“Meglio atei che cristiani!”. “Meglio
atei che andare in chiesa!”. L’ha detto Papa Francesco! Papa Francesco dixit! Tutti
i giornali hanno ripreso l’udienza del mercoledì (2 gennaio 2019) del Papa. Purtroppo
spesso i titoli degli articoli di giornale dicono subito quale livello di
comprensione basso ci sta in giro. O di mala fede? Commentatori professionisti
si sono sbizzarriti a chiosare per dire se il Papa aveva sbagliato o meno nel parlare,
non partendo però dalle sue parole esatte che si comprendevano da sole. Perfino “Maicolengel Butac”, con semplice buon senso, sul suo sito B.U.T.A.C (Bufale Un
Tanto Al Kilo; un sito che raccomando a molti di visitare prima di diffondere
notizie non verificate e ricevute da non si sa chi…) sente di venire in
soccorso del Papa frainteso.
Cosa ha detto il Papa?
“Ecco dunque come Gesù introduce l’insegnamento della preghiera del “Padre
nostro”. Lo fa prendendo le distanze da due gruppi del suo tempo. Anzitutto gli
ipocriti: «Non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli
delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente» (Mt 6,5). C’è gente che è capace
di tessere preghiere atee, senza Dio e lo fanno per essere ammirati
dagli uomini. E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che
vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono
odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio non andare in chiesa: vivi così, come
fossi ateo. Ma se tu vai in chiesa, vivi come figlio, come fratello e
dà una vera testimonianza, non una contro-testimonianza. La preghiera
cristiana, invece, non ha altro testimone credibile che la propria coscienza,
dove si intreccia intensissimo un continuo dialogo con il Padre: «Quando tu
preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel
segreto» (Mt 6,6).”
Essere ateo è una cosa, vivere come
se io fossi ateo è un’altra cosa. Cioè non rivolgendomi come figlio a Dio,
stando umilmente e fiduciosamente alla sua presenza di Signore e di Padre, ma pregando
“tra sé”, come il fariseo della parabola (Luca 18,10 ss). Papa Francesco dice
solo quello che dice il Vangelo.
Ma tutto quel testo di papa
Francesco è una meraviglia da meditare! Quindi leggiamolo tutto.
PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 2 gennaio 2019
Mercoledì, 2 gennaio 2019
Catechesi sul “Padre nostro”: 3. Al
centro del discorso della montagna
Cari fratelli e sorelle, buongiorno
e anche buon anno!
Proseguiamo le nostre catechesi sul
“Padre nostro”, illuminati dal mistero del Natale che
abbiamo da poco celebrato.
Il Vangelo di Matteo colloca il
testo del “Padre nostro” in un punto strategico, al centro del discorso della
montagna (cfr 6,9-13). Intanto osserviamo la scena: Gesù sale sulla collina
presso il lago, si mette a sedere; intorno a sé ha la cerchia dei suoi
discepoli più intimi, e poi una grande folla di volti anonimi. È questa
assemblea eterogenea che riceve per prima la consegna del “Padre nostro”.
La collocazione, come detto, è
molto significativa; perché in questo lungo insegnamento, che va sotto il nome
di “discorso della montagna” (cfr Mt 5,1-7,27), Gesù condensa
gli aspetti fondamentali del suo messaggio. L’esordio è come un arco decorato a
festa: le Beatitudini. Gesù incorona di felicità una serie di categorie di
persone che nel suo tempo – ma anche nel nostro! – non erano molto considerate.
Beati i poveri, i miti, i misericordiosi, le persone umili di cuore… Questa è
la rivoluzione del Vangelo. Dove c’è il Vangelo, c’è rivoluzione. Il Vangelo
non lascia quieto, ci spinge: è rivoluzionario. Tutte le persone capaci di
amore, gli operatori di pace che fino ad allora erano finiti ai margini della
storia, sono invece i costruttori del Regno di Dio. È come se Gesù dicesse:
avanti voi che portate nel cuore il mistero di un Dio che ha rivelato la sua
onnipotenza nell’amore e nel perdono!
