Ho citato per la festa della Cattedra di Pietro (22 febbraio) il pensiero di san Francesco sul rapporto fraterno nella comunità che vive il Vangelo. Penso che sia bello aiutare gli amici del blog a gustarlo direttamente. Ha una forza rivoluzionaria. Alcuni aspetti non sono stati ripresi nella Regola successiva conosciuta come "Bollata" probabilmente per evitare eccessi che si erano verificati. Ma questo pensiero di san Francesco di uguaglianza tra i frati associato alla fiducia nell'obbedienza è rimasto totalmente nel DNA dell'ordine perché tutti e due gli aspetti sono profondamente presenti nel Vangelo.
Papa Francesco a Greccio |
Questa è la prima Regola che il beato Francesco compose, e il signor papa
Innocenzo gli confermò senza bolla.
(……)
IV. DEI RAPPORTI TRA I MINISTRI E GLI ALTRI FRATI
13 1 Nel nome del Signore! Tutti i frati, che sono costituiti ministri e
servi degli altri frati, distribuiscano nelle province e nei luoghi in cui
saranno, i loro frati e spesso li visitino e spiritualmente li esortino e li
confortino. 2 E tutti gli altri miei frati benedetti diligentemente obbediscano
loro in quelle cose che riguardano la salute dell’anima e non sono contrarie
alla nostra vita. 3 E si comportino tra loro come dice il Signore: Tutto quanto
desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro; 4 ancora: Ciò
che tu non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri (Tb 4,16).
14 5 E ricordino i ministri e servi che dice il Signore: Non sono venuto
per essere servito, ma per servire (Mt 20,28); 6 e, poiché a loro è stata
affidata la cura delle anime dei frati, se qualcuno di essi si perdesse per
loro colpa e per il loro cattivo esempio, nel giorno del giudizio dovranno
rendere ragione(Mt 12,36) davanti al Signore nostro Gesù Cristo.
V. DELLA CORREZIONE DEI FRATI NELLE LORO MANCANZE
15 1 E perciò custodite le vostre anime e quelle dei vostri fratelli,
perché è terribile cadere nelle mani del Dio vivente (Eb 10,31). 2 Ma se un
ministro avrà comandato a un frate qualcosa contro la nostra vita o contro la
sua anima, il frate non sia tenuto ad obbedirgli; 3 poiché non è obbedienza
quella in cui si commette delitto o peccato.
16 4 Tuttavia tutti i frati che sono sudditi considerino con ragione e
diligenza le azioni dei loro ministri e servi. 5 E se vedranno che qualcuno di
essi vive secondo la carne e non secondo lo spirito, quale è richiesto dalla
rettitudine della nostra vita, 6 dopo la terza ammonizione, se non si sarà
emendato, sia denunciato al ministro generale e servo di tutta la Fraternità
nel Capitolo di Pentecoste, senza che nulla lo impedisca.
17 7 Se poi tra i frati, ovunque siano, ci fosse qualche frate che volesse
camminare secondo la carne e non secondo lo spirito, i frati, con i quali si
trova, lo ammoniscano, e lo istruiscano e lo correggano con umiltà e diligenza.
8 E se dopo la terza ammonizione quegli non vorrà emendarsi, lo mandino oppure
ne riferiscano al ministro e servo, 9 e il ministro e servo lo tratti come gli
sembrerà meglio secondo Iddio.
18 10 E si guardino tutti i frati, sia i ministri e servi sia gli altri, dal
turbarsi e dall’adirarsi per il peccato o il male di un altro, perché il
diavolo per la colpa di uno vuole corrompere molti; 11 ma spiritualmente, come
meglio possono, aiutino chi ha peccato, perché non quelli che stanno bene han
bisogno del medico, ma gli ammalati (cfr. Mt 9,12) (cfr. Mc 2,17) .
20 16 Nessun frate faccia del male o dica del male a un altro; 17 anzi per
carità di spirito volentieri servano e si obbediscano vicendevolmente. 18 E
questa è la vera e santa obbedienza del Signore nostro Gesù Cristo.
21 19 E tutti i frati, ogni volta che si allontaneranno dai comandamenti
del Signore e andranno vagando fuori dell’obbedienza, come dice il profeta
(cfr. Sal 118,21) sappiano che essi sono maledetti fuori dall’obbedienza,
fintanto che rimarranno consapevolmente in tale peccato. 20 E quando
perseverano nei comandamenti del Signore, che promisero attraverso il santo
Vangelo e la loro forma di vita, sappiano che sono nella vera obbedienza, e
siano benedetti dal Signore.
VI. DEL RICORSO DEI FRATI AI LORO MINISTRI E PERCHÉ NESSUN FRATE
SIA CHIAMATO PRIORE
22 1 I frati, in qualunque luogo sono, se non possono osservare la nostra
vita, quanto prima possono, ricorrano al loro ministro indicandoglielo. 2 Il
ministro poi studi di provvedere ad essi, così come egli stesso vorrebbe si
facesse per lui, se si trovasse in un caso simile.
23 3 E nessuno sia chiamato priore ma tutti siano chiamati semplicemente
frati minori. E l’uno lavi piedi all’altro (Gv 13,14).
N.B.: "Ministro" dal latino: minister, aiutante, inserviente con mansioni varie, derivato di minus minore, con un suffisso -ter che indica la comparazione fra due. È una parola nobile, e segna l'altezza del ruolo di chi serve umilmente qualcosa di superiore.
È curioso che "ministro" abbia un contrario etimologico, che è "maestro": specularmente, questa parola deriva da [magister], composto di [magis] maggiore e dal suffisso [-ter]. Se il ministro è il minore, il maestro è il maggiore. E simbolicamente è molto bello che, nell'indicare pubblici uffici di vertice, abbia prevalso la prima. (Testo tratto da https://unaparolaalgiorno.it/significato/M/ministro)
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