chi è come te, maestoso in santità, tremendo nelle imprese, operatore
di prodigi? Stendesti la destra: la terra li inghiottì. Guidasti con il tuo
favore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con forza alla tua santa
dimora. Hanno udito i popoli e tremano; dolore incolse gli abitanti della
Filistea. Già si spaventano i capi di Edom, i potenti di Moab li prende il
timore; tremano tutti gli abitanti di Canaan. Piombano sopra di loro la paura e
il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché
sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti
sei acquistato. Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo
che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore,
hanno fondato. Il Signore regna in eterno e per sempre!». Quando infatti i
cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare,
il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti
avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare. Allora Maria, la profetessa,
sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con
i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: «Cantate
al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e
cavaliere!». Esodo 15:1-21
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