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domenica 8 settembre 2019

MA ALLORA COME SI FA AD ESSERE DISCEPOLO DI GESU'? / XXIII° Domenica T.OM.

Celebrazione dell'ora media del Papa con le Monache di Clausura di Madagascar.

MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE
 Vi daranno per iscritto quello che ho preparato, così voi potrete leggerlo, meditarlo tranquille. Adesso io vorrei dirvi qualcosa dal cuore.
La Lettura del Primo Libro dei Re (2,2b-3), rivolta a Giosuè, incominciava con un appello al coraggio: “Sois courageux, montre-toi un homme!”. Coraggio. E per seguire il Signore ci vuole il coraggio, sempre, un po’ di coraggio. È vero che il lavoro più pesante lo fa Lui, ma ci vuole coraggio per lasciarlo fare. E mi viene in mente un’immagine, che mi ha aiutato tanto nella mia vita di sacerdote e di prete. Una tarda serata, due suore, una giovanissima e una vecchia camminavano dal coro, dove avevano pregato i Vespri, al refettorio. La vecchietta faceva fatica a camminare, era quasi paralitica, e la giovane cercava di aiutarla, ma la vecchietta si innervosiva, diceva: “Non toccarmi! Non fare questo che cado!”. E, Dio sa, ma sembra che la malattia avesse reso la vecchietta un po’ nevrotica. Ma la giovane sempre col sorriso la accompagnava. Alla fine arrivavano al refettorio, la giovane cercava di aiutarla a sedersi, e la vecchietta: “No, no, mi fa male, fa male qui…”, ma alla fine si sedeva. Una giovane, di fronte a questo, sicuramente avrebbe avuto voglia di mandarla a passeggio! Ma quella giovane sorrideva, prendeva il pane, lo preparava e glielo dava. Questa non è una favola, è una storia vera: la vecchia si chiamava Suor San Pietro, e la giovane Suor Teresa di Gesù Bambino.
Questa è una storia vera, che riflette un pezzetto della vita comunitaria, che fa vedere lo spirito con cui si può vivere una vita comunitaria. La carità nelle piccole e nelle grandi cose. Quella giovane avrebbe potuto pensare: “Sì, ma domani andrò dalla priora e dirò che invii una più forte ad aiutare questa vecchia perché non ce la faccio”. Non pensò così. Credette nell’obbedienza: “L’obbedienza mi ha dato questo mestiere e lo farò”. Con la forza dell’obbedienza faceva con carità squisita questo lavoro. So che tutte voi, suore di clausura, siete venute per stare vicine al Signore, per cercare la via della perfezione; ma la via della perfezione si trova in questi piccoli passi sulla strada dell’obbedienza. Piccoli passi di carità e di amore. Piccoli passi che sembrano niente, ma sono piccoli passi che attirano, che “fanno schiavo” Dio, piccoli fili che “imprigionano” Dio. Questo pensava la giovane: ai fili con cui imprigionava Dio, alle corde, corde di amore, che sono i piccoli atti di carità, piccoli, piccolissimi, perché la nostra piccola anima non può fare grandi cose.
Sii coraggiosa! Il coraggio di fare i piccoli passi, il coraggio di credere che, attraverso la mia piccolezza, Dio è felice, e compie la salvezza del mondo. “No ma io penso che deve cambiare la vita religiosa, deve essere più perfetta, più vicina a Dio, e per questo io voglio diventare priora, capitolare, per cambiare le cose!...”. Non dico che qualcuna di voi pensi questo… Ma il diavolo si insinua in questi pensieri. Se tu vuoi cambiare non solo il monastero, non solo la vita religiosa - cambiare e salvare con Gesù -, salvare il mondo incomincia con questi piccoli atti di amore, di rinuncia a sé stessi, che imprigionano Dio e lo portano tra noi.
