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sabato 2 agosto 2025

SULLA CROCE GESÙ È ALL' "ALTEZZA" DI DIO, CHE È AMORE / 41. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 73-74.


73. Se Gesù ci fa vedere il Padre, tutto in lui è accesso al Padre. Cristo, nella sua umanità fragile e vulnerabile, è l’espressione vera di Dio Padre: vedere lui, è vedere il Padre (cf. Gv 14,9).[115]Ne deriva che Dio non si è dapprima nascosto sul Golgota nell’impotenza del Crocifisso per poi manifestarsi, il mattino di Pasqua, di persona, infine onnipotente. Al contrario, l’amore di Gesù Cristo che si lascia crocifiggere e che, soffrendo la morte fisica, discende fino al luogo in cui il peccatore è prigioniero del peccato (lo šəʾôl ossia gli inferi), è la rivelazione dell’amore del Dio trinitario che non opera mediante la forza, ma che è proprio così più forte della morte e del peccato. È appunto davanti alla croce che Marco fa dire al centurione pagano: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Come affermava Papa Benedetto XVI nel suo libro su Gesù:

La Croce è la vera “altezza”. È l’altezza dell’amore “fino alla fine” (Gv 13,1); sulla croce Gesù è all’“altezza” di Dio, che è Amore. Lì si può “conoscerlo”, si può riconoscere l’“Io Sono”. Il roveto ardente è la Croce. La suprema pretesa di rivelazione, l’“Io Sono” e la Croce di Gesù sono inseparabili.[116] 

74. La conoscenza di Dio attraverso Cristo non offre un semplice contenuto dottrinale ma inserisce nella comunione salvifica con Dio, poiché fa immergere, per così dire, nel cuore stesso della realtà, o meglio, della persona da conoscere e amare. Il prologo del Vangelo di Giovanni è un’espressione della più alta contemplazione del mistero di Dio che ci è stato manifestato in Gesù perché noi entrassimo, nella grazia dello Spirito Santo effuso «senza misura» (Gv 3,34), nella vita stessa del Dio trinitario rivelato dal Logos. La figura di questo Logos fa eco non solo al Logos divino intravisto dal pensiero greco, ma anche, e più profondamente, all’eredità veterotestamentaria della Parola di Dio, il Dābār testimoniato dall’Antico Testamento, poiché già la rivelazione fatta a Israele e trasmessa nell’Antico Testamento introduce in una conoscenza di Dio radicalmente nuova, che inaugura questo avvenimento di Rivelazione. Questo Logos, il Figlio, “Dio da Dio”, che è fin dal principio con Dio, come la sua Parola che lo esprime in tutta verità, è lui stesso Dio come il Padre. Nella pienezza dei tempi, il Logos «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), in modo che coloro che lo accolgono ricevono «il potere (exousia) di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Ammettendo gli esseri umani alla piena comunione con lui, il Logos fatto carne li ha in tal modo «resi partecipi della natura divina».[117] 


[115] Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Dogm. Dei Verbum, 18 novembre 1965, 2.

[116] J. Ratzinger, Gesù di Nazaret. La figura e il messaggio, (Opera Omia 6/1), ed. it. a cura di P. Azzaro, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, p. 438.

[117] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Dogm. Dei Verbum, 18 novembre 1965, 2; cf. 2Pt 1,4.


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