Da questo portale d’ingresso, che
capovolge i valori della storia, fuoriesce la novità del Vangelo. La Legge non
deve essere abolita ma ha bisogno di una nuova interpretazione, che la
riconduca al suo senso originario. Se una persona ha il cuore buono,
predisposto all’amore, allora comprende che ogni parola di Dio deve essere
incarnata fino alle sue ultime conseguenze. L’amore non ha confini: si può
amare il proprio coniuge, il proprio amico e perfino il proprio nemico con una
prospettiva del tutto nuova. Dice Gesù: «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e
pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro
che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa
piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,44-45).
Ecco il grande segreto che sta alla
base di tutto il discorso della montagna: siate figli del Padre vostro
che è nei cieli. Apparentemente questi capitoli del Vangelo di Matteo
sembrano essere un discorso morale, sembrano evocare un’etica così esigente da
apparire impraticabile, e invece scopriamo che sono soprattutto un discorso
teologico. Il cristiano non è uno che si impegna ad essere più buono degli
altri: sa di essere peccatore come tutti. Il cristiano semplicemente è l’uomo
che sosta davanti al nuovo Roveto Ardente, alla rivelazione di un Dio che non
porta l’enigma di un nome impronunciabile, ma che chiede ai suoi figli di
invocarlo con il nome di “Padre”, di lasciarsi rinnovare dalla sua potenza e di
riflettere un raggio della sua bontà per questo mondo così assetato di bene,
così in attesa di belle notizie.
Ecco dunque come Gesù introduce
l’insegnamento della preghiera del “Padre nostro”. Lo fa prendendo le distanze
da due gruppi del suo tempo. Anzitutto gli ipocriti: «Non siate simili agli
ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando
ritti, per essere visti dalla gente» (Mt 6,5). C’è gente che è
capace di tessere preghiere atee, senza Dio e lo fanno per essere ammirati
dagli uomini. E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che
vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono
odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio
non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo. Ma se tu vai in chiesa, vivi
come figlio, come fratello e dà una vera testimonianza, non una
contro-testimonianza. La preghiera cristiana, invece, non ha altro testimone
credibile che la propria coscienza, dove si intreccia intensissimo un continuo
dialogo con il Padre: «Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la
porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto» (Mt 6,6).
Poi Gesù prende le distanze dalla
preghiera dei pagani: «Non sprecate parole […]: essi credono di venire
ascoltati a forza di parole» (Mt 6,7). Qui forse Gesù allude a
quella “captatio benevolentiae” che era la necessaria premessa di tante
preghiere antiche: la divinità doveva essere in qualche modo ammansita da una
lunga serie di lodi, anche di preghiere. Pensiamo a quella scena del Monte
Carmelo, quando il profeta Elia sfidò i sacerdoti di Baal. Loro gridavano,
ballavano, chiedevano tante cose perché il loro dio li ascoltasse. E invece
Elia, stava zitto e il Signore si rivelò a Elia. I pagani pensano che parlando,
parlando, parlando, parlando si prega. E anche io penso a tanti cristiani che
credono che pregare è – scusatemi – “parlare a Dio come un pappagallo”. No!
Pregare si fa dal cuore, da dentro. Tu invece – dice Gesù –, quando preghi,
rivolgiti a Dio come un figlio a suo padre, il quale sa di quali cose ha
bisogno prima ancora che gliele chieda (cfr Mt 6,8). Potrebbe
essere anche una preghiera silenziosa, il “Padre nostro”: basta in fondo
mettersi sotto lo sguardo di Dio, ricordarsi del suo amore di Padre, e questo è
sufficiente per essere esauditi.
È bello pensare che il nostro Dio
non ha bisogno di sacrifici per conquistare il suo favore! Non ha bisogno di
niente, il nostro Dio: nella preghiera chiede solo che noi teniamo aperto un
canale di comunicazione con Lui per scoprirci sempre suoi figli amatissimi. E
Lui ci ama tanto.
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