Torniamo alla storia della giovane e della vecchia. Una di quelle sere, prima di cena, mentre andavano dal coro al refettorio – uscivano dieci minuti prima dal coro per andare al refettorio, passo passo – Teresa sentì una musica, da fuori…: c’era musica di festa, di ballo… E pensò a una festa dove le giovani e i giovani ballavano, onestamente, una bella festa di famiglia… forse nozze, compleanno… Pensò alla musica, a tutto quello… E sentì qualcosa dentro; forse ha sentito: “Sarebbe bello stare lì”, non so… E subito, decisa, disse al Signore che mai, mai avrebbe cambiato per quella festa mondana uno solo dei suoi gesti con la suora vecchietta. Questi la rendevano più felice di tutti i balli del mondo.
Sicuramente, a voi, la mondanità arriverà in tante forme nascoste. Sappiate discernere, con la priora, con la comunità in capitolo, discernere le voci della mondanità, perché non entrino in clausura. La mondanità non è una suora di clausura, anzi, è una capra che va per le sue strade, porta fuori dalla clausura… Quando ti vengono pensieri di mondanità, chiudi la porta e pensa ai piccoli atti di amore: questi salvano il mondo. Teresa preferì custodire la vecchietta e andare avanti.
Questo che vi dirò adesso, lo dirò non per spaventarvi, ma è una realtà, l’ha detto Gesù, e mi permetto di dirlo anch’io. Ognuna di voi, per entrare in convento, ha dovuto lottare, ha fatto tante cose buone e ha vinto, ha vinto: ha vinto lo spirito mondano, ha vinto il peccato, ha vinto il diavolo. Forse, il giorno in cui tu sei entrata in convento, il diavolo è rimasto sulla porta, triste: “Ho perso un’anima”, e se n’è andato. Ma poi è andato a chiedere consiglio a un altro diavolo più furbo, un diavolo vecchio, che sicuramente gli ha detto: “Abbi pazienza, aspetta…”. È un modo abituale di procedere del demonio. Gesù lo dice. Quando il demonio lascia libera un’anima, se ne va; poi, dopo un po’ di tempo, ha voglia di tornare, e vede quell’anima così bella, così ben sistemata, tanto bella, e ha voglia di entrare. E Gesù cosa ci dice? Quel diavolo va, ne cerca altri sette peggiori di lui e torna con quei sette, e vogliono entrare in quella casa sistemata. Ma non possono entrare facendo rumore, come se fossero ladri, devono entrare educatamente. E così i diavoli “educati” suonano il campanello: “Vorrei entrare…, cerco questo aiuto, quell’altro, quell’altro…”. E lo fanno entrare. Sono diavoli educati, entrano in casa, ti risistemano e poi, dice Gesù, la fine di quell’uomo o di quella donna è peggiore dell’inizio. Ma non ti sei accorta che quello era uno spirito cattivo? “No, era tanto educato, tanto buono! E adesso, no, io me ne vado a casa perché non posso tollerare questo…”. È troppo tardi ormai, tu l’hai lasciato entrare troppo dentro al tuo cuore. Non ti sei accorta, non hai parlato con la priora, non hai parlato con il capitolo, con qualche sorella della comunità? Il tentatore non vuole essere scoperto, per questo viene travestito da persona nobile, educata, a volte da padre spirituale, a volte... Per favore, sorella, quando tu senti qualcosa di strano, parla subito! Parla subito! Manifestalo. Se Eva avesse parlato in tempo, se fosse andata dal Signore a dirgli: “Questo serpente mi dice queste cose, tu cosa ne pensi?”. Se avesse parlato in tempo! Ma Eva non parlò, e venne il disastro. Questo consiglio vi do: parlate subito, parlate in tempo, quando c’è qualcosa che vi toglie la tranquillità; non dico la pace, ma prima ancora la tranquillità, poi la pace. Questo è l’aiuto, questa è la difesa che voi avete in comunità: una aiuta l’altra per fare un fronte unito, per difendere la santità, per difendere la gloria di Dio, per difendere l’amore, per difendere il monastero. “Ma noi ci difendiamo bene dalla mondanità spirituale, ci difendiamo bene dal diavolo perché abbiamo doppia grata, e in mezzo anche una tenda!”