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sabato 5 novembre 2022

IL VERO PROBLEMA DELLA "MORTE DEGNA E LIBERA" / Appello del Collettivo "Soulager mais pas tuer"

La vita di Philippe Pozzo di Borgo (qui con Abdel Sellou, suo "diavolo custode")
 ha ispirato il film "Intouchables" (sulla foto gli attori Omar Sy e François Cluzet; 
 "Quasi Amici" nella versione italiana). 



La famiglia Pozzo di Borgo.

Appello struggente lanciato da Philippe Pozzo di Borgo,  Padrino del collettivo “Soulager mais pas tuer” (Dare sollievo ma non uccidere):

“Oggi rivolgo un APPELLO SOLENNE ai parlamentari di oggi e di domani: NON ABOLIRE LE NOSTRE VITE! Soprattutto non quelle dei più fragili.

Non vi rendete conto del disastro che sta causando tra le persone che lottano con vite difficili il vostro sostegno all'eutanasia o al suicidio assistito come delle morti "libere, dignitose e coraggiose".

Avrei mancato di dignità, coraggio e libertà restando vivo, io l’intoccabile, dipendente al cento per cento dall'aiuto degli altri per vivere e quindi per partecipare alla vita della società?

Più di un quarto di secolo di tetraplegia, segnata – oserei dire – da tante gioie quanto da veri dolori, mi hanno vaccinato contro la trappola della parola “libertà”:

• In piena libertà, dopo il mio incidente, quando non vedevo alcun senso in questa vita di sofferenza e di immobilità, avrei chiesto l'eutanasia se mi fosse stata offerta.

• In piena libertà, avrei ceduto alla disperazione, se non avessi letto, negli occhi di chi mi cura e dei miei cari, un profondo rispetto per la mia vita, nello stato deplorevole in cui mi trovavo. La loro considerazione è stata la luce che mi ha convinto che la mia stessa dignità era intatta. Sono loro – e tutti coloro che mi vogliono bene – che mi hanno dato la voglia di vivere.

In realtà, affermare che nel menù della vita si può “scegliere la propria morte” è assurdo e violento, così come è assurdo e violento pretendere che un operatore sanitario trasgredisca il divieto di uccidere. Perché è questo divieto che ne limita l'onnipotenza, ci mette alla pari, mi autorizza ad esistere e, se ne sento il bisogno, a lamentarmi senza timore di essere spinto verso l'uscita.

Ci viene detto: “È un diritto che vi offriamo; non vi toglie nulla." Ma sì! Questo cosiddetto diritto mi toglie la mia dignità, e prima o poi mi mostra la porta. Non vedete la pressione - per non dire l'oppressione - che sale quando una società rende eleggibili alla morte i più umiliati, i più sofferenti, i più isolati, i più sfigurati, i meno resistenti alla pietà degli altri?, e – alcuni lo stanno già rivendicando – i più costosi?

Con i miei amici di "Soulager mais pas tuer", lancio questo solenne appello: il momento è di prendersi cura gli uni degli altri, accompagnare ognuno, alleviare ogni dolore, pena e sofferenza, tessere di nuovo legami di solidarietà con le persone malate, dipendenti, isolate. Il momento è più che mai quello di alleviare, non di uccidere. »


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