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mercoledì 12 aprile 2017

PADRE SAMIR KHALIL SAMIR

Papa Tawadros II dopo l'attentato di domenica
Padre Samir Khalil Samir, egiziano (1938, Il Cairo) e gesuita, vive in Libano ed è uno dei massimi esperti di Islam oltre che delle lingue semitiche antiche come il Siriaco.

Ultimamente ha espresso riserve sui contatti del papa con la Università di El Azhar, e anche pochi giorni fa in una sua intervista, diceva che il papa è mal consigliato e ha avuto a Buenos Aires un’esperienza felice con l’Imam di quella città, ma troppo limitata per comprendere l’Islam. Il suo pensiero è che se molti musulmani cercano la pace, basta leggere il Corano per rendersi conto che l’Islam non è esattamente una religione di pace come alcuni vogliono far credere. Nell’ultimo numero de “Il Messagero” egli afferma che il viaggio del papa in Egitto sarà “Un viaggio importante che migliorerà i rapporti con il mondo musulmano”. Contraddizione, oppure diplomatico rientro nei ranghi?: Nulla di questo ma semplicemente osservazioni che partono da due punti di vista diversi.


Il papa va incontro ai musulmani come san Francesco fece quando si allontanò dall’esercito crociato per andare verso il Sultano a Damietta (Leggenda Maggiore). Un incontro tanto più meritorio che la conoscenza dei musulmani e dell’Islam allora, in particolare per san Francesco, era nulla o quasi.
Fuori dalla chiesa di Tanta
Non era facile superare tutti i pregiudizi che dipingevano i musulmani come tutti posseduti dal diavolo e belve sanguinarie. Appena uscito dalle linee crociate con il suo compagno, incontrarono un piccolo gregge di pecore e san Francesco lo interpretò come un segno: “il Signore ci manda come agnelli in mezzo ai lupi”. San Francesco non ritornò convertito all’Islam ma consapevole di aver ricevuto un’accoglienza degna da parte del Sultano e più convinto che il Vangelo della Pace che professava valeva la pena di essere vissuto fino in fondo. Non è passato all’Islam ma, in nome del Vangelo, egli è passato ai musulmani.

Si cerca di opporre papa Benedetto a papa Francesco perché quest’ultimo dice che nessuna religione è terrorista. Benedetto disse a suo tempo che l’incontro sincero con Dio in qualunque religione avvicina i credenti perché Dio è il Dio della pace. Quindi che non è la religione a dividere ma semmai il modo di viverla e le interpretazioni ideologiche che se ne fanno. Questo non significa che l’Islam sia uguale al Cristianesimo. Il Testo Sacro dei Musulmani costituisce per loro un Assoluto che non si può superare e quindi diventa un limite nella scoperta del Dio-Amore che si aggiunge alle difficoltà che ogni uomo incontra nel suo cuore per convertirsi all’Amore. Ma, anche nell'Islam, chi si lascia guidare dallo Spirito di Dio che anima tutto il Creato comincia, per esempio, a dare sempre maggiore importanza al Nome di Allah più comune: Il Misericordioso, e si lascia plasmare da esso. 
Il Misericordioso: potessero tutti i battezzati lasciarsi plasmare da questo Nome che Gesù Cristo loro Signore rivelò in tutta la sua grandezza!

Sbaglia papa Francesco nel dire che l’Islam è una religione di pace? Mettendoci su un piano accademico darei ragione a Padre Samir Khalil: il Corano non delinea una vera religione di pace. Ma papa Francesco si pone su un piano esistenziale, di approccio umano che tiene conto del desiderio dei musulmani che danno corpo a questa religione: Islam ha la stessa radice di Salam=Pace, e l’Islam è e deve dimostrarsi una vera religione di pace.

Beato Angelico - san francesco dal Sultano e la prova del fuoco
Gli aiuti reciproci e le preghiere comuni tra cristiani e musulmani in reazione alla violenza dei terroristi, in questo periodo e in questi giorni in particolare, sono il vero segno di questo. E papa Francesco sta rafforzando in tutto il mondo ma sopratutto tra cristiani e musulmani la consapevolezza che il terrorismo non è Islam e va quindi isolato e combattuto.

Riprendo dal Sito “Sanfrancesco” questo testo illuminante:
"Un libro di padre Gwenolè Jeusset (frate minore francese che fu a suo tempo ospite del convento di Corleone), componente della Fraternità internazionale di Istanbul per il dialogo interreligioso e presidente della Commissione internazionale francescana per le relazioni con i musulmani (San Francesco e l'Islam: l'attualità di un incontro possibile, Ed. Terra Santa, 48 pagine) ci aiuta a meglio conoscere e comprendere la forza di quell'evento avvenuto sulle rive del Nilo. 

Francesco d'Assisi voleva andare a tutti i costi tra i musulmani, tanto che per tre volte fece i suoi tentativi, senza scoraggiarsi dei fallimenti. Il terzo tentativo fu quello buono per l'incontro con Malek al- Kamel. Il sultano trova gran piacere ad ascoltare Francesco, quello strano monaco venuto dall'Italia. Siamo nel settembre del 1219. Cortesia, rispetto e dialogo, caratterizzano la conversazione tra il sultano Malek al-Kamel e Francesco d'Assisi. Purtroppo, sulle due rive del Mediterraneo scorre l'odio. Ancora oggi, come ben sappiamo, ostilità e inimicizia resistono e prevalgono sul dialogo. Per meglio inquadrare l'episodio di Damietta, nel suo profondo significato storico e religioso, Gwenolè Jeusset, nel suo libro, riferisce di un'altra spedizione fatta dai frati minori verso il Marocco. A differenza di Francesco, però, quei frati minori non fanno altro che proclamare la grandezza della loro religione cristiana e insultare l'Islam e il suo Profeta. Finiscono così con l'essere arrestati e torturati. L'incontro di Damietta, è un episodio senza martirio, al contrario dei fatti accaduti a Marrakech, dove la mentalità era dello scontro di due sistemi. 

Letto sette secoli dopo, l'episodio di Marrakech è il vicolo cieco, dice Jeusset, mentre Damietta è la strada che apre gli orizzonti alla pace. Per molto tempo il dialogo di pace di Damietta, tra il sultano e Francesco, fu però considerato come un fallimento. Per molti, a quell'epoca, era meglio tacere l'episodio di Damietta, considerato poco glorioso. Francesco, con la sua visione dell'evangelizzazione e nel suo agire, si inserisce in tutta un'altra logica e fi nisce addirittura col predire ai crociati la sconfitta. A Damietta, il Vangelo si incontrò con il Corano e il Corano con il Vangelo. Francesco non ebbe paura di Maometto e il Sultano non ebbe paura di Cristo. 


Francesco non ragionava con i criteri ideologici della cristianità del suo tempo e in quel viaggio per conoscere da vicino i musulmani, si è posto al di là della frontiera chiesa-istituzione, situandosi dentro la sensibilità religiosa del suo interlocutore. Per il dialogo tra Islam e Occidente cristiano si riparte dal Poverello di Assisi" e, aggiungo io, … da papa Francesco.

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