Questa conversione e questa trasfigurazione non possono accadere senza la grazia. L’intelligenza umana si rivela costitutivamente ordinata alla grazia e si appoggia sulla grazia per essere pienamente se stessa, così come accade per la persona umana.[125]È ciò che permette di comprendere come le facoltà umane, consegnate a se stesse e trasfigurate dall’evento Gesù Cristo, sono portate al loro compimento grazie alla loro realizzazione nei modi della fede, della speranza e della carità, anticipazioni in questo mondo della vita nella gloria: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5).
1.3. L’ingresso teologale nella conoscenza del Padre attraverso la preghiera del Cristo
78. Come entrare nel “pensiero di Cristo” che è offerto dall’evento Gesù Cristo? Poiché Gesù Cristo non è un semplice insegnante o una guida, bensì la rivelazione e la verità stessa di Dio, i suoi destinatari sono più che semplici ricettori di un’istruzione. Poiché la persona del Risorto non è un oggetto del passato, colui che vuole comprendere il mistero intimo di Gesù, la rivelazione di Dio nella sua umanità, deve lasciarsi coinvolgere nella sua relazione di comunione col Padre divino. Ciò avviene in virtù della vita teologale, grazie alla lettura delle Scritture nella Chiesa, grazie alla preghiera personale e liturgica, e soprattutto grazie all’Eucaristia.
79. La partecipazione per grazia alla preghiera di Cristo costituisce la via regale del riconoscimento di Cristo che svela la conoscenza del Padre («Il Padre mio e Padre vostro», in Gv 20,17). Joseph Ratzinger / Papa Benedetto XVI afferma: «Poiché la preghiera è il centro della persona di Gesù, è partecipando alla sua preghiera che noi possiamo conoscerlo e comprenderlo».[126]In altri termini, la conoscenza di Cristo comincia con l’ingresso nell’atto di preghiera di Gesù da parte di colui che lo riconosce: «Dove non si dà rapporto con Dio, anche Colui che nel più profondo non è altro che rapporto con Dio, con il Padre, rimane incomprensibile».[127] Ciò che vale per ogni credente vale anche per la Chiesa nel suo insieme. Solo in quanto comunità di preghiera inscritta nella relazione di Gesù col Padre la Chiesa è il “noi” che riconosce Cristo tale quale è evocato in Gv 5,18-20[128] e in 1Gv 3,11. Si tratta, di nuovo, della trama delle affermazioni cristologiche del Simbolo: «La fondamentale espressione dogmatica “Figlio consustanziale”, nella quale si può riassumere tutta la testimonianza degli antichi concili, non fa altro che tradurre il fatto della preghiera di Gesù in linguaggio filosofico-teologico».[129] La fede espressa a Nicea nasce dalla relazione di Gesù col Padre e vi fa entrare, per offrire agli esseri umani e alla Chiesa la partecipazione alla conoscenza e alla comunione di Gesù col Padre e con lo Spirito Santo.
[125] Per questo san Tommaso d’Aquino insiste sul fatto che Adamo è stato dotato della grazia fin dalla creazione, senza la quale non avrebbe potuto realizzare la sua vocazione umana. Cf. Sancti Thomae de Aquino Scriptum super Sententiis liber II, d.29, q.1, a.2; d.30, q.1, a.1; Summa theologica, I, q.95, a.1; I-II, q.109, a.5.
[126] J. Ratzinger, Gesù di Nazaret. Scritti di cristologia, (Opera Omnia 6/2), ed. it. a cura di P. Azzaro, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, p. 85.
[127] Ibid., p. 86.
[128] «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati» (Gv 5,19-20); «Poiché questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri» (1Gv 3,11).
[129] J. Ratzinger, Gesù di Nazaret, op. cit., p. 92.
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