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venerdì 26 gennaio 2018

DAVIDE, SANTO O PECCATORE? / venerdì III sett. T.O., santi Timoteo e Tito

Davide rimette la lettera a Uria - Pieter Lastman 1611.
Oggi le suore (e anche e-prex) non hanno tenuto conto che la memoria dei santi Timoteo e Tito ha letture proprie. Per cui abbiamo ascoltato il racconto drammatico e molto ben conosciuto del peccato di Davide con Betsabea, la moglie di un suo ufficiale ittita.

Colpisce che se l’adulterio è riconosciuto come un peccato grave, e lo è, non sembra preoccupare l’aggressione unilaterale del paese vicino con morti e devastazioni. Anzi, è primavera, il “tempo in cui i re sogliono andare in guerra”, come i contadini fanno la semina. Tutto normale. Oggi sarebbe inaccettabile, anche se ci sono ancora – nel 2018, non secoli fa – accordi infami tra potenti che calpestano totalmente la dignità e la vita delle persone. Però questi accordi tra corrotti oggi si devono almeno rivestire di paroloni giustificatori.


Comprendiamo allora che la morale evolve, si affina nel cammino di un popolo, e nel cammino di ogni singola persona. C'è chi va verso la luce e compie il maggior bene possibile in quella circostanza e nelle proprie condizioni fisiche ma anche spirituali, e chi, invece, non si vuole muovere, oppure “è già arrivato”, già sa tutto, già vede tutto. Infine c'è chi cammina verso le tenebre, sempre più prigioniero, come quel tale che aveva molti beni e si allontanò da Gesù perché non voleva abbandonarli. Aveva visto la luce con Gesù e rifiutandola se ne andò triste. Ci vuole sempre coraggio per camminare.
Il peccato non è trasgredire una norma, un precetto, ma rifiutare di amare, essere indifferente alla voce e alla presenza del Signore, rifiutare di obbedire al suo Spirito. È chiaro anche che la norma è oggettiva e non me la invento. Sarebbe relativismo, mentre la morale si appoggia sulla scoperta, sull’esperienza della natura di Dio e su quella dell’uomo creato da Dio a sua immagine.

Così, per il progresso nella conoscenza dei valori, e per il cammino personale e di tutta la Chiesa, un Papa può essere santo e non aver fatto tutto bene, non aver capito tutto, e un altro Papa può avere qualcosa da aggiungere o da correggere all’opera del Papa precedente.

Per la santità infatti è fondamentale l’Alleanza con Dio, il “camminare umilmente con il tuo Dio”, il dialogo con Lui, il fare la sua volontà. È quello che non ha fatto Davide nel suo peccato, ma che egli farà quando questo suo peccato gli sarà messo dinanzi. In questo Davide è santo, perché ha camminato al cospetto di Dio e, quando non lo ha fatto, ha cercato poi rifugio nella misericordia di Dio, dando frutti degni di conversione.

Molto facilmente escludiamo Dio dalla nostra stessa ricerca di perfezione, o dalla nostra ricerca di soluzione per i nostri problemi, oppure ci avviciniamo a Lui solo per servirci di Lui. Questo, non è fede, anche se sai che Dio esiste, è una vita di peccato.


2 Samuele 11, 1 – 17.
L'anno dopo, al tempo in cui i re sogliono andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a devastare il paese degli Ammoniti; posero l'assedio a Rabbà mentre Davide rimaneva a Gerusalemme. Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall'alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto. Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: «È Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita». Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa.
La donna concepì e fece sapere a Davide: «Sono incinta». Allora Davide mandò a dire a Ioab: «Mandami Uria l'Hittita». Ioab mandò Uria da Davide. Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Uria: «Scendi a casa tua e làvati i piedi». Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una portata della tavola del re. Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. La cosa fu riferita a Davide e gli fu detto: «Uria non è sceso a casa sua». Allora Davide disse a Uria: «Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?». Uria rispose a Davide: «L'arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua anima, io non farò tal cosa!». Davide disse ad Uria: «Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire». Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente. Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua.
La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. Nella lettera aveva scritto così: «Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia». Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva uomini valorosi. Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; parecchi della truppa e fra gli ufficiali di Davide caddero, e perì anche Uria l'Hittita. 

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