Ci sono due modi opposti di vivere la religione: il
primo è quello della ricerca della sola sicurezza, il secondo è quella del
rischio che rappresenta l’abbandono a Dio. Il primo modo è propriamente religione,
il secondo è fede. Il cristianesimo non è una religione ma una fede, un
camminare, una Via.
San Paolo viveva la sua religione come sicurezza:
difendeva le tradizioni dei Padri che erano ben conosciute. Il cristianesimo nascente
metteva in pericolo le sue certezze e quelle della gente comune, quindi andava
combattuto anche con la violenza. La sua preghiera era prigioniera, doveva
servire a rafforzare le sue certezze. Ma comunque pregava e Dio gli metteva
dentro un senso di inquietudine, fino a quando, misericordiosamente, lo abbatté
sulla via di Damasco ed egli accettò di
passare, attraverso un percorso comunque forte di giorni, dalla religione alla fede.
Quando Gesù annuncia che per essere salvati bisogna mangiare
il suo corpo e bere il suo sangue, disorienta i suoi ascoltatori, i
scandalizza, suscitando tra loro un’aspra discussione. E infatti la proposta è
sconvolgente. E Gesù non cerca di rassicurare spiegando che sarà attraverso la
forma del pane e del vino, perché la realtà è veramente mangiare il suo corpo e
bere il suo sangue. Solo fidandosi totalmente di lui si può accettare. Purtroppo,
una volta che il cristianesimo è diventato una religione installata, ci siamo trovati
con l’Eucaristia. Non potendola cancellare abbiamo cercato di neutralizzarla il
più possibile: per rassicurarci l’abbiamo sentimentalizzata, ridotta a
emozione, a certificato di buona condotta, a premio per i buoni e l’abbiamo sacralizzata,
ritualizzata in modo estremo, rigidamente fisso, dichiarando tra l’altro
sacrilegio il ricevere la comunione sulle mani. Di recente, invece, per lottare
contro questa deriva religiosa, molti l’hanno ridotta a mero simbolo,
banalizzandola. Lo scopo è sempre lo stesso: evitare il rischio di entrare in
comunione con il Signore che ci mette in cammino e ci invita a vivere con lui,
ad accettare le sue sorprese.
Prima
Lettura At 9, 1-20
Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome
dinanzi alle nazioni.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Sàulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damàsco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via.
E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damàsco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».
Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.
C’era a Damàsco un discepolo di nome Ananìa. Il Signore in una visione gli disse: «Ananìa!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Sàulo, di Tarso; ecco, sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Ananìa: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome».
Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Sàulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damàsco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.
Salmo Responsoriale Salmo 116
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti
tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché
forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
Canto al Vangelo Gv 6,56
Alleluia, alleluia.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue
rimane in me e io in lui, dice il Signore.
Alleluia.
Vangelo Gv 6, 52-59
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Dal
vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può
costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera
bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il
Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui
che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
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