. La doppia grata e la tenda non sono sufficienti. Potreste averne cento di tende! Ci vuole la carità, la preghiera. La carità di chiedere consiglio in tempo, di ascoltare le sorelle, di ascoltare la priora. E la preghiera con il Signore, la preghiera: “Signore, è vero questo che sto sentendo, questo che mi dice il serpente, è vero?”. Quella giovane Teresa, appena sentiva qualcosa dentro, ne parlava con la priora…, che non la voleva, non le voleva bene la priora! “Ma come faccio ad andare dalla priora se lei ogni volta che mi vede mi fa vedere i denti!”. Sì, ma la priora è Gesù. “Ma, padre, la priora non è buona, è cattiva”. Lascia che lo dica il Signore, per te è Gesù la priora. “Ma la priora è un po’ anziana, non le funzionano bene le cose…”. Lascia che decida il capitolo; tu, se vuoi dire questo, lo dici in capitolo, ma tu vai dalla priora, perché è Gesù. Sempre la trasparenza del cuore! Sempre parlando si vince.
E questa Teresa, che sapeva di essere antipatica alla priora, andava da lei. È vero, bisogna riconoscere che non tutte le priore sono il premio Nobel della simpatia! Ma sono Gesù. La via obbedienziale è quella che ti assoggetta nell’amore, ci fa soggetti all’amore.
Poi, questa Teresa si è ammalata. Si è ammalata e, a poco a poco, le sembrava di aver perso la fede. Questa poveretta, che nella sua vita aveva saputo mandar via i diavoli “educati”, all’ora della morte non sapeva come farcela con il demonio che le girava attorno. Diceva: “Lo vedo: gira, gira…”. È  l’oscurità degli ultimi giorni, degli ultimi mesi della vita. Per la tentazione, la lotta spirituale, l’esercizio della carità non si va in pensione: fino alla fine tu dovrai lottare. Fino alla fine. Anche nell’oscurità. Lei pensava di aver perso la fede! E chiamava le suore perché buttassero acqua santa sul suo letto, perché portassero le candele benedette… La lotta nel monastero è fino alla fine. Ma è bella, perché in questa lotta – crudele ma bella – quando è vera, non si perde la pace.
Questo Papa – voi direte – è un po’ “folklorico”, perché invece di parlarci di cose teologiche, ci ha parlato come a delle bambine. Magari foste tutte bambine nello spirito, magari! Con quella dimensione di fanciullezza che il Signore ama tanto.
Vorrei finire la storia di Teresa con la vecchietta. Questa Teresa, adesso, accompagna un vecchio. E voglio dare testimonianza di questo, voglio dare testimonianza perché lei mi ha accompagnato, in ogni passo mi accompagna. Mi ha insegnato a fare i passi. A volte sono un po’ nevrotico e la mando via, come la Madre San Pietro. A volte l’ascolto; a volte i dolori non me la fanno ascoltare bene… Ma è un’amica fedele. Per questo non ho voluto parlarvi di teorie, ho voluto parlarvi della mia esperienza con una Santa, e dirvi cosa è capace di fare una santa e qual è la strada per diventare sante. Avanti! E coraggiose!

 Prima Lettura  Sap 9, 13-18
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
Dal libro della Sapienza.
Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza». 

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 89
Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. 

Seconda Lettura  
Fm 9b-10. 12-17

Accoglilo non più come schiavo, ma come un fratello carissimo. 
Dalla lettera a Filèmone.
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. 

Canto al Vangelo
  Sal 118,135
Alleluia, alleluia.

Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia.

  
Vangelo  Lc 14, 25-33
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». 


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