Era opportuno accostare il Vangelo
al terremoto che ha distrutto vite e borghi nel centro Italia? Certamente è
difficile e … anche per me. Troppo dolore mi dice qualcuno. È vero. È anche vero
che Gesù parla delle persone sulle quali è crollata la torre di Sìloe (Luca
13,4) e invita alla conversione a partire da questo fatto tragico, in un altro momento
Gesù dice della gente sorpresa dalla venuta del Signore: “Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e
ai colli: Copriteci!” (Luca 23,30; ancora Luca, lo Scrittore della mansuetudine del Signore!).
Il terremoto accaduto
4 giorni fa non è un giudizio di Dio sulla moralità dei morti e dei
sopravvissuti. È un avvertimento serio sullo stare pronti tutti, magari
giocando come san Domenico
Savio. Conosciamo questo fioretto di Don Bosco: Don Bosco
viene nel cortile della ricreazione e i ragazzi gli si assiepano attorno festanti.
E lui ne approfitta per un po’ di catechesi: “ragazzi un angelo mi ha detto che
fra un’ora ci sarà la fine del mondo, il giudizio universale, voi che fate?”
Sgomento generale, e cominciano le reazioni: – “corro a confessarmi” dice uno –
“vado in chiesa a pregare” dice un altro. “E tu Domenico?” chiede don Bosco – “io
continuo a giocare, Lei ci ha detto che per essere santi basta fare il nostro dovere
quotidiano, adesso è la ricreazione e se continuo a giocare sono pronto alla venuta
del Signore”.
Se mi dicessero che devo
morire fra un’ora non so come reagirei. Certo che con la mia vita incasinata l’unica
cosa utile che mi rimarrebbe da fare sarebbe solo aspettare confidando nella misericordia
di Dio che mi ha amato e me l’ha dimostrato tante volte. Uno che mi da il suo
Corpo e il suo Sangue frutto della sua morte sulla croce per me, non può certamente
volere la mia perdizione.
Però è anche vero che
la vita è seria e comporta delle tragedie. Io non ho conosciuto che da lontano quella
del terremoto. Un mese prima di quello dell’Irpinia c'è stato un terremoto in
Algeria, a El Asnam. La prima scossa era di magnitudo 7.1 Richter e sei ore dopo una seconda scossa di magnitudo 6.2. Era a 300 km di Algeri, ma ero passato lì quindici giorni prima tornando da Orano e ci avevo fatto una sosta. Ho pensato che se mi fossi trovato a quel momento nell’albergo che era
crollato sulla gente che stava dentro, sarei morto anch’io, così, senza poterci
fare nulla. Avevo 26 anni, mi sentivo in piena efficienza fisica e capacità di
reazione, ma con un terremoto cosa puoi fare? Giorni dopo, ad
Algeri, avvertì una scossa di assestamento perché ero seduto: se la terra ferma
che è la sicurezza fondamentale ti tradisce dove trovi salvezza? Questo mi rese
attuale, vicina, la morte che può irrompere nella nostra vita ad ogni momento.
E mi spinse a cercare Dio. Quando ci fu il terremoto in Irpinia ero appena
tornato in Francia e un mio amico intimo partì come volontario per le zone
terremotate. Io ero traumatizzato e pensai: “ho già dato, questa volta non
parto”. Oscilliamo tra la nostra fragilità e la forza che ci dona la fede, senza
mai presumere di quanto siamo bravi, ma non siamo soli.
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