“Il Papa non parla di Dio non parla di Cristo, non parla di
paradiso, parla solo di politica e di ecologia!” Chi dice questo, che problema ha?
Sicuramente la verità non gli arriva all’orecchio e al cuore.
In questa bellissima e potentissima catechesi del mercoledì, da
leggere e meditare assolutamente, in un testo di appena una cartella papa
Francesco nomina Gesù 8 volte, Dio 11 volte, e parla solo di paradiso come compimento
vero della vita. Una catechesi escatologica, impostata non con lo spavento del
giudizio (che ci sarà!) ma come la logica del tempo che prepara all’eternità e
sboccia in essa, e della vecchiaia come promessa!. “Solo in Dio (la vita) trova il
compimento!”
Suggerimento per la nostra parrocchia: il Papa parla del
ministero escatologico “ministero dell’attesa del Signore” che è presente tra i
carismi di coloro che seguono un cammino di iniziazione cristiana per adulti, ma
che non abbiamo mai ancora messo in pratica.
PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 10 agosto 2022
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Catechesi sulla Vecchiaia: 16.
“Vado a prepararvi un posto” (cfr Gv 14,2). La vecchiaia, tempo proiettato al
compimento.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
siamo ormai alle ultime catechesi dedicate alla vecchiaia.
Oggi entriamo nell’intimità commovente del congedo di Gesù dai suoi, ampiamente
riportato nel Vangelo di Giovanni. Il discorso di commiato inizia con parole di
consolazione e di promessa: «Non sia turbato il vostro cuore» (14,1); «Quando
sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me,
perché dove sono io siate anche voi» (14,3). Belle parole, queste, del Signore.
Poco prima, Gesù aveva detto a Pietro: tu «mi seguirai più
tardi» (13,36), ricordandogli il passaggio attraverso la fragilità della sua
fede. Il tempo della vita che rimane ai discepoli sarà, inevitabilmente, un
passaggio attraverso la fragilità della testimonianza e attraverso le sfide
della fraternità. Ma sarà anche un passaggio attraverso le entusiasmanti
benedizioni della fede: «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io
compio e ne compirà di più grandi» (14,12). Pensate che promessa è questa! Non
so se ci pensiamo fino in fondo, se ci crediamo fino in fondo! Non so, alle
volte credo di no…
La vecchiaia è il tempo propizio per la testimonianza
commossa e lieta di questa attesa. L’anziano e l’anziana sono in attesa, in
attesa di un incontro. Nella vecchiaia le opere della fede, che avvicinano noi
e gli altri al regno di Dio, stanno ormai oltre la potenza delle energie, delle
parole, degli slanci della giovinezza e della maturità. Ma proprio così rendono
ancora più trasparente la promessa della vera destinazione della vita. E qual è
la vera destinazione della vita? Un posto a tavola con Dio, nel mondo di Dio.
Sarebbe interessante vedere se nelle Chiese locali esiste qualche riferimento
specifico, destinato a ravvivare questo speciale ministero dell’attesa del
Signore – è un ministero, il ministero dell’attesa del Signore – incoraggiando
i carismi individuali e le qualità comunitarie della persona anziana.
Una vecchiaia che si consuma nell’avvilimento delle
occasioni mancate, porta avvilimento per sé e per tutti. Invece, la vecchiaia
vissuta con dolcezza, vissuta con rispetto per la vita reale scioglie
definitivamente l’equivoco di una potenza che deve bastare a sé stessa e alla
propria riuscita. Scioglie persino l’equivoco di una Chiesa che si adatta alla
condizione mondana, pensando in questo modo di governarne definitivamente la
perfezione e il compimento. Quando ci liberiamo da questa presunzione, il tempo
dell’invecchiamento che Dio ci concede è già in sé stesso una di quelle opere
“più grandi” di cui parla Gesù. In effetti, è un’opera che a Gesù non fu dato
di compiere: la sua morte, la sua risurrezione e la sua ascensione in Cielo
l’hanno resa possibile a noi! Ricordiamoci che “il tempo è superiore allo
spazio”. È la legge dell’iniziazione. La nostra vita non è fatta per chiudersi
su sé stessa, in una immaginaria perfezione terrena: è destinata ad andare
oltre, attraverso il passaggio della morte – perché la morte è un passaggio.
Infatti, il nostro luogo stabile, il nostro punto d’arrivo non è qui, è accanto
al Signore, dove Egli dimora per sempre.
Qui, sulla terra, si avvia il processo del nostro
“noviziato”: siamo apprendisti della vita, che – tra mille difficoltà –
imparano ad apprezzare il dono di Dio, onorando la responsabilità di
condividerlo e di farlo fruttificare per tutti. Il tempo della vita sulla terra
è la grazia di questo passaggio. La sicumera di fermare il tempo – volere
l’eterna giovinezza, il benessere illimitato, il potere assoluto – non è solo
impossibile, è delirante.
La nostra esistenza sulla terra è il tempo
dell’iniziazione alla vita: è vita, ma che ti porta avanti a una vita più
piena, l’iniziazione di quella più piena; una vita che solo in Dio trova il
compimento. Siamo imperfetti fin dall’inizio e rimaniamo imperfetti fino alla
fine. Nel compimento della promessa di Dio, il rapporto si inverte: lo spazio
di Dio, che Gesù prepara per noi con ogni cura, è superiore al tempo della
nostra vita mortale. Ecco: la vecchiaia avvicina la speranza di questo
compimento. La vecchiaia conosce definitivamente, ormai, il senso del tempo e
le limitazioni del luogo in cui viviamo la nostra iniziazione. La vecchiaia è
saggia per questo: i vecchi sono saggi per questo. Per questo essa è credibile
quando invita a rallegrarsi dello scorrere del tempo: non è una minaccia, è una
promessa. La vecchiaia è nobile, non ha bisogno di truccarsi per far vedere la
propria nobiltà. Forse il trucco viene quando manca la nobiltà. La vecchiaia è
credibile quando invita a rallegrarsi dello scorrere del tempo: ma il tempo
passa e questo non è una minaccia, è una promessa. La vecchiaia che ritrova la
profondità dello sguardo della fede, non è conservatrice per sua natura, come
dicono! Il mondo di Dio è uno spazio infinito, sul quale il passaggio del tempo
non ha più peso. E proprio nell’Ultima Cena, Gesù si proiettò verso questa
meta, quando disse ai discepoli: «Da ora non berrò più di questo frutto della
vite, fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi nel regno del Padre mio»
(Mt 26,29). È andato oltre. Nella nostra predicazione, spesso il
Paradiso è giustamente pieno di beatitudine, di luce, di amore. Forse gli manca
un po’ la vita. Gesù, nelle parabole, parlava del regno di Dio mettendoci più
vita. Non siamo più capaci di questo noi, nel parlare della vita che continua?
Cari fratelli e sorelle, la vecchiaia, vissuta nell’attesa
del Signore, può diventare la compiuta “apologia” della fede, che rende
ragione, a tutti, della nostra speranza per tutti (cfr 1 Pt 3,15).
Perché la vecchiaia rende trasparente la promessa di Gesù, proiettandosi verso
la Città santa di cui parla il libro dell’Apocalisse (capitoli 21-22). La
vecchiaia è la fase della vita più adatta a diffondere la lieta notizia che la
vita è iniziazione per un compimento definitivo. I vecchi sono una promessa,
una testimonianza di promessa. E il meglio deve ancora venire. Il
meglio deve ancora venire: è come il messaggio del vecchio e della vecchia
credenti, il meglio deve ancora venire. Dio conceda a tutti noi una vecchiaia
capace di questo!
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