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domenica 28 agosto 2016

sabato XXI settimana: UNA PARABOLA SCRITTA UN PO' MALE.

Caravaggio - La vocazione di san Matteo
Quest’estate parlando del Vangelo in una famiglia una donna disse: “ma mica Gesù ha sempre ragione!” Per una persona che va tutte le domeniche in chiesa e ha insegnato per anni il catechismo non me l'aspettavo.
Però è vero che alcune frasi del Vangelo lasciano perplessi, non pienamente convinti. Beato chi ha l’orecchio aperto e si ferma con rispetto e speranza di fronte ai versetti meno gradevoli, meno chiari nella sua situazione di vita, aspettando di essere illuminato.
Il Vangelo di questo sabato per me faceva parte di questi. Oh!, un niente, solo un particolare ma se Gesù me lo avesse chiesto l’avrei aiutato a riscrivere un po’ meglio la parabola.
È quella dei talenti. Quell’uomo ricco da a ciascuno dei suoi servi talenti in quantità diversa “secondo le capacità di ciascuno”. Chiaramente c'è il meno capace, il meno bravo, che riceve meno di tutti. Fin là, dispiace sempre un po’ che ci sia chi è ultimo ma c'è una logica. Però poi finisce che quelli in gamba, quelli più brillanti, ottengono migliori risultati mentre è proprio il più disgraziato in partenza che poi fallisce. Come spesso nella vita. Tutti nasciamo nudi ma c'è chi nasce con la camicia … Mica il nuovo Duca di Westminter, erede a 25 anni di un patrimonio di 11 miliardi di € (oppure £?, la
differenza c'è, eccome, ma, dici tu, anche in dollari che è ancora di meno dell’euro, mi accontenterei) è esattamente un giovane che ha le stesse possibilità dei giovani venticinquenni che incontro normalmente. E anche lì ci sono differenze tra uno o l’altro. Avere di più significa tante volte avere più fiducia in se stessi, più relazioni, più esperienze che permettono di lanciarsi nella vita. Insomma, è vero che ci sono tante eccezioni nella vita e dobbiamo prendere con cautela ogni generalizzazione, ma l’idea è quella: non tutti hanno le stesse opportunità nella vita. Se era necessario far vedere uno che fallisce, che non compie il suo dovere, perché prendere colui che già parte svantaggiato? Perché non è quello che ha ricevuto 5 talenti o 3, che non li traffica?
Anche perché la prima lettura mi aveva gasato.
S. Paolo dice: Dio sceglie i deboli, quelli che sono disprezzati nel mondo per farli diventare sapienza di Dio, giusti, santi e redenti, in parole povere, Dio sceglie gli ultimi che diventano i primi e i più bravi.
Ma sorge un dubbio atroce nel cuore: sarà proprio vero nella nostra Chiesa? La Chiesa è sempre stata un formidabile ascensore sociale e un formidabile corpo di promozione umana anche per gli ultimi. Certo con qualche fatica. C'è stato per tanto tempo l’Alto e il Basso Clero (Vescovi, tutti dall’aristocrazia, e umili preti di campagna figli dei ceti bassi), le monache coriste con la dote, spesso figlie di famiglie ricche che le piazzavano più o meno a forza in convento e risparmiavano così sull’eredità, e le monache converse che facevano da domestiche alle prime, ecc. O addirittura gli istituti per “Pentite” (vedi a Napoli) dove le suore vere con un abito diverso, guidavano quelle che venivano da una vita sbagliata e rimanevano per sempre di serie “B”. C'è stata Santa Bakhita. Arrivata schiava in Italia può scegliere la sua libertà, ricevere il Battesimo e consacrarsi al Signore; ma farà la professione perpetua (traduci: sarà accolta totalmente nella sua comunità) dopo più di 20 anni. Globalmente però la Chiesa è stata sempre madre e promotrice dei poveri e degli umili.
Oggi? Il rischio è sempre quello di saper meglio accogliere chi ha una cultura sufficiente, una stabilità sufficiente per seguire i programmi di formazione cristiana e talvolta il tempo libero per andare a “pazziare” con gli altri, pena non sentirsi integrato. Il rischio è sempre di non fare della fede e dello Spirito ricevuto dal Signore il criterio di appartenenza alla comunità. Diciamo che non è così facile fare diversamente.
