Anche se tutto sembra tranquillo in parrocchia, arrivano gli
echi attraverso i Media delle contestazioni a papa Francesco e degli attacchi più o meno
balordi e più o meno firmati alla sua persona e alla sua azione.
Ho trovato un articolo sul sito americano Crux che ricalcava
i miei ragionamenti sulla questione del Capitolo 8 della Esortazione apostolica
“Amoris Laetitia”. Ne do la traduzione in italiano (la prima traduzione è di
una sorella della parrocchia, la revisione finale è mia).
Penso che possa
interessare, anche se ultimamente si moltiplicano gli interventi a favore.
Tra gli altri sono degni di nota il sostegno pieno al
papa dei 9 cardinali del Consiglio ristretto per le riforme, gli interventi di altri
vescovi tra cui il Segretario della Conferenza Episcopale Italiana.
Particolarmente importante è il libro del
Cardinale Coccopalmerio, presidente
del Pontificio consiglio per i testi legislativi. Egli è autore di un agile
volumetto appena pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (Il Capitolo
ottavo della esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia), una
cinquantina di pagine interamente dedicate alla questione della possibile
ammissione ai sacramenti per coloro che vivono in situazioni «irregolari».
«La Chiesa potrebbe
ammettere alla penitenza e alla eucaristia i fedeli che si trovano in unione
non legittima», i quali «desiderano cambiare tale situazione, però non possono
attuare il loro desiderio». Questa la conclusione a cui arriva il cardinale Francesco Coccopalmerio,. «Credo che possiamo ritenere, con sicura e
tranquilla coscienza, che la dottrina, nel caso, è rispettata», scrive il
cardinale.
Comunque, ecco sotto la
traduzione di questo articolo ripreso da “Crux” che da una panoramica completa
della situazione. È importante approfondire la tematica della coscienza. Infatti,
oltre le rigidità e lo spaesamento, la sofferenza di alcuni, c'è il rischio, magari
affidandosi solo a titoli della stampa laica, della superficialità,
sia da parte di fedeli che da parte dei pastori.
La coscienza non è: “tutto
quello che decido io è giusto” ma per riprendere alla lettera l’espressione
inglese “qua si ferma il giovanotto” che ho tradotto “qua si ferma il capriccio”.
La
vera questione su ‘Amoris’ è una vecchia questione sulla coscienza.
Austen
Ivereigh 15 gennaio 2017. Dal Sito “Crux”
L’ Arcivescovo
Charles J. Scicluna e il Vescovo Mario Grech hanno steso delle linee-guida per
preti, per l’applicazione del capitolo VIII dell’Esortazione Apostolica ‘Amoris
Laetitia’ di papa Francesco. (credit: thechurchinmalta.org.)
Il cuore delle
dispute su Amoris Laetitia, che si sono di nuovo infiammate nel fine settimana seguente
la pubblicazione delle linee-guida dei Vescovi Maltesi sull’ammissione ai
sacramenti dei divorziati-risposati, non è la dottrina o la legge ma il ruolo
della coscienza.
Ma
l’allontanamento maggiore, molto probabilmente, si verifica nei confronti di un
altro documento di magistero di Giovanni Paolo, Veritatis Splendor del 1993, che argomentava contro il relativismo
morale e il cattivo uso della coscienza per giustificare una moralità
soggettiva.
I quattro
cardinali che hanno firmato la lettera di sfida a Papa Francesco su Amoris citano specificamente Veritatis, chiedendo se è ancora valido
che, come dicono parafrasando Veritatis,
“la coscienza non può mai essere autorizzata a legittimare eccezioni a norme
morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive in virtù del
loro oggetto.”
Afferrare la
natura di questo cambiamento che sta tanto a cuore ai critici di Amoris è la chiave per comprendere la
disputa.
Non è un
cambiamento dottrinale. Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede, il Card. Gerhard Muller ha confermato ciò che è ovvio da Amoris stesso: “non vi è difficoltà
dottrinale con l’esortazione che riafferma l’insegnamento costante della Chiesa
rispetto all’indissolubilità del matrimonio, affermando all’inizio del cap. 8
che “qualunque rottura del patto matrimoniale è contro la volontà di Dio.”
