Visualizzazioni totali

lunedì 6 maggio 2024

NAPOLEONE BONAPARTE TRA GESÙ E MAOMETTO


Gesù non era uno sprovveduto e cercava di raggiungere i suoi obiettivi. Eppure, umanamente, la sua missione è finita nel fallimento totale. Infatti egli è stato condannato alla morte degli schiavi e dei ribelli al potere romano, consegnato dai suoi correligionari al potere pagano che essi stessi ritenevano empio e ingiusto, abbandonato dai suoi, anzi, venduto da uno dei più vicini e rinnegato da chi aveva promesso di accompagnarlo in carcere e alla morte… Tra fragilità palese, illusioni che cadono tra i seguaci, tradimento, esultanza dei nemici, egli è il vinto per eccellenza. Persino il silenzio di Dio gli fa gridare sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" 

Per i musulmani il sigillo divino sulla missione di Maometto è invece il suo successo. Partito dal nulla e affrontando molte prove, finisce nel successo più evidente. La sua costanza, il suo coraggio nel parlare e nell’usare le armi, la sua capacità di imporre la sua leadership e organizzare la Comunità musulmana, la sua avvedutezza nel comprare il consenso delle  persone più influenti della Mekka e fare esempi di fermezza condannando a morte alcuni personaggi di secondo rango, tutto questo contribuisce a costruire una nuova Religione-Stato che si presenta come il rimedio alle insufficienze delle religioni precedenti che sente di poter correggere e sostituire. L’ultimo pellegrinaggio di Maometto alla Mekka consacra questo trionfo con più di centomila discepoli. 

Da una parte abbiamo l’uomo più fallito della terra, Gesù, di cui portiamo la croce che troppo spesso pende dal nostro collo e non sulle nostre scelte come diceva don Tonino Bello, che viene però proclamato Signore dopo la sua risurrezione e adorato nelle chiese cristiane in tutto il mondo, una religione nuova che sbaragliò le religioni antiche pagane.

Dall’altra abbiamo Maometto, l’uomo vittorioso che genera un movimento in rapida espansione attraverso il “Fatah”, la “apertura” all’Islam di popoli cristiani e pagani, ottenuta con le milizie musulmane armate anche se talvolta senza colpo ferire (“vedrai accorrere i popoli nell’Islam a folte schiere” recita il Corano). Questa sarebbe la prova che è un vero inviato (rassùl) di Dio. 

Ieri, più di uno mi ha ricordato che il 5 maggio è l’anniversario della morte di Napoleone Bonaparte (1821), anche citandomi versi del poema che gli ha dedicato il Manzoni. Mi ha sorpreso questa fama positiva in Italia del “piccolo caporale”, grande genio militare e non solo, e capo carismatico la cui ambizione ha divorato centinaia di migliaia di uomini sui campi di battaglia fino a divorare lui. Nemmeno a scuola in Francia si ricordava così chi ha segnato in primis la nostra Storia. Ci interessa però la sua riflessione su Gesù e Maometto. Si sa che il giovane Napoleone era molto anticristiano. Voleva sopprimere la festa dell’Assunta essendo lui stesso nato un 15 agosto. Durante la spedizione in Egitto l’incontro con l’Islam gli fece stimare la figura di Maometto, uomo d’azione e di decisione, al contrario del pallido Nazareno che si accontentava di raccontare storielle e parabole e dare insegnamenti belli ma inapplicabili nella pratica. Invece, ormai prigioniero a sant’Elena, abbandonato da quanti si erano già “riciclati” con la Monarchia restaurata, comprese che per suscitare tanta dedizione da parte di persone intelligenti e capaci come i santi dopo 2000 anni, Gesù non poteva essere un semplice personaggio storico, anzi, poteva solo essere davvero risorto, vivo, divino. Morì riconciliato con la Chiesa e con i sacramenti.  


Nessun commento:

Posta un commento