El Golea |
Oggi primo dicembre 2016 è il centesimo
anniversario della morte di Charles de Foucauld a Tamanrasset, in Algeria. Ci
è sfuggito questa mattina dalle suore. Eppure ho un grandissimo debito di
riconoscenza per Charles de Foucauld. A 16 anni un libro di P. Voillaume, suo grande
discepolo e fondatore dei Piccoli Fratelli, mi aveva segnato. Per quel poco che
conoscevo Charles de Foucauld quindi, lo sentivo continuamente presente mentre vivevo in Algeria. Non sono sceso fino a Tamanrasset, ma, in qualche
viaggio di scoperta del Sahara con degli amici, passando per El Golea ci siamo fermati sulla
sua tomba e ancora più a nord abbiamo fatto sosta a Beni Abbès dove è vissuto per
alcuni anni prima di scendere nel profondo sud, verso le tribù tuareg che non avevano
ancora mai ascoltato la Buona Notizia. Dopo, da frate, la sua spiritualità mi
ha aiutato per un periodo a fare il confronto con la mia vita francescana e
arricchirla.
Ecco una
frase tratta dall’ultima lettera che ha scritto qualche settimana prima di
morire:
« On trouve qu'on n'aime
jamais assez, mais le bon Dieu qui sait de quelle boue il nous a pétris et qui
nous aime bien plus qu'une mère ne peut aimer son enfant, nous a dit, Lui qui
ne ment pas, qu'il ne repousserait pas celui qui vient à Lui »
Tomba del Padre de Foucauld |
“Uno trova che non ama mai abbastanza,
ma il Buon Dio che sa di quale fango ci ha plasmati e che ci ama molto di più che
una madre può amare suo bambino, ci ha detto, Lui che non mente, che non respingerà
colui che viene a Lui”
Di seguito l’omelia di papa Francesco di questa
mattina, dall’Osservatore Romano. Lui non ha mancato di ricordare Charles de
Foucauld.
PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Sulle tracce di Charles de Foucauld
Giovedì, 1° dicembre 2016
È la testimonianza concreta del beato Charles de Foucauld che Papa Francesco ha indicato per sollecitare i cristiani a «camminare sulle sue tracce di povertà, contemplazione e servizio ai poveri». Il Pontefice ha voluto ricordare il religioso francese, nel centenario della sua uccisione, al termine della messa celebrata giovedì mattina, 1° dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Charles de Foucauld, ha affermato Francesco prima di impartire la benedizione, è stato «un uomo che ha vinto tante resistenze e ha dato una testimonianza che ha fatto bene alla Chiesa». Per questo «chiediamo che ci benedica dal cielo e ci aiuti» ha aggiunto, rilanciandone così la via più che mai attuale per la diffusione del Vangelo. Proprio «le resistenze» che de Foucauld ha saputo superare sono state il filo conduttore della riflessione proposta dal Pontefice a partire anche dal passo evangelico di Matteo (7, 21.24-27) proposto dalla liturgia. Il Papa ha indicato in particolare «tre tipi di resistenze nascoste», le più «pericolose»: quella delle «parole vuote», delle «parole giustificatorie» e delle «parole accusatorie».
«In questa prima settimana dell’Avvento — ha affermato nell’omelia — chiediamo sempre al Signore di purificarci, di prepararci all’incontro con Lui». In particolare «oggi, nella preghiera, nella colletta, abbiamo pregato così: “Ridesta la tua potenza, Signore, e con grande forza soccorri i tuoi fedeli; la tua grazia vinca le resistenze del peccato e affretti il momento della salvezza”». Dunque, ha proseguito Francesco, «chiediamo al Signore di aiutarci in questo cammino dell’incontro, della salvezza». Ma «c’è una grazia che chiediamo che mi ha fatto riflettere: “La tua grazia vinca le resistenze del peccato”».
Infatti, ha fatto notare, «nella vita cristiana ci sono sempre difficoltà e resistenze per andare avanti: ci sono resistenze aperte, che nascono dalla buona volontà». Proprio come per Saulo che «resisteva alla grazia, ma non sapeva ed era convinto di fare la volontà di Dio». Poi «è stato lo stesso Gesù a dirgli: “Saulo, Saulo, stai tranquillo, fermati”». Perché «è duro ricalcitrare contro i pungoli». Così «Gesù va lì e Saulo riconosce e si converte». Del resto, ha aggiunto il Pontefice, «le resistenze aperte sono sane, perché tutti siamo peccatori ed è naturale che vengano». E «sono sane, nel senso che sono aperte alla grazia per convertirsi».
Sono invece «più pericolose — ha spiegato — le resistenze nascoste: quelle che sono sotto, che non si fanno vedere». Ma «le abbiamo tutti». Sì, ha insistito il Pontefice, «ognuno di noi ha il proprio stile di resistenza nascosta alla grazia: dobbiamo cercarlo, trovarlo e metterlo davanti al Signore, affinché Lui ci purifichi». Ed è proprio quella «resistenza» di cui «Stefano accusava i dottori della legge: “Voi e i vostri padri resistete sempre allo Spirito Santo”». Difatti quei dottori «si facevano
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«Queste resistenze nascoste, che tutti abbiamo», ha chiarito ancora Francesco, hanno una «natura» ben riconoscibile in quanto «vengono sempre per fermare un processo di conversione». Ed è proprio un «fermare, non è lottare contro; è stare fermo, sorridere forse, ma tu non passi», come un «resistere passivamente, nascostamente». Del resto «quando c’è un processo di cambiamento in un’istituzione, in una famiglia» si possono riconoscere, appunto, «resistenze» ed è un bene, ha rimarcato Francesco. Infatti «se non ci fossero la cosa non sarebbe di Dio: quando ci sono queste resistenze è il diavolo che le semina, perché il Signore non vada avanti».