Un giorno mi ha trafitto il cuore una riflessione di una mia parrocchiana che a 70 anni prendeva ancora il pullman ogni mattina per andare a servire una “signora” del Vomero. Parlavo di papa Francesco che vuole la Chiesa povera per i poveri, lei rispose: “Eh, Padre sì, la Chiesa povera per i poveri e la Chiesa ricca per i ricchi”.
Ma rimane che le prime comunità cristiane, pur provando da subito le stesse tentazioni della riverenza verso il ricco e il potente, sembravano più liberamente integrate sul piano sociale.
Perché questo? Perché il Cristianesimo parte da una Notizia, dal Kerygma. “Se Cristo non è risorto vana è la vostra fede!” dice san Paolo. Non esclude una tradizione già esistente (“Andate dunque e fate discepoli … insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” Mt. 28,19-20). Ma tutto parte da e gira attorno all’annuncio di Cristo crocifisso e risorto e dal suo Spirito che ricevono coloro che si sottomettono all’opera che Dio fa in Lui. Non è fondato su un libro di catechesi, su dei gesti rituali da imparare, o  altre cose sante ma secondarie. Il Cristianesimo non è roba da Museo, né una Tradizione storica da difendere contro l’invasione dell’Islam. Il Cristianesimo è l'incontro con una Persona attraverso un Annuncio.
Questo Annuncio, il Kerygma, lo sappiamo annunciare? Lo sappiamo annunciare senza vergogna? Ne abbiamo capito l'importanza? Ascoltiamo papa Francesco in “Amoris Laetitia”:
§ 58. Davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre nuovamente risuonare il primo annuncio, ciò che è «più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario»[50], e «deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice».[51] È l’annuncio principale, «quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra».[52] Perché «non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio» e «tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma».[53]
§ 206. (Guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio) … Non si tratta di dare loro tutto il Catechismo, né di saturarli con troppi argomenti. … Interessa più la qualità che la quantità, e bisogna dare priorità – insieme ad un rinnovato annuncio del kerygma – a quei contenuti che, trasmessi in modo attraente e cordiale,...[241]
§ 290….  Anche nel cuore di ogni famiglia bisogna far risuonare il kerygma, in ogni occasione opportuna e non opportuna, perché illumini il cammino. Tutti dovremmo poter dire, a partire dal vissuto nelle nostre famiglie: «Noi abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4,16). Solo a partire da questa esperienza, la pastorale familiare potrà ottenere che le famiglie siano al tempo stesso Chiese domestiche e fermento evangelizzatore nella società.
§ 324. … (Sulla famiglia come agente della pastorale) L’amore sociale, riflesso della Trinità, è in realtà ciò che unifica il senso spirituale della famiglia e la sua missione all’esterno di sé stessa, perché rende presente il kerygma con tutte le sue esigenze comunitarie.

Non credo che quello che abbiamo detto sopra sia inutile, anzi, ma non dobbiamo perdere il punto di partenza. La parabola di Gesù è migliorabile? Perché Gesù sceglie proprio il meno dotato per indicarlo come esempio di non fedeltà ai doni ricevuti?
Ho scoperto una risposta per me, che sono un po’ complessato e sopratutto sono una lagna che pensa che gli manca sempre un po’ qualcosa per impegnarsi. Gesù mi dice: “non guardare agli altri più bravi di te, non lavarti le mani del lavoro nella Vigna del Signore perché c'è chi sta in una posizione più favorevole, non lamentarti se l'accoglienza nella tua parrocchia non è l'ottimo e ci sono davvero tante pesantezze, ma umilmente dai tutto te stesso per far fruttificare i tuoi doni, anche se è uno solo. SEI FIGLIO DI DIO E SEI STATO SCELTO CON AMORE ANCHE TU”.


Prima Lettura   1 Cor 1, 26-31
Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, “chi si vanta, si vanti nel Signore”.

Canto al Vangelo   
Gv 13,34
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.  
Vangelo
   Mt 25, 14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».   

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