Neppure la legge
è cambiata. Amoris non mette mai in
dubbio né il Canone 915 che richiede che sia rifiutata la Comunione a quelli
che “ostinatamente perseverano in peccato grave” né il Canone seguente “che
persone consapevoli di peccato grave non si dovrebbero presentarsi per ricevere
la Comunione”. Il nucleo del principio centrale della legge, cioè che gli
adulteri non devono ricevere l’ Eucarestia, è sempre valido.
Ma, mentre Amoris è molto chiara sul non voler
creare nuove norme o leggi, è anche chiarissima nel promuovere un nuovo atteggiamento.
Ciò che cerca Amoris è un nuovo atteggiamento da parte
della Chiesa verso coloro che sono in situazioni irregolari, che si muova da una
posizione originaria centrata sulla difesa della legge e la difesa dell’istituzione dalla contaminazione, verso
una posizione centrata sul bisogno di accompagnamento e di cura delle vittime
del divorzio, specialmente quelle che cercano l’integrazione nella Chiesa.
Proprio come la
donna presa in adulterio, il peccatore è sempre un peccatore; ma Gesù la vede anche
come una vittima bisognosa di aiuto e di cure. Questa è una logica molto
diversa da quella dei dottori della legge la cui posizione primaria porta, necessariamente,
a scansarla (e a lapidarla) pour
encourager les autres (in francese nel testo e cioè: “per incoraggiare gli
altri”. Forse l’autore voleva dire “scoraggiare” o “educare” gli altri. Ndt.).
Familiaris, scritta in un’epoca in cui il divorzio
era legale ma non ancora generale tra i Cattolici in molti paesi, riflette
questa logica. I Cattolici divorziati e risposati civilmente sono descritti
come chi ha “rotto il segno dell’Alleanza e della Fedeltà a Cristo” e come chi
causa un danno all’istituto della famiglia.
Poiché i sacramenti
dell’Eucarestia e del Matrimonio sono segni dell’Alleanza di Cristo con la
Chiesa, coloro la cui situazione di vita contraddice oggettivamente l’Alleanza
mettono se stessi fuori dai Sacramenti fin quando non si pentono ritornando alla
prima unione.
Oppure, se non
possono farlo perché ne seguirebbe un grave danno ( per esempio ai figli di una
nuova unione ), il prezzo del ritorno è vivere come fratello e sorella, purché la
comunità ecclesiale non rimanga scandalizzata o confusa.
Amoris, frutto di un Sinodo che ha speso molto
tempo nell’esame del mondo così come è ora, ha un approccio diverso. Il
divorzio non è più un lupo che si aggira “là fuori”, e dal quale il gregge deve
essere difeso; il lupo è all’interno dell’ovile devastando il gregge. Inoltre, la
Chiesa ha fallito nel tenere fuori il lupo: i Cattolici si sono trovati
dolorosamente impreparati al collasso della comprensione del matrimonio nella cultura
globale della società.
Amoris guarda un gregge ferito e cerca vie per
fasciare le ferite e riportare il gregge alla salute. Essa riconosce che
perfino quando la gente è caduta, la grazia rimane operativa, e che non tutte
le situazioni concrete di divorzio e nuove nozze (come l’esempio fornito a Crux
da P. Paul Keller che fu contestato dal canonista Dr. Edward Peters ) sono
direttamente dei casi di adulterio.
La teologia di Familiaris si situa al livello del
sacramentale e dell’oggettivo, mentre Amoris,
che riflette il Sinodo, è essenzialmente pastorale e personale. Non c’è
contraddizione di per se tra le due:
il matrimonio è insieme una realtà
ontologica e una vocazione, una
chiamata alla conversione. Ma c’è un chiaro sviluppo, il quale ha delle
implicazioni.
