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giovedì 3 luglio 2025

COME DIO PUÒ MORIRE? / 16 NICEA, Gesù Cristo, .... n. 27.



2.3. La grandezza dell’atto salvifico: il mistero pasquale

27. Il realismo e la dimensione trinitaria della salvezza in Cristo trovano il loro compimento nel mistero pasquale. Il Figlio, luce di Dio e vero Dio, s’incarna, soffre, muore, discende allo sheol e risuscita. Si tratta ancora qui di una novità inaudita. La difficoltà di Ario non riguardava solo l’unità di Dio, incompatibile con la generazione di un Figlio, ma anche la comprensione della sua divinità, incompatibile con la passione di Cristo. Eppure, è proprio nel Cristo e soltanto nel Cristo che noi comprendiamo ciò di cui Dio stesso è capace, al di là di tutti i limiti posti dalle nostre precomprensioni. Si tratta di prendere sul serio il grido di Gesù come grido del Figlio di Dio, espresso nel sudore di sangue e nella paura: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice» (Mt 26,39b). La stessa parola homooúsios aiuta a realizzare l’inaudito della kenosi dell’Incarnazione: solo l’affermazione del Figlio “consustanziale” al Padre permette di realizzare la radicalità e la profondità di ciò a cui questo stesso Figlio ha acconsentito assumendo la condizione umana. In un certo senso, si potrebbe dire che il Figlio, semper major, si fa veramente minor e che il Dio Altissimo discende quanto più in basso in Gesù Cristo (cf. Fil 2,5-11). Ora, anche se solo il Cristo nasce, soffre la passione e muore, noi possiamo dire che «unus de Trinitate passus est».[41] Tutta la Trinità è coinvolta, ciascuna persona in maniera singolare, nella passione salvifica di Cristo. Così, la passione ci rivela il senso realmente divino della “onnipotenza”. L’onnipotenza del Dio trinitario è identica al dono di sè e all’amore. Il Redentore crocifisso non è quindi la dissimulazione, ma la rivelazione dell’onnipotenza del Padre. 


[41] Giovanni II, Lettera Olim quidem, marzo 534, DH 401. «Se qualcuno non confessa che il Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e Uno della santa Trinità, costui sia anatema», II Concilio Ecumenico di Costantinopoli, Anatematismo 10, DH 432.


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