Visualizzazioni totali

sabato 27 agosto 2016

ANCORA VANGELO E TERREMOTO

Era opportuno accostare il Vangelo al terremoto che ha distrutto  vite e borghi nel centro Italia? Certamente è difficile e … anche per me. Troppo dolore mi dice qualcuno. È vero. È anche vero che Gesù parla delle persone sulle quali è crollata la torre di Sìloe (Luca 13,4) e invita alla conversione a partire da questo fatto tragico, in un altro momento Gesù dice della gente sorpresa dalla venuta del Signore: “Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci!” (Luca 23,30; ancora Luca, lo Scrittore della mansuetudine del Signore!).

Il terremoto accaduto 4 giorni fa non è un giudizio di Dio sulla moralità dei morti e dei sopravvissuti. È un avvertimento serio sullo stare pronti tutti, magari giocando come san Domenico 
Savio. Conosciamo questo fioretto di Don Bosco: Don Bosco viene nel cortile della ricreazione e i ragazzi gli si assiepano attorno festanti. E lui ne approfitta per un po’ di catechesi: “ragazzi un angelo mi ha detto che fra un’ora ci sarà la fine del mondo, il giudizio universale, voi che fate?” Sgomento generale, e cominciano le reazioni: – “corro a confessarmi” dice uno – “vado in chiesa a pregare” dice un altro. “E tu Domenico?” chiede don Bosco – “io continuo a giocare, Lei ci ha detto che per essere santi basta fare il nostro dovere quotidiano, adesso è la ricreazione e se continuo a giocare sono pronto alla venuta del Signore”.

Se mi dicessero che devo morire fra un’ora non so come reagirei. Certo che con la mia vita incasinata l’unica cosa utile che mi rimarrebbe da fare sarebbe solo aspettare confidando nella misericordia di Dio che mi ha amato e me l’ha dimostrato tante volte. Uno che mi da il suo Corpo e il suo Sangue frutto della sua morte sulla croce per me, non può certamente volere la mia perdizione.

Però è anche vero che la vita è seria e comporta delle tragedie. Io non ho conosciuto che da lontano quella del terremoto. Un mese prima di quello dell’Irpinia c'è stato un terremoto in Algeria, a El Asnam. La prima scossa era di magnitudo 7.1 Richter e sei ore dopo una seconda scossa di magnitudo 6.2. Era a 300 km di Algeri, ma ero passato lì quindici giorni prima tornando da Orano e ci avevo fatto una sosta. Ho pensato che se mi fossi trovato a quel momento nell’albergo che era crollato sulla gente che stava dentro, sarei morto anch’io, così, senza poterci fare nulla. Avevo 26 anni, mi sentivo in piena efficienza fisica e capacità di reazione, ma con un terremoto cosa puoi fare? Giorni dopo, ad Algeri, avvertì una scossa di assestamento perché ero seduto: se la terra ferma che è la sicurezza fondamentale ti tradisce dove trovi salvezza? Questo mi rese attuale, vicina, la morte che può irrompere nella nostra vita ad ogni momento. E mi spinse a cercare Dio. Quando ci fu il terremoto in Irpinia ero appena tornato in Francia e un mio amico intimo partì come volontario per le zone terremotate. Io ero traumatizzato e pensai: “ho già dato, questa volta non parto”. Oscilliamo tra la nostra fragilità e la forza che ci dona la fede, senza mai presumere di quanto siamo bravi, ma non siamo soli.

Nessun commento:

Posta un commento