Amoris si riferisce molte
volte, come Familiaris, al matrimonio
come ad un’Alleanza di Cristo con la Chiesa, ma dice che è un’ “analogia imperfetta”
perché due esseri umani peccatori non possono riprodurre perfettamente l’Alleanza
di Cristo. Una coppia sposata è (si spera) in cammino – con l’aiuto della
Grazia – verso un’emulazione perfetta dell’Alleanza, ma segno e realtà non sono
ancora una cosa sola.
Il pericolo di
non afferrare che il matrimonio è
“un’analogia imperfetta” dell’Alleanza Cristo-Chiesa è che porta logicamente ad
una posizione rigorista. Quelli che si sono posti al di fuori del matrimonio
sono fuori dal patto solenne dell’amore di Cristo, non sono in Comunione e
perciò sono esclusi dall’Eucarestia. Ma se l’analogia è imperfetta, questa
semplice divisione tra quelli dentro e quelli fuori non sta più in piedi. Quanti
hanno rotto il patto solenne del matrimonio non sono fuori dall’amore di
Cristo, che si estende a tutti quelli che non sono riusciti a raggiungerlo.
Amoris prende
seriamente quella parte del nucleo della dottrina cattolica (la misericordia di
Dio include i peccatori) incorporandola nella prassi della Chiesa. Così che
laddove la logica di Familiaris è che
i divorziati-risposati sono peccatori che si devono pentire del loro
comportamento per essere riammessi nell’ovile, la logica di Amoris è che la Chiesa
deve estendersi fino a loro e cercare i modi per riportarli dentro l’ovile attraverso
l’accompagnamento e il discernimento.
Ma Amoris dice chiaramente
che non si tratta semplicemente di applicare la legge alla gente. Bisogna andare
oltre la legge, nel campo della coscienza. Spetta ai pastori “formare” le
coscienze, non “sostituirle”. In altre parole, le coscienze debbono essere
rispettate come tribunali, dove legge, dottrina e situazione individuale nella
vita reale, possono essere messe insieme e confrontate.
Questo è il vero
cambiamento ed è la parte che rende nervosi molti. Laddove Familiaris riconosceva che vi erano chiare differenze morali tra,
per esempio, quelli che avevano abbandonato il coniuge e quelli che erano stati
abbandonati, e aveva richiesto di far loro spazio nella vita parrocchiale, era
stato aggiunto un grosso “tuttavia”.
Il “tuttavia”
rifletteva la logica dei dottori della legge. Poiché il loro stato “contraddiceva
oggettivamente” l’Alleanza di Cristo e poiché se essi fossero stati ammessi ai
Sacramenti, i fedeli sarebbero stati indotti in errore e confusione, solo se i
divorziati-risposati vivessero insieme come fratello e sorella avrebbero potuto
ricevere l’Eucarestia.
In Familiaris la coscienza gioca un ruolo molto
piccolo, tranne che come mezzo per tentare di comprendere ed obbedire alla
legge così come universalmente applicata. Questo è l’approccio che il Card.
Raymond Burke e Peters difendono come immutabile insegnamento cattolico.
L’obiezione di Peters
sia a Keller in Crux che ora alle
linee-guida dei vescovi maltesi (che egli descrive come “disastro”) è che essi
hanno fatto in modo che la coscienza individuale avesse la meglio sulla legge,
ripudiando così i canoni 915 e 916. Keller e i vescovi maltesi, dice Peters,
hanno accettato che “per un Cattolico, una valutazione della propria coscienza sia
l’unico criterio che guidi la decisione del ministro per dare la Santa
Comunione ad un fedele”.
Ma questo non è
ciò che Amoris insegna sull’uso della
coscienza. Amoris ricupera una comprensione
cattolica tradizionale della coscienza che
fu espressa al Vaticano II in Lumen
Gentium e Gaudium et Spes. Molti hanno visto gli argomenti contro il relativismo
di Giovanni Paolo in Veritatis Splendor
come restringenti questa comprensione.
Come il Vaticano
II e la tradizione cattolica in generale, Amoris
descrive la coscienza come il santuario intimo e il nucleo della persona, dove
si è soli con Dio, davanti al Suo giudizio. La coscienza non è un modo di
evadere la responsabilità, ma di assumerla. Non è “qualunque cosa io decida è
giusto” ma piuttosto “il capriccio si ferma qui”.
