Papa Tawadros II dopo l'attentato di domenica |
Padre
Samir Khalil Samir, egiziano (1938, Il Cairo) e gesuita, vive in Libano ed è uno dei
massimi esperti di Islam oltre che delle lingue semitiche antiche come il
Siriaco.
Ultimamente
ha espresso riserve sui contatti del papa con la Università di El Azhar, e anche
pochi giorni fa in una sua intervista, diceva che il papa è mal consigliato e
ha avuto a Buenos Aires un’esperienza felice con l’Imam di quella città, ma troppo
limitata per comprendere l’Islam. Il suo pensiero è che se molti musulmani
cercano la pace, basta leggere il Corano per rendersi conto che l’Islam non è esattamente
una religione di pace come alcuni vogliono far credere. Nell’ultimo numero de “Il
Messagero” egli afferma che il viaggio del papa in Egitto sarà “Un viaggio
importante che migliorerà i rapporti con il mondo musulmano”. Contraddizione, oppure
diplomatico rientro nei ranghi?: Nulla di questo ma semplicemente osservazioni che partono da due punti di vista diversi.
Il
papa va incontro ai musulmani come san Francesco fece quando si allontanò dall’esercito
crociato per andare verso il Sultano a Damietta (Leggenda Maggiore). Un
incontro tanto più meritorio che la conoscenza dei musulmani e dell’Islam
allora, in particolare per san Francesco, era nulla o quasi.
Non era facile
superare tutti i pregiudizi che dipingevano i musulmani come tutti posseduti dal
diavolo e belve sanguinarie. Appena uscito dalle linee crociate con il suo
compagno, incontrarono un piccolo gregge di pecore e san Francesco lo interpretò
come un segno: “il Signore ci manda come agnelli in mezzo ai lupi”. San
Francesco non ritornò convertito all’Islam ma consapevole di aver ricevuto un’accoglienza
degna da parte del Sultano e più convinto che il Vangelo della Pace che professava
valeva la pena di essere vissuto fino in fondo. Non è passato all’Islam ma, in nome
del Vangelo, egli è passato ai musulmani.
Fuori dalla chiesa di Tanta |
Si
cerca di opporre papa Benedetto a papa Francesco perché quest’ultimo dice che nessuna
religione è terrorista. Benedetto disse a suo tempo che l’incontro sincero con Dio
in qualunque religione avvicina i credenti perché Dio è il Dio della pace. Quindi
che non è la religione a dividere ma semmai il modo di viverla e le interpretazioni
ideologiche che se ne fanno. Questo non significa che l’Islam sia uguale al Cristianesimo.
Il Testo Sacro dei Musulmani costituisce per loro un Assoluto che non si può superare
e quindi diventa un limite nella scoperta del Dio-Amore che si aggiunge alle difficoltà
che ogni uomo incontra nel suo cuore per convertirsi all’Amore. Ma, anche nell'Islam, chi si
lascia guidare dallo Spirito di Dio che anima tutto il Creato comincia, per esempio,
a dare sempre maggiore importanza al Nome di Allah più comune: Il
Misericordioso, e si lascia plasmare da esso.
Il Misericordioso: potessero tutti
i battezzati lasciarsi plasmare da questo Nome che Gesù Cristo loro Signore rivelò
in tutta la sua grandezza!
Sbaglia
papa Francesco nel dire che l’Islam è una religione di pace? Mettendoci su un
piano accademico darei ragione a Padre Samir Khalil: il Corano non delinea una
vera religione di pace. Ma papa Francesco si pone su un piano esistenziale, di
approccio umano che tiene conto del desiderio dei musulmani che danno corpo a questa
religione: Islam ha la stessa radice di Salam=Pace, e l’Islam è e deve
dimostrarsi una vera religione di pace.
Beato Angelico - san francesco dal Sultano e la prova del fuoco |
Gli
aiuti reciproci e le preghiere comuni tra cristiani e musulmani in reazione alla
violenza dei terroristi, in questo periodo e in questi giorni in particolare, sono il vero segno
di questo. E papa Francesco sta rafforzando in tutto il mondo ma sopratutto tra
cristiani e musulmani la consapevolezza che il terrorismo non è Islam e va quindi
isolato e combattuto.
Riprendo dal Sito “Sanfrancesco” questo testo illuminante:
"Un libro di padre Gwenolè Jeusset (frate minore francese che fu a suo tempo ospite del convento di Corleone), componente
della Fraternità internazionale di Istanbul per il dialogo interreligioso e
presidente della Commissione internazionale francescana per le relazioni con i
musulmani (San Francesco e l'Islam: l'attualità di un incontro possibile, Ed.
Terra Santa, 48 pagine) ci aiuta a meglio conoscere e comprendere la forza di
quell'evento avvenuto sulle rive del Nilo.
Francesco d'Assisi voleva andare a tutti i costi tra i
musulmani, tanto che per tre volte fece i suoi tentativi, senza scoraggiarsi
dei fallimenti. Il terzo tentativo fu quello buono per l'incontro con Malek al-
Kamel. Il sultano trova gran piacere ad ascoltare Francesco, quello strano
monaco venuto dall'Italia. Siamo nel settembre del 1219. Cortesia, rispetto e
dialogo, caratterizzano la conversazione tra il sultano Malek al-Kamel e Francesco
d'Assisi. Purtroppo, sulle due rive del Mediterraneo scorre l'odio. Ancora
oggi, come ben sappiamo, ostilità e inimicizia resistono e prevalgono sul
dialogo. Per meglio inquadrare l'episodio di Damietta, nel suo profondo
significato storico e religioso, Gwenolè Jeusset, nel suo libro, riferisce di
un'altra spedizione fatta dai frati minori verso il Marocco. A differenza di
Francesco, però, quei frati minori non fanno altro che proclamare la grandezza
della loro religione cristiana e insultare l'Islam e il suo Profeta. Finiscono
così con l'essere arrestati e torturati. L'incontro di Damietta, è un episodio
senza martirio, al contrario dei fatti accaduti a Marrakech, dove la mentalità
era dello scontro di due sistemi.
Letto sette secoli dopo, l'episodio di Marrakech è il vicolo
cieco, dice Jeusset, mentre Damietta è la strada che apre gli orizzonti alla
pace. Per molto tempo il dialogo di pace di Damietta, tra il sultano e
Francesco, fu però considerato come un fallimento. Per molti, a quell'epoca,
era meglio tacere l'episodio di Damietta, considerato poco glorioso. Francesco,
con la sua visione dell'evangelizzazione e nel suo agire, si inserisce in tutta
un'altra logica e fi nisce addirittura col predire ai crociati la sconfitta. A
Damietta, il Vangelo si incontrò con il Corano e il Corano con il Vangelo.
Francesco non ebbe paura di Maometto e il Sultano non ebbe paura di Cristo.
Francesco non ragionava con i criteri ideologici della
cristianità del suo tempo e in quel viaggio per conoscere da vicino i musulmani,
si è posto al di là della frontiera chiesa-istituzione, situandosi dentro la
sensibilità religiosa del suo interlocutore. Per il dialogo tra Islam e
Occidente cristiano si riparte dal Poverello di Assisi" e, aggiungo io, … da papa Francesco.
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