«Ma quali sono queste resistenze nascoste?» è la domanda proposta dal Papa, che ne ha subito suggerite alcune. A cominciare dalle «resistenze delle parole vuote, quelle parole» alle quali il Signore fa riferimento nel Vangelo: «Non chiunque mi dice “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli». E si può arrivare a dire: «Signore, Signore, tu mi conosci, abbiamo cenato insieme...». E «Lui lo ripete tanto nel Vangelo: “No, questo non entra!”». Per questo — ha precisato Francesco — «le parole non servono, le parole non ci aiutano: solo le parole, le parole vuote». Come dire «Sì, sì, sì» anche se sotto è «no, no, no». Ma pur «sempre il sì, il dolce sì, per ammorbidire il comandamento del Signore o la voce dello Spirito». Il Pontefice, a questo proposito, ha anche riproposto «la parabola dei due figli, che il padre invia alla vigna». E «uno dice: “No, non ci andrò!”». Ma «poi pensa: “Sì, ci vado, è papà”». L’altro figlio, invece, risponde: «“Sì papà, stai tranquillo. Io ci andrò”». Invece «pensa “ma questo vecchio non capisce le cose nuove” e non ci va».
Dunque, ha evidenziato il Papa, il secondo figlio «fa la resistenza passiva» che consiste appunto nel «dire sì, tutto sì, molto diplomaticamente», quando invece «è no, no, no». Insomma «tante parole — “sì, sì, sì cambieremo tutto, sì” — per non cambiare nulla». È esattamente lo stile del «gattopardismo spirituale», proprio di quelli che dicono «tutto sì» quando invece «è tutto no». E questa «è la resistenza delle parole vuote».
«Poi c’è un’altra resistenza — ha spiegato il Pontefice — quella delle parole giustificatorie, ma che non ci giustificano». È il caso di una persona che «si giustifica continuamente — “no, quello l’ho fatto per quello, quello, quello” — ma quando ci sono tante giustificazioni non c’è il buono odore di Dio, c’è il brutto odore del diavolo». In realtà, ha proseguito Francesco, «il cristiano non ha bisogno di giustificarsi: è stato giustificato dalla parola di Dio, l’unica che ci giustifica». Invece ecco il ricorrere ad argomentazioni come «no, io ho fatto questo per quello...» tipico di coloro che «hanno sempre una ragione da opporre». Invece «non si deve fare questo per quello, guarda questo pericolo...”». Ma così «la cosa non può andare avanti, la grazia non può andare avanti: è una resistenza delle parole che cercano di giustificare la mia posizione per non seguire quello che il Signore mi indica».
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E, ancora, «c’è una terza resistenza delle parole: le parole accusatorie». È propria di quanti «accusano gli altri per non guardare se stessi». Il Papa ha proposto l’esempio del fariseo nel tempio che dice: «Ti rendo grazie, Signore, perché non sono come gli altri e neppure come quello là, io sono giusto davanti a Te». Questo è l’atteggiamento di coloro che «accusano gli altri, accusano quel povero pubblicano». Però così facendo si «resiste alla grazia» e, considerandosi giusti, non si sente il «bisogno di cambiare, di conversione».
«Ma le resistenze non sono quelle grandi resistenze storiche solamente, la linea Maginot o tutte quelle che abbiamo studiato» ha messo in guardia Francesco. Ce ne «sono dentro il nostro cuore, tutti i giorni». C’è «la resistenza alla grazia, e quello è un buon segno, perché indica che il Signore sta lavorando in noi». E «dobbiamo far cadere le resistenze, perché la grazia vada avanti». Infatti «la resistenza cerca sempre di cambiare il reale nel formale, nascondersi nel formale e con le formalità delle parole vuote, delle parole giustificatorie, delle parole accusatorie e tante altre, cerca di rimanere dov’è e non lasciarsi portare avanti dal Signore». Perché, ha riconosciuto il Papa, «non è sempre facile, c’è sempre una croce: dove c’è il Signore ci sarà una croce, piccola o grande».
Ed è «la resistenza alla croce, la resistenza al Signore che ci porta alla redenzione». È «la resistenza di Pietro: quando Gesù, dopo aver detto che lui sarebbe stato la pietra della Chiesa, comincia a spiegargli che dovrà soffrire, Pietro resiste. E dice: “No, Signore, questo mai accadrà!”». E «Gesù a Pietro, al suo eletto, al primo Papa, replica dicendo “vattene satana!”». Sì, perché Pietro «resisteva alla grazia, resisteva al piano di Dio sull’umanità e su ciascuno di noi».
In questa prospettiva il Pontefice ha invitato a «non avere paura quando ognuno di noi trova che nel suo cuore ci sono resistenze». Certo, l’atteggiamento giusto è «dirlo chiaramente al Signore: “Guarda, Signore, io cerco di coprire questo, di fare questo per non lasciare entrare la tua parola”». E «dire questa parola tanto bella: “Signore, con grande forza, soccorrimi; la tua grazia vinca le resistenze del peccato”». Del resto, ha aggiunto Francesco, «le resistenze sono sempre un frutto del peccato originale che noi portiamo». Ed è bello «avere resistenze». È «brutto» invece «prenderle come difesa dalla grazia del Signore». Insomma «avere resistenze è normale» ha concluso il Papa, suggerendo di dire: «Sono peccatore, aiutami Signore!». E invitando a preparasi «con questa riflessione al prossimo Natale».
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