Nei fatti, nel
processo di discernimento che è descritto in tutti i suoi particolari in Amoris, la coscienza deve essere formata
e informata; una decisione finale deve essere raggiunta insieme al pastore che
conosce la legge e la dottrina della Chiesa. E’ un processo che ha luogo non “fuori” dalla legge, ma “oltre” essa.
Il co-autore
delle linee-guida dei vescovi maltesi, l’arcivescovo Charles Scicluna si può difficilmente
definire un liberale o antinomista (uno che è contrario alla legge; nomos in
greco. Ndt.). Famoso come scelto da Papa Benedetto per riformare la legge sull’abuso
dei minori, è uno dei canonisti più importanti della Chiesa. La sua tesi di
laurea aveva come oggetto la legge canonica del matrimonio, e il suo Direttore
di tesi fu niente meno che Burke.
Eppure Scicluna e
i pastori suoi amici hanno preso l’antica teologia della coscienza restaurata
da Amoris. Nel paragrafo chiave 10,
che ha causato tanto scandalo tra alcuni, i due Vescovi elencano una intera
serie di “se” che sono una quasi garanzia (per lo meno, parlando sul piano
umano) che Dio ha parlato direttamente a una persona nella profondità della sua
anima.
Se alla fine del discernimento; se è stato considerato – come richiedeva
Amoris – con umiltà, con prudenza e
amore per la Chiesa e il suo insegnamento, se
un divorziato risposato civilmente ha ricercato con sincerità, con coscienza
informata, la volontà di Dio, e ha il desiderio di rispondere più perfettamente
ad essa, e se, alla fine di tutto
questo, egli è “in pace con Dio”, allora “non si può escluderlo” dai Sacramenti
della Riconciliazione e dell’Eucarestia.
Peters parla
della decisione del ministro di dare (oppure no) i Sacramenti; sta controllando
i confini. I vescovi maltesi parlano del ministro che non può rifiutare i
Sacramenti a qualcuno che ha raggiunto la pace attraverso una decisione
raggiunta in piena coscienza come risultato di un discernimento autentico. Dio
va oltre (non contro) la legge e parla direttamente al cuore umano; un ministro
di Dio, avendo accompagnato e “reso sicuro” il processo, può solo rispettare
tutto ciò.
E’ facile capire
perché questo faccia alzare segnali di pericolo. In una società che esalta la
coscienza individuale come una sorta di tribunale soggettivo, impenetrabile ad
idee esterne come legge e verità, questa posizione può apparire come una resa
al soggettivismo. Ma è qualcosa di totalmente diverso: è il modo cattolico di
applicare la legge per vie che rispettino la libertà d’azione di Dio.
Ironicamente, ciò
rende molto più difficile - infatti, se Amoris
viene letta in modo corretto, diventa impossibile – che un tal dei tal decida
semplicemente, da solo, senza discernere col pastore, che può ricevere la Comunione.
Familiaris dice: questa è la legge, accettala o
rifiutala (come hanno fatto molti). Amoris
dice: questa è la legge e l’insegnamento della Chiesa; lasciaci aiutarti ad
applicarla, nel tuo caso individuale, sub
specie aeternitatis e con piena conoscenza di tutto ciò che la Chiesa
insegna.
La disputa su Amoris capitolo 8, in breve, non è tra
pastori che vogliono ignorare la legge contro legalisti che insistono su di
essa. E’ una discussione teologica su come la legge deve essere applicata e su quale
posto occupi la coscienza.
Il miglior argomento
dei detrattori è che in una società individualistica, sarà impossibile evitare
il cattivo uso della coscienza: l’uso tradizionale della coscienza a cui fa
appello Amoris deve essere respinto a
causa delle esigenze dell’epoca in cui viviamo.
Il miglior argomento
dei sostenitori, d’altra parte, è che l’uso della coscienza a cui Amoris richiama la Chiesa, appartiene al
perenne insegnamento della Chiesa, che deve essere difeso, in qualunque epoca.
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